10. Happy Birthday To You...

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Tre settimane dopo.

Gerard aveva cominciato a parlare con Frank, obbligandosi a vederlo come un terapista, o qualcosa di simile.

Non lo considerava uno "strizza cervelli"; lo trattava sempre molto gentilmente e non gli faceva pesare nulla. Le domande erano molto personali ma Frank faceva di tutto per andarci piano e non infastidire il suo paziente.

In tre settimane, quindi, Gerard fece moltissimi progressi.
Alcuni di questi vennero segnati sulla sua cartella, mentre altri, rimanevano in quella stanza, come un segreto, che Gerard aveva condiviso con Frank, e che Frank non avrebbe spifferato a nessuno.

Si fidava. Gerard si fidava di quell'uomo.
Non sarebbe mai riuscito ad accettare la vita in quel posto se non fosse stato per lui. Sarebbe stato tutto molto più complicato, troppo insopportabile. E probabilmente non sarebbe durato nemmeno così a lungo...

Quella prima settimana d'aprile fu come una folata di vento dopo una doccia tiepida.
Ti riempiva i polmoni e ravvivava tutto il corpo, soprattutto il viso a diretto contatto con quella brezza.

Nove aprile.

Gerard era stato chiamato, dalla reception, per una visita.
Qualcuno era venuto a trovarlo.

Non appena Frank venne a saperlo, si accigliò: Gerard gli aveva espressamente detto di non avere nessuno, nessun parente...

«Arthur.»

«Il mio nome è Gerard»

«Arthur il tuo secondo nome» L'uomo grassoccio di mezza età di fronte a lui si sporse in avanti per dargli una pacca sulla spalla.

A quel gesto, Gerard si fece più indietro con la sedia, con un'espressione disgustata.

«Hai bisogno di qualche minuto per pensare?»

«No... non mi serve tempo. Non penso più al tempo da quando sono qui dentro. Parla, dimmi cosa vuoi, e vattene il prima possibile»

«Perché ce l'hai tanto con me? Non sono stato mica io ad abbandonarti, eh!» Disse l'uomo con disinvoltura, passandosi una mano fra i capelli brizzolati.

Gerard batté un pugno sul tavolo della sala visite al quale erano seduti, alzandosi dalla sedia, e disse infuriato: «E tu invece dov'eri? Mentre tutta la mia vita mi veniva tolta dalle mani! Senza poter scegliere cosa fosse meglio per me, o avere l'opportunità di fare quello che diceva la mia testa per una volta soltanto!»
Affannato dopo aver parlato così tanto, con un tono di voce abbastanza alto inoltre, si sedette, «Siete voi i pazzi, non io» Disse, del tutto calmatosi.

Frank, che aveva percorso da poco il corridoio, aveva sentito gran parte delle cose.
Gerard conosceva quest'uomo, che lo stava importunando. O almeno così sembrava stesse facendo.
Doveva farsi avanti? Non lo sapeva. Avrebbe aspettato per quella volta; non voleva cacciarsi in affari che non lo riguardavano, ovvero la vita privata di Gerard Arthur Way.

***

«Cosa voleva quell'uomo da te, Gee?»

«Non lo so» Rispose lui brevemente, tastandosi distrattamente delle ciocche di capelli nero pece mentre era seduto sul proprio letto con le gambe a penzoloni.

Frank gli aveva fatto di nascosto la tinta, nel bagno riservato al personale, un giorno.
E lui, se l'era fatta fare da Gerard.
Avevano avuto una specie di avventura notturna, proprio quando Ben era ormai libero dal suo turno e Roy se ne stava sulla sedia girevole della reception a ronzare, stanco da tutto quel lavoro – e come biasimarlo.

«Sicuro che... non lo sai, Ger?»

«Lui voleva... mi ha detto che-»

Frank si chinò davanti al letto, quindi proprio in mezzo alle gambe di Gerard, e gli prese le mani, stringendole piano.
«Con calma, riordina le parole»

Patient 102   |   FrerardWhere stories live. Discover now