Prologo

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Tremare.

In quel momento era l'unica cosa che riuscivo a fare.

Avevo paura, e loro riuscivano a sentirlo, ma non paura per me stessa. Avevo paura per lui, di ciò che avrebbero potuto fargli se non li avesse accontentati.

La mia vita per me non contava più nulla ormai, avevo perso. Ogni cosa.

Stavo quasi per arrendermi, ma quando ho sentito ciò che hanno detto, ciò che hanno pensato, la fiamma della speranza che ormai si stava spegnendo dentro di me prese a bruciare, diventando ben presto un fuoco ardente.

Non sapevo se era una trappola. Non sapevo se mi stavano semplicemente ingannando, sapendo che li avrei ascoltati, ma non mi importava. Se c'era davvero una minima speranza che lui fosse vivo, dovevo provare. Anche a costo di rimanere ustionata da quel fuoco ardente dentro di me, pieno di speranza.

Se fosse stato solo un altro dei loro inganni li avrei affrontati, una volta per tutte. E molto probabilmente sarei morta, ma non mi importava. Sapevano che non avrei mai ceduto al loro volere, e per questo mi volevano morta. O sei con loro, o contro di loro.

Ormai ero pronta ad accogliere la morte come un'amica, sapendo che se avessi continuato così non avrei resistito a lungo e per molto tempo quell'opzione mi era andata più che bene, sapendo che sarei tornata a stare con coloro che amavo di più al mondo, e che mi erano stati strappati via crudelmente.

Se invece non era un inganno, se davvero lui era vivo, io dovevo trovarlo. Dovevo avvertirlo che stavano arrivando, e dovevo proteggerlo, più di ogni altra cosa.

Non avrei sopportato di perderlo, non di nuovo, lo avrei protetto con la mia stessa vita. A qualunque costo.

Comandata da quella fiamma ardente uscii dal mio nascondiglio, determinata ad affrontarli per poter andarmene da lì.

Ruggii con tutta la forza che avevo in corpo, e sguainai gli artigli e le zanne.

Iniziai a correre nella loro direzione, erano solo in due quella volta. Forse pensavano che mi sarei lasciata uccidere, e lo avrei fatto probabilmente, ma non con quella fiamma di speranza che mi ordinava di non farlo. Che mi ordinava di fuggire e correre da lui.

Quando mi trovai a pochi metri dai due, che nel frattempo si erano uniti in uno solo, feci un salto verso destra, appoggiai il piede destro alla parete per darmi lo slancio che mi serviva e li colpii in faccia con gli artigli. Sentivo il sangue caldo sotto gli artigli.

I due, probabilmente infuriati, mi ringhiarono contro, quando però sentii ciò che volevano fare saltai a sinistra un secondo prima che potessero colpirmi. Ringhiai loro e facendo qualche passo indietro mi preparai a colpirli con tutta la forza che possedevo in corpo, concentrandola sulle mie gambe, saltai poi all'indietro colpendoli con i piedi al torace, ora un unico torace in due, e allontanandoli il più possibile da me.

Mi sorpresi di quanta forza fossi riuscita ad usare, li avevo spediti contro il muro a qualche metro di distanza, e proprio dove loro lo avevano colpito c'era un grosso buco sulla parete.

Non aspettai che si alzassero ed iniziai a correre il più lontano possibile.

Corsi a per di fiato, non mi ero resa conto di quanto mi fossi allontana dalla città, poi mi ricordai del perchè. Non volevo rischiare che qualcuno si facesse del male, restando incastrato in uno scontro tra lupi mannari. Non era proprio il massimo per un essere umano.

Raggiunsi la prima stazione ferroviaria che trovai e salii sul primo treno disponibile.

Iniziai a riprendere fiato e cercai di calmare il battito del mio cuore, prendendo dei respiri profondi.

Iniziai a vagare tra i vagoni del treno cercando un posto non troppo affollato, ma purtroppo non ebbi successo.
Così decisi di sedermi dove capitava.

Quando mi sedetti sentii degli sguardi bruciarmi la pelle. Mi guardai intorno cercando di capirne il motivo.

Una signora notando il mio sguardo interrogativo mi indicò un punto sul fianco sinistro, sotto il seno.

«Si sente bene signorina?» chiese guardandomi leggermente preoccupata.

Non capendo abbassai lo sguardo e notai del sangue che iniziava a sporcarmi la felpa e notai che era graffiata in alcuni punti.

'Dannazione, era la mia preferita!'

Guardai di nuovo la signora e tirando fuori il sorriso più finto che riuscii a fare le dissi di non preoccuparsi e che stavo bene.

Lei mi guardò non molto convinta, ma la ignorai.

Iniziai ad appisolarmi vicino al finestrino tenendo sempre i sensi all'erta. Anche se non credevo fossero riusciti a salire sul treno e in ogni caso ero convinta che non avrebbero fatto niente in mezzo a tutte quelle persone.

Chiusi gli occhi e con la mente iniziai a viaggiare.

Lui era davvero vivo? Se sì, sapeva che anch'io lo ero?

Mi risposi che no, non poteva saperlo, altrimenti mi avrebbe cercata, ne ero certa.

Se loro lo volevano, era diventato un Alpha?

Probabile.

Come avrebbe reagito alla notizia che ero viva?

Questa era la domanda che più mi spaventava. Avevo paura che non mi volesse. Che mi cacciasse.

Se lo avesse fatto... allora mi sarei consegnata a loro, e mi sarei fatta uccidere. Perché se neanche lui mi avesse voluta, allora per me non c'era più una sola ragione per cui vivere.

Smisi di pormi quei pensieri. Non volevo farmi dominare dalla paura.

Pensai solo a trovarlo.

Speravo solo di non sbagliarmi, e che lui fosse davvero dove ero diretta.

Beacon Hills.

'Spero che tu sia davvero vivo Derek... non sai quando mi manchi fratellone.'

Stavo tornando a casa.

Scream and i will run.Where stories live. Discover now