Capitolo 39- Fine

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Per informazioni sul possibile sequel di "Profumo di stelle" potete leggere il prossimo capitolo.
Buona lettura!!

XOXO
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Conoscevo bene quella casa.

Ero entrata molte volte dalla porta bianca, passando dal portico.

Non avrei mai pensato che un giorno ci sarei tornata.

Presi il borsone dai sedili posteriori dell'auto e m'incamminai lungo il vialetto. I miei tacchi bassi facevano parecchio rumore contro le pietre grige a terra.

Salii i due gradini e mi trovai davanti a quella porta. Posizionai il borsone dietro l'angolo, perché non si vedesse dall'interno, presi una boccata d'aria salmastra e allungai la mano verso il campanello.

Sentivo le ore di viaggio come macigni sulle spalle.

Premetti il bottoncino bianco e attesi.
Dopo un paio di minuti ritentai, ma nessuno arrivò ad aprire.

Lasciai il borsone dove l'avevo posizionato e tornai indietro, scesi i gradini del portico e presi il sentiero per andare dietro la casa. Sentivo il rumore di una palla che rimbalzava ritmicamente al suolo.

Conoscevo bene quel suono e camminai più decisa verso la sua provenienza.

Aprii il cancelletto di legno che non avevano mai chiuso a chiave. Non era cambiato niente.

Il piccolo spazio circondato dalla staccionata non era cambiato di una virgola: la siepe in fondo sembrava curata al millimetro, le pietre grigie a terra erano mantenute impeccabili. L'unica cosa che sembrava aver risentito del tempo era il canestro alla mia destra, proprio sotto il balcone della sua camera. Le corde si erano ingrigite con la pioggia e sul tabellone c'erano i segni del passaggio della palla.

Lui era lì sotto. Aveva appena recuperato la palla dopo un tiro andato a segno e la fermò tra le mani per concentrare la sua attenzione su di me.

«Ciao», lo salutai con gentilezza. Mi serviva il suo aiuto.

«Ciao», mi sorrise, svegliandosi da una breve paralisi d'incredulità. «Che ci fai qui?»

«Hai detto di volermi essere amico.» Gli ricordai la nostra ultima conversazione. «Ho bisogno di un posto dove stare per un paio di giorni.» Continuai. «Credi che per tua madre sarà un problema ospitarmi?» Mi imbarazzava chiedere proprio a lui, dopo quello che gli avevo detto, anche se meritato.

«Scherzi? Ti tratterà come una regina.» Lasciò cadere la palla e mi si avvicinò con l'intenzione di abbracciarmi, ma io feci un passo indietro e lui si fermò.

Era deluso dalla mia reazione, ma cosa si aspettava?

«Ho bisogno del tuo aiuto, Nate.» Dissi in modo chiaro. «Non significa che ti ho perdonato, significa che hai un'occasione per farti perdonare.» Non volevo che ci fossero fraintendimenti.

«Capito.» Riportò le braccia lungo i fianchi e si mantenne a un metro da me. «Cosa è successo?» Chiese.

Bella domanda. Ancora non avevo capito del tutto.

«Ero felice...e...» pensai alla velocità con cui si era sgretolata. «È crollato tutto.» Abbassai gli occhi, cercando un inizio da cui partire per riuscire a spiegarmi. Lasciai entrare la rabbia, che tramutò velocemente in tristezza e iniziai a fare fatica a deglutire.

Avevo davvero creduto di aver trovato qualcuno con cui essere felice.

«Entriamo, ordiniamo una pizza e mi racconti.» Propose. «Come una volta.» La compassione era ben individuabile sul suo volto, ma ingoiai il rospo e annuii.

Profumo di stelle #wattys2020Where stories live. Discover now