Villa Conchiglia, parte II

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- HEAL THE WORLD -

CAPITOLO 2
Villa Conchiglia, parte II

Harry riuscì a mollare la presa sul braccio di Draco solo quando Luna, con consueta e deliziosa delicatezza, lo aiutò a issarsi in piedi per accompagnarlo fuori dalla stanza. In cucina, per preparargli una bevanda calda alla valeriana e tarassaco.
Fleur, nel frattempo, si premurò di applicare delle pozioni disinfettanti sull'orribile scottatura di Draco ma, con grande sollievo di tutti, egli non emanò più fiato, nonostante le pozioni bruciassero da impazzire. Nessuno avrebbe sopportato di sentirlo urlare in quel modo di nuovo: era stato straziante.
Di contro, i conati di vomito di Ron echeggiarono in tutta Villa Conchiglia. Aveva creduto di poter essere più forte e, nonostante fossero anni che lui e Malfoy se le dessero di santa ragione in giro per i corridoi a Hogwarts, quella non era affatto la stessa cosa.
Era stata una tortura. Necessaria, certo, ma pur sempre una tortura. E sebbene Ron non nascondesse l'odio viscerale nei confronti del Draco, aveva pur sempre un grande cuore e una certa sensibilità.


Draco si riaddormentò intorno alle nove del mattino, stremato da tutto quel dolore e dalla febbre alta che le precarie condizioni fisiche già gli avevano portato. Dormì tutto il giorno e tutta la notte successiva, in preda a orribili spasmi muscolari e deliri d'incoscienza.
Parlava, singhiozzava nel sonno, ma nessuno era stato in grado di comprendere quello che dicesse. L'unica parola che erano riusciti a decodificare era stata "madre".
Fecero a turni per controllarlo. Luna, in particolar modo, si offrì per stare lungo tempo di guardia nella stanza di Draco, in modo da dar tempo al trio di assentarsi per elaborare i piani successivi.
Harry, Ron e Hermione non si allontanarono mai troppo da Villa Conchiglia, ma l'aria aperta servì parecchio per schiarir loro le idee. Dopo che riuscirono a far parlare Unci-unci e il signor Olivander, tutto si fece un passo più chiaro e un passo più ingarbugliato di conseguenza.
Avrebbero dovuto accedere alla Gringott e trovare qualcosa nella camera blindata della Lestrange ma, ovviamente, la questione non era semplice.
Una grande fortuna che Dobby fosse dalla loro parte, data la sua capacità di smaterializzarsi pressoché ovunque. Accettò di buon grado – o meglio, fu assolutamente lusingato – di andare in spedizione alla ricerca di informazioni e di nuova pozione Polisucco.
In aggiunta, il fatto che Malfoy fosse passato – forse – dalla loro parte, avrebbe potuto costituire una sorta di vantaggio. Forse lui era a conoscenza di qualcosa, di cosa ci fosse nella camera blindata di sua zia, di alcuni dei segreti dei Mangiamorte e magari perfino dell'Oscuro Signore.
Decisero dunque di aspettare che si svegliasse, per elaborare un piano con dettagli più definiti. L'avrebbero fatto parlare a qualunque costo.

Ma Malfoy non si svegliò. Rimase in preda a deliri febbrili per molti giorni e molte notti. Fleur era molto pessimista sul fatto che potesse sopravvivere. Aveva un'infezione piuttosto estesa e le pozioni a loro disposizione non erano certo efficaci come le cure del San Mungo.
Harry era nervoso, si sentiva stremato e frustrato dall'idea che Malfoy potesse morire in quel modo. Aveva cercato di salvarlo portandolo via dal maniero, sarebbe stato un vero smacco vederlo morire a causa di ciò.
Ron era altrettanto nervoso: insistette per lasciar perdere Malfoy e avanzare col piano. Hermione, invece, era forse ancora troppo spaventata per procedere. Il solo pensiero di tornare all'avventura dopo ciò che avevano vissuto, la faceva tremare da capo a piedi. Quindi colse la palla al balzo e convenne che sarebbe stato meglio aspettare, affrontare Malfoy e se possibile rendere il loro folle piano un poco più sicuro.
L'unico momento positivo di quei giorni, fu l'arrivo di Remus Lupin e con lui la lieta notizia della nascita nel piccolo Teddy. Harry fu così grato, così felice di poter essere il suo padrino. Era un vero onore, l'onore più grande che avesse mai ricevuto.
Ciò risollevò molto il morale del gruppo, almeno momentaneamente. Fino a che Bill non mise in guardia Harry riguardo ai folletti. Gli insinuò la pulce nell'orecchio e non riuscì a smettere di pensarci.
Rimuginò a lungo, ma non trovò alcuna ragione per modificare il piano. Unci-unci era l'unico che avrebbe potuto aiutarli a entrare nella Gringott e, per quanto confidasse in qualche preziosa informazione da parte di Draco, dubitava che lui potesse rendergli l'entrata in una camera blindata più facile.
Ed era preoccupato, Harry. Ogni volta che entrava di turno a controllare che Malfoy stesse bene, lo trovava sempre peggio. Sempre più pallido, più febbricitante.
Le ustioni del Marchio avevano peggiorato le sue condizioni di salute in modo drastico e Harry iniziò a temere per davvero che non ce la facesse.
Poi, per chissà quale grazia divina, la febbre iniziò a scemare al tramonto di una bella giornata di inizio maggio. Draco smise di contorcersi, riacquistò un poco di colore – per quanto di colore si potesse parlare, per uno che in condizioni ottimali era bianco come il latte – e, finalmente, il mattino successivo aprì gli occhi.
Ron avrebbe voluto iniziare subito l'interrogatorio ma, chiaramente, Malfoy era troppo debole persino per alzarsi. Riuscì a mangiare qualcosa, una brodaglia orrenda preparata da Luna, ma non aprì bocca per tutto il santo giorno.
«Dobbiamo anche stare ai comodi del principino, adesso?!» aveva ringhiato Ron, in preda all'impazienza.
«Ci serve, ma ci serve in grado di pensare. Ron. Ora sembra un cadavere» aveva quindi puntualizzato Harry, nel tentativo di frenare gli istinti esasperati dell'amico.

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