Il sacrificio di Abramo

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Il sole cocente e l'aria soffocante erano gli unici compagni del suo cammino. Loro, e il Sacrificio.
Lok trascinava con fatica e dolore il corpo pesante e ferito che era destinato al suo innominabile Dio, in mezzo ai campi di grano cotti dal calore e l'erba alta ai lati del torrente, che marciva in larghi mucchi e riempiva l'aria di un lezzo ributtante.
La corda gli tagliava i palmi, scavava a fondo nella pelle sanguinante ma lui sapeva di non doversi fermare, di non avere paura né dubbi: era il suo compito di Figlio, e non doveva fallire. Nessuno aveva fallito, prima.
Nemmeno suo Padre, che strisciava dietro di lui sulle mani e sulle ginocchia aveva avuto ripensamenti, mentre al suo tempo era toccato al Nonno, e così via indietro nelle generazioni.

"È il mio compito di figlio" si ripeteva Lok, con gli occhi ancora colmi delle immagini cruente dei giorni precedenti, dove si era compiuto il rito di preparazione: bisognava impedire all'anziano di guardare il mondo con i suoi occhi troppo appannati per la verità. Bisognava fermare le sue aspre parole plasmate nella vecchiaia e nel dolore. Gli doveva essere impedito di generare figli deboli, frutto dei suoi lombi rinsecchiti ma ancora fertili.
E guardando l'ammasso insanguinato che erano stati i genitali di suo padre, Lok iniziò a pensare a quando sarebbe toccato a lui, quando suo figlio lo avrebbe trascinato nei campi cieco, muto ed evirato e cadde in ginocchio, vomitando nell'erba, tremante: come il martello che aveva rotto ogni dito di quelle mani nodose, la realizzazione cadde su di lui e lo terrorizzò, ma ancora di più lo fece il pensiero di aver messo in discussione la parola di Dio.
Scosse il capo ricciuto e guardò ancora il cadavere errante che era stato suo Padre e vide le lacrime di sangue che stavano scorrendo dalle orbite vuote: ferendosi sugli aguzzi sassi che costellavano la strada, strinse tra le braccia quelle spalle ossute, strappandogli un gemito di dolore.
-Aaa... aaa
-Cosa dici, Padre? Cosa dici?
-Ooo- aaaa iii eeeoo
-Smettila! Smettila!
Lok si alzò, furioso e confuso: ricominciò a tirare e trascinare con cieca determinazione, fermandosi solo quando vide le labbra tumefatte diventare bluastre e le grida acute farsi fievoli, smorzate dalla corda e dal sangue nerastro. Dopo qualche minuto riprese ad andare con più calma, respirando a fondo e non voltandosi mai più.
"È il mio compito di figlio, è il mio compito di figlio, è..."
I suoi pensieri vennero interrotti dalla vista della sue meta agognata, una fessura nella parete di roccia che costeggiava il fiume, una ferita di oscurità da cui provenivano odori immondi costellata di ossa, brandelli e sacre scritture dipinte con sangue e altri fluidi. Lok iniziò di nuovo a tremare e si calò la benda sugli occhi, mentre suo Padre riprendeva a gemere, conscio di cosa lo attendeva.

Nell'oscurità marrone della benda, un nuovo odore sconosciuto riempì l'aria mentre l'impressione di un movimento fece capire a Lok che qualcosa stava cambiando, e l'aria divenne ancora più pesante nei suoi polmoni. Poi iniziarono i suoni di pesanti passi, un ringhio e l'inconfondibile rumore di pelle squarciata. Un grido inumano riempì il suo mondo oscuro e Lok vide, in uno strappo della stoffa quello che pareva un lungo artiglio insanguinato e una mano che non era umana.
Non seppe mai cosa lo spinse a scoprirsi gli occhi e guardare, contro ogni regola ed insegnamento. Ma quando finalmente vide capì ogni cosa, realizzò la verità in ogni suo cruda sfumatura e la sua disperazione fu schiacciante e totale.

E non poté fare altro che gridare.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 13, 2020 ⏰

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