Cronaca di una calendula.

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Ho scelto di non ricucire più le ferite col sangue marcio e infetto. Ho raccolto un panno, l'ho sciacquato e passato sulla carne stanca e intorpidita. Eppure è forte nell'aria l'odore della putrefazione. Che io sorrida o pianga, ebbene, cosa importa se le mie lacrime sono l'unico disinfettante a cui posso aspirare? Così mi ricopro di vergogna e malinconia, vecchie compagne di rovinose cadute.

Prima che tu vada, un attimo prima, aspetta: prendimi la mano e attendi.

No, no, taci, da te
voglio solo il silenzio

e i respiri incontrollabili che, così impudemente, ti tradiscono; non volar lontano, non ancora, io ti supplico. Prima di fuggire osserva i miei occhi arrossati di pianto, le vene sanguigne a contrastare il mio pallore. Segna nelle tue viscere la mia sofferenza, rimembra il mio sorriso e nei tuoi occhi osserva i miei. Ho scelto di lasciar sanguinare le mie cicatrici, non ho alcuna intenzione di fuggire. Non più. Questo è il mio posto, qui giace scomposto il mio trono di ossa e menzogne, e su esso lascerò ricadere le membra stanche. Attenderò, come una foglia attende d'appassire, e un giorno d'inverno giungerà a me il tuo cuore raggelato e rappreso. Lo coglierò come si coglie un fiore, solo per adagiarlo tra le eleganti rovine di una promessa infranta.

Ah, taci
e non proferir sospiro,

accarezzami e asciuga dal mio volto quelle gocce salate e pesanti. Strappale, strazziale e gettale lontano, che io non possa vederle.

Che io non possa sentirle.

Stringimi, stringimi forte, più forte di quanto tu sia in grado, sii certo d'avermi a bada. In questo corpo adesso ribolle la rabbia, nelle dita formicola la distruzione, e tra le coste si annida e si aggrappa l'odio. Deleteria è la mia pelle.

Eppure, eppure, eppure.
Tu continui a stringermi, ed io mi ritrovo ad affondare il volto nel tuo petto.

Solo per un po',
ancora per un attimo,

mentre mi inebrio del tuo profumo e imprimo nella mia mente il tuo calore. Sto per iniziare una guerra e tu ancora non lo sai, eppure ciecamente mi segui, incurante della battaglia, incurante dell'orrore. Tu continui a guardarmi, a vedermi, e mentre mi rialzo ti osservo a mia volta, chiedendomi quante volte io abbia potuto ferirti. Percorro le tue di cicatrici e tu fai lo stesso con le mie.

Ridiamo,
sai a cosa sto pensando.

Il tuo dolore e il mio, in fondo, sono un po' la stessa cosa. E a entrambi è sempre piaciuto il sapore del sangue.

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⏰ Last updated: Sep 28, 2020 ⏰

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𝐂 𝐚 𝐫 𝐭 𝐚 𝐬 𝐭 𝐫 𝐚 𝐜 𝐜 𝐢 𝐚.Where stories live. Discover now