04 - Stolen Heart

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“Vado fuori a fumare una sigaretta.” Annunciò Zayn pochi secondi dopo. Tutti, tranne Marco, Niall e Harry, decisero di seguirlo per prendere una boccata d’aria e per chiacchierare con il ‘team di bellezza’, che era rimasto fuori. Sembrava che con loro ci fossero anche una stilista e una truccatrice, ma non erano ancora entrate nello studio.
“E’ da molto che lavori qui?” Domandò improvvisamente il manager della band, forse per fare conversazione. Io mi ero resa conto di essere completamente ammutolita, presa alla sprovvista da quello che mi era appena successo.
“No, poco più di due settimane.” Dissi.
“E dal tuo accento immagino che tu sia inglese, vero?” Mi chiese Harry, sorridendo. Oh, aveva le fossette. Sbattei le palpebre un paio di volte, nella speranza che chiudere gli occhi per pochissimi secondi mi aiutasse a pensare chiaramente. Era come se quel ragazzo mi avesse incantata.
“Sì, vengo da Londra.” Risposi.
“Io invece sono del Cheshire, ma vivo a Londra da qualche anno.” Disse lui.
“Io vengo dall’Irlanda, ma immagino che tu l’avessi capito dal mio accento!” Esclamò Niall, facendomi l’occhiolino e ridendo. Lo presi come un segnale per scoppiare a ridere anch’io, anche se, onestamente, non avevo ascoltato una parola di quello che mi aveva appena detto.
“Vivi a New York da tanto?” Mi domandò ancora Harry, interessato.
“No, sono arrivata da poco più di due settimane, esattamente il giorno in cui ho cominciato a lavorare.” Risposi, distogliendo lo sguardo dal suo e puntandolo invece sul manager, che mi sorrise.
“New York City è bellissima, ma credo che nulla si avvicini a Londra.” Commentò. Annuii, anche se io trovavo la città in cui stavo vivendo bellissima, e lanciai un’occhiata di nascosto a Harry. Non mi stava guardando, perché era impegnato a osservare Niall, che si era lanciato in un discorso su qualcosa che non stavo nemmeno ascoltando. Poi il ragazzo dai capelli ricci (o “Fossette”, come avevo iniziato a soprannominarlo nella mia mente) colse il mio sguardo ed io arrossii violentemente.
“Venendo qui abbiamo visto quasi solo gallerie d’arte.” Disse Niall, indicando la porta d’ingresso. Soho era una zona famosa proprio per quello, perché era il quartiere degli artisti, quello delle gallerie e dei negozi d’arte. “E una piccola libreria che sembrava interessante. Ci sei mai stata?”
“Sì, ma è piccola e non c’è nemmeno il posto per sedersi a sfogliare un libro.” Risposi. “La mia preferita è a Londra.” Aggiunsi con un sorriso.
“Davvero? Anche la mia!” Esclamò Harry.
“Non c’è niente di meglio di…” Cominciai a dire.
“Foyles al centro commerciale Westfield!” Esclamammo insieme. Lui scoppiò a ridere ed io sorrisi, imbarazzata.
“A me piace la sezione Arte e Fotografia, quella dove ci sono le finestre grandi e luminose e le poltroncine che ti permettono di sederti e sfogliare con calma quello che voglio comprare.” Aggiunse Fossette.
“Anche a me piace quella.” Mormorai. Durante le giornate di pioggia amavo fermarmi lì e sfogliare enormi libri di fotografia che non avrei mai potuto permettermi.
“Ragazzi, ma volete parlare della comodità di leggere i libri sull’iPad?” Commentò il manager.
“Io preferisco la sensazione di avere un libro tra le mani.” Risposi. “E non ho un’iPad.” Aggiunsi, arrossendo di nuovo.
“A me non piace particolarmente leggere.” Disse Niall. “Però mi piacciono le librerie. E poi da Westfield c’è Nando’s, che è il mio ristorante preferito!” Esclamò pochi secondi dopo. Mi unii alla risata del ragazzo dai capelli biondi e poi spostai lo sguardo su Harry. Lui mi stava guardando e appena i miei occhi incrociarono i suoi arrossì e abbassò la testa. Fissò le sue scarpe per qualche secondo e poi rispose a una domanda del suo manager.
“Voi siete in città per molto?” Domandai poi per interrompere il silenzio imbarazzato che si era creato tra noi. O almeno a me sembrava imbarazzato. In realtà Niall e Marco avevano cominciato a chiacchierare tra di loro e a ridere.
“No, purtroppo no.” Rispose Harry. Poi mi abbagliò con un sorriso bellissimo che mise ancora più in risalto le sue fossette e mi fece sentire improvvisamente le gambe deboli, come se fossero state di gelatina.
Mi erano sempre piaciute le fossette e le avevo sempre desiderate, ma non le avevo mai avute. Le sue erano perfette. E non avevo nemmeno idea che quella fosse una caratteristica che rendeva un ragazzo attraente ai miei occhi fino a quel momento.
“Partiamo domani pomeriggio.” Aggiunse Niall, che nel frattempo aveva smesso di parlare con il manager. Harry, nel frattempo, aveva ricominciato a guardarmi di nascosto, facendomi venire voglia di sorridere e di nascondermi nello stesso momento.
“Questa sera suoniamo al Madison Square Garden, poi…” Cominciò a dire il ragazzo. Scambiò un’occhiata d’intesa con Niall, che annuì, e poi continuò il discorso. “Poi c’è un after party allo Standard High Line. Mi farebbe piacere se tu venissi.” Concluse, abbassando lo sguardo di nuovo sulla punta delle sue scarpe.
Il mio cuore cominciò a battere più velocemente. Fossette mi aveva appena invitata a una festa esclusiva con lui? A Manhattan? In un hotel dove c’erano anche camere? Arrossii al solo pensiero di quello che sarebbe potuto succedere (ma cosa mi stava succedendo? Io ero quella che parlava apertamente di sesso senza problemi davanti a tutti e non mi imbarazzavo mai) e le parole di Sophia mi tornarono in mente.
Non uscire mai con uno dei miei clienti. Conoscerai persone famose, modelli, presentatori, cantanti, attori, artisti. Conoscerai molti uomini attraenti, ma non voglio che nessuno in questo studio abbia una brutta reputazione. Quindi sappi che i clienti sono off limits.
Il battito del mio cuore rallentò, tornando normale. Non potevo accettare il suo invito, Sophia mi avrebbe licenziata. Non avrei mai lasciato che una stupida cotta interferisse con il mio lavoro.
“Mi dispiace, questa sera non posso.” Risposi con tono piatto e distogliendo lo sguardo. Non avevo idea che pronunciare quelle poche, semplici parole potesse essere così difficile.
“Oh.” Commentò Harry. “Peccato. Sarà per la prossima volta, dai.” Aggiunse, abbozzando un sorriso.
Già, sarà per… aspetta, fammi pensare: mai. Sarà per mai. Pensai con amarezza.
Nulla, però, riusciva a farmi smettere di pensare che ci fosse rimasto male. Ma come poteva essere così? Ci eravamo appena conosciuti.
“A volte odio il traffico di New York! Anzi, tutte le volte che sono costretta a prendere un taxi!” Esclamò Sophia entrando improvvisamente nello studio. “Buongiorno, cari! Tutto bene? Pronti per il servizio fotografico?” Domandò poi quando vide il gruppo.
Zayn, Louis, Liam e il team di bellezza (che scoprii essere composto da due ragazze che non sembravano molto più grandi di me) tornarono all’interno dello studio, interrompendo quell’imbarazzante momento tra Fossette e me.
 
Il resto della mattina continuò in modo caotico, tra flash, obiettivi della macchina fotografica da cambiare, foto da scegliere, vestiti da cambiare, musica e luci. Harry ed io continuammo a guardarci per tutto il tempo, arrossendo ogni volta che uno dei due si accorgeva che l’altro lo stava osservando. E poi, troppo presto, il servizio fotografico arrivò alla fine e Sophia aspettò che i ragazzi si cambiassero con i vestiti con cui erano arrivati (e loro non sembrarono avere nessun tipo di problema a denudarsi davanti a tutti – ehi, Fossette aveva un fisico niente male! Peccato per i tatuaggi orribili) e poi li salutò, abbracciandoli come se li conoscesse da una vita. E, in effetti, lei era stata una delle prime persone a scattare foto promozionali per la band dopo la loro partecipazione al talent show in cui erano stati creati gli One Direction, X Factor UK.
“E’ stato un vero piacere conoscerti.” Disse il manager, dandomi la mano e sorridendomi. Anche gli altri si avvicinarono per salutarmi e cominciai a sentirmi triste. Quella era la fine, non avrei mai più visto Fossette in tutta la mia vita.
“Kim.” Disse con quella voce un po’ roca, avvicinandosi e abbracciandomi per darmi un bacio su ogni guancia. Provai un altro brivido quando sentii il suo respiro sul mio collo e chiusi gli occhi per qualche secondo, sperando che nessuno stesse guardando quello che stava succedendo. “Mi ha fatto piacere conoscerti. A presto!” Mormorò vicino al mio orecchio.
“P-piacere mio. A presto.” Risposi, guardandolo negli occhi per l’ultima volta. Poi osservai il retro della sua testa, quella massa di capelli ricci castani spettinati, mentre il ragazzo si allontanava per raggiungere la porta.
Si voltò verso di me prima di uscire e mi rivolse un sorriso che fece comparire un pensiero nella mia mente.
Mi sono immaginata tutto o anche lui era attratto da me?
“Forza Kylie, al lavoro. Oggi pomeriggio abbiamo un servizio di moda a Brooklyn e Dio solo sa quanto odio quel quartiere.”
“Kim.” Borbottai. “Mi chiamo Kim.”
 
Tornando a casa, quella sera, scesi alla fermata sbagliata della metro. La mia mente era occupata da mille pensieri – tutti principalmente legati a ricci castani che sembravano estremamente morbidi, occhi verdi in cui avrei potuto perdermi per ore e fossette e labbra che avrei voluto sentire sulle mie. E volevamo parlare del suo profumo? No, perché era inebriante – e invece di uscire a Union Square, scesi alla Ventitreesima Strada. Decisi che non valeva la pena aspettare un treno per tornare indietro di una sola fermata. Avrei potuto farlo a piedi, tanto l’appartamento non era lontano.
Così tornai in superficie e mi resi conto di essere esattamente davanti al Madison Square Garden. Logico, no? Forse l’avevo inconsciamente fatto apposta. Fuori dall’arena c’era una fila interminabile di persone e sotto l’insegna troneggiava un enorme cartellone che riportava la scritta “ONE DIRECTION, QUESTA SERA IN CONCERTO!” e le cinque facce dei ragazzi sorridevano alla folla.
Fissai per qualche secondo gli occhi di Fossette e ripensai a quello che era successo quella mattina. A quello che avrebbe potuto succedere quella sera. A quello che non avrebbe mai dovuto succedere. Sospirai e ricominciai a camminare, senza staccare gli occhi dal cartellone.
“Stia attenta a dove va, signorina!” Esclamò un uomo anziano, massaggiandosi la spalla. L’impatto con quello sconosciuto mi aveva risvegliata improvvisamente e mi ero resa conto di essere un pericolo pubblico. Ma cosa stavo facendo? Mi stavo comportando come un’estranea. Come una stupida. Chi si prendeva una cotta per una persona praticamente sconosciuta? Non io, di solito.
“Mi scusi.” Mormorai. “Mi scusi, ho la testa tra le nuvole.” Aggiunsi. Già, avevo la testa tra le nuvole e per me era una cosa completamente strana e nuova.
 
“Sono a casa!” Esclamai quando finalmente raggiunsi la quiete del mio appartamento. Notai con la coda dell’occhio la porta di fronte alla mia aprirsi e richiudersi velocemente e sospirai. Piper ed Elle, che vivevano lì già da qualche mese, mi avevano raccontato che la vicina, l’anziana signora Newman, era davvero curiosa e controllava sempre chi arrivava e chi usciva da tutti gli appartamenti sul piano.
“Kim!” Esclamò Cassie, sorridendomi dal divano. Notai varie persone sconosciute sedute sul tappeto e sugli altri divani, poi la mia attenzione venne catturata dai piatti di pizzette e salatini sul tavolino. Il mio stomaco emise un piccolo ruggito e sentii l’acquolina in bocca. Stavo morendo di fame.
“Ehi! Che succede qui? Fate una festa?” Domandai. Le altre ragazze, tutte più o meno della nostra età, mi sorrisero e aspettarono che una delle mie coinquiline rispondesse.
“Oh, no, è il nostro turno per ospitare il meeting del Club del Libro.” Rispose Elle, che era seduta sull’angolo del divano con le gambe piegate sotto di sé e un bicchiere di vino rosso in mano. Era perfetta come al solito.
Annuii e una ad una le ragazze del Club mi si presentarono tutte.
“Cosa state leggendo di bello?” Domandai, avvicinandomi. Poi sentii il profumo delle pizzette e avvicinai la mano al vassoio. “Posso?”
“Certo.” Rispose Cassie.
“Stiamo leggendo ‘Cuore Rapito’ di Leslie Dawson.” Rispose Piper.
“Quello che era al primo posto nella classifica dei Best Seller del Times la settimana scorsa?” Chiesi. Le ragazze annuirono. “Di cosa parla?”
Quella era davvero un’ottima scusa per ascoltare un mucchio di parole su un libro che non conoscevo e distrarmi dai miei pensieri. Dal mio pensiero fisso da quella mattina.
Le ragazze si guardarono e decisero che avrebbe parlato Piper. La mia coinquilina prese in mano una copia del libro – che riportava in copertina una mano che stringeva un cuore umano – e si sistemò gli occhiali.
“Dunque, la protagonista si chiama Melanie Lee ed è la figlia di un’importante e abbiente famiglia di Amburgo. Un giorno, mentre sta andando all’università, viene rapita e portata in una cantina, legata e bendata. Il suo rapitore la lascia così per qualche giorno e le porta da bere e da mangiare. Poi le toglie la benda per farle registrare un messaggio per i suoi genitori e qualcosa lo colpisce. Lei comincia a parlargli e iniziano a conoscersi.” Cominciò a raccontare Piper. “Leah, vuoi continuare tu?” Domandò poi, indicando una delle ragazze di fronte a lei.
“Grazie, P.” Replicò lei, osservando il retro del libro. “Dunque, quando Melanie comincia a parlare al suo rapitore – che si chiama Jonah – scatta qualcosa tra di loro e si innamorano. Lui non la benda più, le porta da mangiare e resta con lei, chiacchierano e un giorno decide di lasciarla andare anche se i genitori non hanno pagato.” Continuò. “Samantha?”
La ragazza alla sua destra annuì e, con gli occhi che brillavano, concluse il discorso.
“Alla fine del libro Jonah e Melanie si sposano ed è la storia più romantica che io abbia mai letto.” Squittì.
Mi accorsi di aver aperto la bocca e di aver sgranato gli occhi solo quando Cassie, che era seduta di fianco a me, mi diede una gentile gomitata e mi sibilò “ricomponiti!”
“Scusate, cosa c’è di romantico in una storia in cui una donna si innamora del criminale che l’ha rapita?” Domandai.
“Ma è bellissimo, perché lui poi la lascia andare. Decide che non gli importa più nulla dei soldi della sua famiglia e la libera!” Esclamò Leah, agitandosi sul posto.
“Ma è logico, si è sposato il bancomat vivente! Che bisogno ha di soldi sporchi e del rischio che la polizia possa arrestarlo in ogni momento, quando può avere accesso al conto di lei quando vuole? Legalmente.” Domandai ancora. “Non trovo nulla di romantico in questa storia, davvero. Almeno lo arrestano alla fine?”
“No, in realtà lui poi conosce la famiglia di lei al matrimonio e si stanno tutti molto simpatici. Ci siamo commosse tutte quando il padre ha detto a Jonah di trattare bene Melanie e l’ha chiamato ‘figlio mio’.” Replicò Samantha.
“E poi è un libro scritto molto bene. Le scene di sesso sono molto provocanti ed esplicite.” Aggiunse Piper arrossendo.
“Ditemi che non lo fanno nello scantinato dove la teneva prigioniera.” Mormorai. Cassie mi rivolse un sorriso a mo’ di scusa ed io capii di aver ragione. “Okay, forse è meglio se vi lascio al vostro club del libro e vado a sistemare i miei appunti.” Aggiunsi dopo un po’, alzandomi.
“Ehi, Kim!” Mi chiamò Leah. Mi fermai e mi voltai verso il gruppo.
“Sì?”
“Anche se non la pensiamo nello stesso modo sul libro…” Continuò lei. Guardò tutte le ragazze, che annuirono, e poi ricominciò a parlare. “Credo che sia bello avere opinioni diverse dalle nostre in un club come questo. Sei la benvenuta se vuoi.”
Quella proposta mi prese alla sprovvista. Pensavo che le ragazze mi odiassero. Anzi, ero sicura di essere stata anche un po’ maleducata con loro. Di certo non mi aspettavo che mi accogliessero nel loro gruppo a braccia aperte.
“Mi farebbe piacere.” Dissi. “Grazie per l’invito e scusate. Ogni tanto ho la tendenza a esprimere le mie opinioni in modo un po’… burbero.” Aggiunsi. Le ragazze sorrisero ed io mi avviai verso la stanza che condividevo con Cassie. Dovevo mettere in ordine gli appunti che avevo preso durante la giornata passata con Sophia.
Accostai la porta alle mie spalle, mi ci appoggiai contro e sospirai. Chiusi gli occhi e vidi davanti a me il viso di Fossette, che sorrideva e mi invitava all’after party. Chissà cosa stava facendo in quel momento. Probabilmente baciando qualche modella o bevendo shot di tequila dal corpo di qualche ragazza immagine. Improvvisamente mi tornò in mente il titolo del libro che avevano letto le ragazze. Cuore Rapito. Fortunatamente (o sfortunatamente? Non ero ancora riuscita a decidere) io non avrei mai più visto il criminale che aveva rapito il mio.

The Butterfly Effect || [One Direction - Harry Styles]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora