Monologo interiore privo di senso che andrà solo a rovinare questa storia

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Questa sera, per caso, mi è capitato di rileggere questa storia, che ormai risale a ben cinque anni fa. Non so bene perché sto scrivendo questa sorta di post scriptum, che probabilmente non leggerà nessuno, ma ne sento il bisogno e, se c'è una cosa che so su di me,  è che faccio sempre tutto ciò che sento. Questa è stata la prima e ultima fanfiction che io abbia iniziato e portato a termine, anche se tra mille difficoltà e pause infinite tra un capitolo e l'altro. Negli anni successivi, ho continuato a scrivere, sempre, imperterrita, perché è ciò che amo fare e che farò per tutta la vita, ma sono stata ostacolata da uno dei miei (tanti) difetti: l'incostanza. È colpa sua se abbandono i miei scritti non appena incontro la prima difficoltà, è colpa sua se, nonostante la mia testa sia fonte perenne di idee, non riesco a metterle su carta (o, meglio, su tablet). La mia intenzione era quella di cancellare questa storia, la quale è sgrammaticata, poco fluida, zeppa di cliché, di scopiazzature e di assurdità. Eppure, i primi hunger games rimaranno su Wattpad, perché fanno parte del mio percorso di crescita, perché sono la prova che, quando voglio, posso portare a termine i miei progetti, senza farmi frenare dalla mia insoddisfazione perenne mixata a una buona dose di autocriticismo e pigrizia. E non importa se il vincitore era preannunciato sin dal primo capitolo, se avevo una palese preferenza per determinati personaggi, se scrivevo frasi scorrette (come, ad esempio, "si alzò ed accese una piccola lampada ad olio, una di quelle che si usavano nell'antichità per intenderci, non faceva molta luce ma il giovane se la fece bastare", che, ad oggi, riscriverei mel seguente modo "il giovane si alzò, scrutandosi intorno alla ricerca di qualcosa che potesse fargli luce. D'un tratto, i suoi occhi (blu, verdi, cerulei: non ricordo di aver mai specificato il colore degli occhi di questo personaggio) si posarono su una lampada ad olio, che emanava un bagliore, che, seppur flebile, gli avrebbe sicuramente fatto comodo) o se riportavo eventi improbabili (infatti, anche se è un libro fondamentalmente fantasy e, quindi, tutto è più o meno lecito, leggere di un ragazzo che non si è accorto che una rivale fosse ancora viva prendendola in braccio risulta davvero paradossale). Dopotutto, all'epoca (detto così sembra che io abbia scritto ai tempi della belle époque, ma adoro tale espressione), correva l'anno 2015: Obama era ancora presidente degli USA (pensare che, proprio oggi, Trump potrebbe, disgraziatamente, essere eletto per la seconda volta), veniva commercializzato l'iphone 6s (e, da allora, ne ho cambiati otto, rimanendogli comunque fedele, anche perché ho realizzato che comprare il modello successivo per spaccarlo dopo massimo otto mesi non fosse una scelta molto coveniente), le unioni civili non erano legalmente riconosciute e non esistevano le storie di instagram, che, circa due anni dopo, mi avrebbero fottuto il cervello, spingendomi ad apparire sempre perfetta in ogni occasione e ad essere ossessionata dalla vita dei miei amici, nemici, conoscenti ed amanti. Io avevo quattordici anni e, per certi versi, la mia esistenza era venti volte più complicata di quanto lo sia ora: ero piccola, insicura e un po' ingenua, tanto che omologavo i miei pensieri a quelli delle mie amiche, fingendo di essere interessata a cose che non mi piacevano per nulla (ad esempio gli anime, ragazzi, io non ne ho mai visto uno: fingevo che mi piacessero sia nella vita reale che qui su wattpad (o efp o quel che era) solo per sentirmi parte di un gruppo). Con il tempo (e per tempo intendo circa un anno, massimo un anno e mezzo dopo), per fortuna, ho capito che è meglio pensare con la propria testa e rischiare di non essere accettati piuttosto che crearsi un personaggio che non rispecchiasse minimamente la propria personalità (che poi, in realtà, dopo aver trovato me stessa, abbandonando la me che ero stata per amalgamarmi al gregge, ho guadagnato degli amici veri, che hanno riempito i successivi anni della mia adolescenza di risate, divertimento ed indimenticabili cavolate). Dopotutto, il periodo in cui ho scritto questa ff è stato un periodo nero per me: ero in perenne conflitto tra chi ero realmente e chi gli altri volevano che io fossi, ero afflitta da disturbi alimentari assolutamente auto indotti e auto diagnosticati, fingevo di essere depressa senza sapere bene che significasse e avevo l'autodistruttiva tendenza a circondarmi di persone sbagliate che mi svalutavano e criticavano costantemente. Eppure, anche tra tutti questi mille "drammi" (proporzionali all'età che avevo), sono riuscita a portare a termine questa storia, che, per me, era un valvola di sfogo, un modo per distrarmi dalle mie fragilità, dalle mie amicizie sbagliate e dai miei fallimenti scolastici (per la cronaca, io, che rompevo tanto per i debiti e le insufficienze che prendevo, mi sono diplomata con 91: ciò non lo dico per vantarmi, ma per dimostrate che chiunque può farcela e che, nella vita, si può cambiare, nel mio caso anche tanto). Ed è anche per questo che non cancello questa fanfiction, perché mi ricorda quella che ero, riuscendo a farmi ripercorrere i cinque anni della mia vita che mi hanno condotto ad essere la persona che sono oggi. E, anche se ho ancora mille difetti e se, in un anno, ho dato solo due esami all'università, la me di cinque anni fa sarebbe orgogliosa di vedere come sono diventata. E, se potessi incontrare la vecchia me, le darei un abbraccio e le consiglierei di prendersi meno sul serio, di non fare la spaccona in pubblico e piangere in privato e di non spendere non si sa quanti soldi in quel negozietto su via del Corso che vendeva magliette delle band, perché, attualmente, sono tutte ammucchiate in un cassetto in attesa di essere regalate o buttate (o riconsegnate al legittimo proprietario, il mio ex Diego, bassista in una band e enorme testa di cazzo). Comunque, se c'è una cosa di me che non cambierà mai, quello è il mio essere logorroica: datemi uno spunto e potrei stare le ore a scrivere o parlare. Adesso, però, la smetto, anche perché è l'una e quarantadue e ho speso un'ora della mia vita in cui potevo comprare jeans a zampa da asos (la mia nuova fissa sono gli anni 90, ma vi giuro che, sta volta, piacciono davvero a me: attualmente, se mi fisso sulle cose è solo perché sono un po' asperger- anche se, in realtà, questa cosa non la dovrei scrivere dato che siamo entrati in una decade di finto moralismo e perbenismo, che porta a dover giustificare anche l'ironia: comunque, dato che so come va il mondo, mi scuso in anticipo con chiunque si sia sentito toccato da questa mia affermazione, non era assolutamente mia intenzione offendere gli asperger, per cui provo un grande rispetto, lo stesso che provo per qualsiasi altra persona esistente su questo mondo, che non sia la me stessa che ascoltava metal e fingeva di guardare gli anime) a scrivere questo inutile e lento e noioso monologo (pieno di lunghe parentesi che fanno perdere il filo del discorso), che, spero per voi, nessuno leggerà. Ad ogni modo, per la vostra gioia, la finisco qua: vado ad ordinare i pantaloni a zampa, a farmi una spaghettata, una heets (nel 2015 ancora non fumavo, ho iniziato un anno dopo e, in quattro anni, sono riuscita a passare dalle sigarette, al drum, all'iqos) e una maschera per il viso, mentre penso al perché ho riletto una mia fottutissima fanfiction del duemilaquindici e ho sentito il bisogno di esporre in modo caotico e incomprensibile i miei caotici e incomprensibili pensieri sulla mia caotica e incomprensibile vita a dei caotici è incomprensibili- ops, volevo dire fantomatici- lettori. Buonanotte a voi e buona spaghettata a me.

Ps: alla me del passato direi anche di non darla a determinati soggetti, che, anche se sono consapevole che non si dovrebbe sputare nel piatto dove si è mangiato, trovo ripugnanti

Ps del Ps: magari le darei anche i numeri al lotto

The first Hunger GamesWhere stories live. Discover now