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La mattina proseguì liscia come l'olio. Il lavoro si rivelò dimezzato, dato che lo staff impediva a qualsiasi dipendente dell'hotel di avvicinarsi alla sala conferenze – ad eccezione di Daniel. Lui riusciva sempre a guadagnarsi la fiducia di tutti. Decisero che la sua funzione, da quel momento in poi, sarebbe stata quella di spia pronta a rivelare tutto ciò che veniva tramato in quella stanza. Ma arrivati all'ora di pranzo, anche Dan era stato inspiegabilmente corrotto.

«Vedrai, Ben, ti piacerà» era la sua risposta ogni volta che Ben provava a ricavare informazioni su quello che stavano combinando Nesbitt e la sua comitiva. Nonostante ciò, Ben non riusciva ad innervosirsi, anzi questa caccia al tesoro aveva improvvisamente aumentato il suo interesse nei confronti di questo evento. Era certo che non sarebbe riuscito a resistere fino all'inaugurazione vera e propria, e stava già tramando di fare un salto giù una di queste notti.

«Ricorda» aggiunse in fretta Daniel, interrompendolo mentre ancora insisteva per avere qualche dettaglio, «stasera alle undici in punto dobbiamo essere al Mirror. Ho fatto riservare il tavolo migliore di tutta la sala, proprio sotto il palchetto. Ci sono anche Evan e Conor».

Il Mirror. Aveva già dimenticato l'appuntamento di quella stessa sera. Quando si ricordò il motivo di quella serata, cioè festeggiare il suo compleanno, una morsa allo stomaco gli chiuse l'appetito. Si trovavano nelle cucine dell'albergo, rannicchiati in un angolino per non dare fastidio ai cuochi, quando Ben si rese conto di quanto soffocanti fossero quelle pareti. Iniziò a lottare con la cravatta per sciogliere il nodo, le mani rosse di calore e sudate.

«Permetti?» disse il suo collega, e senza aspettare risposta allungò le mani verso il nodo alla gola di Ben e lo sciolse in un unico movimento. Ben riprese finalmente a respirare e ringraziò in silenzio Daniel per averlo aiutato con nonchalance, facendo finta di non aver notato il panico sul suo viso.

«Sai, ho... ho alcune cose da controllare in verità, alcune prenotazioni, devo... vado» affermò poco convinto, «a dopo». Lasciò la cucina più in fretta possibile, investendo un paio di camerieri lungo la sua corsa verso l'ascensore, diretto alla sua suite. Sentiva già il respiro e il battito cardiaco più regolari man mano che saliva i piani.

Una volta dentro il suo appartamento, si avvicinò istintivamente al piano bar. "Ci vorrà qualcosa di più forte del vino stavolta" si disse, mentre da uno degli sportelli in basso tirava fuori una bottiglia di gin. Un bicchiere di gin alla comparsa dei primi segnali di panico era ormai diventato come lo sciroppo per la tosse per lui. Non accadeva spesso, anzi non accadeva più da un pezzo. Dentro di sé, Ben sapeva che questa volta era colpa di quel festeggiamento imminente, che rappresentava la prova schiacciante che quest'anno mancava qualcuno.

Sentì un altro pugno allo stomaco. Rimise la bottiglia di gin al suo posto, poi aprì l'acqua fredda del lavello e si bagnò il viso. Doveva ingoiare quel dolore prima che prendesse il sopravvento.

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Quando le porte dell'ascensore si aprirono, trovò i suoi eleganti amici ad aspettarlo nella hall.

«Giusto dieci minuti prima del nostro appuntamento, Benjamin, complimenti» iniziò Evan, avvicinandosi e salutando Ben sferrando un pugnetto sulla sua spalla, «come se potessimo controllare il traffico londinese».

«Signori, dovreste solo ringraziarmi di essere sceso» rispose, salutando gli altri due amici. Lo pensava veramente in cuor suo, ma nelle ultime ore il suo umore era migliorato esponenzialmente, che quasi non vedeva l'ora di raggiungere il locale.

Quando arrivarono fuori il Mirror, la fila era già chilometrica, nonostante fosse un mercoledì sera. Si fecero spazio dietro le transenne, scavalcando la folla da dove ogni tanto li raggiungevano occhiatacce, e salutarono il buttafuori che li fece entrare subito. Ed ecco che, superata la prima saletta del locale, attraversando una porta seminascosta vicino il bancone, entrarono nella parte bella: ai loro piedi una piccola scala di ferro li conduceva in un'ampia sala piena di specchi in cui al centro vi erano quattro file di tavolini, tutti pieni tranne quello sotto il piccolo palco in fondo alla stanza. Su entrambi i lati due grandi banconi di legno percorrevano tutta la lunghezza della stanza, dotati di sgabelli affollati quasi quanto i tavoli, da dove si vedevano barman preparare freneticamente i loro cocktail e camerieri correre da un lato all'altro del locale. Erano entrati nel più esclusivo e segreto night club di Londra, così esclusivo e segreto che tutti ne conoscevano l'esistenza – persino Abbie, la moglie di Dan – ma che in pochi potevano permettersi di frequentare.

Le luci rosse soffuse e l'odore di alcol a lungo andare potevano generare confusione e fastidio nei clienti, ma Ben ne era affascinato ogni volta che apriva quella porta. Sdegnava la maggior parte dei frequentatori del Night Mirror che sembravano impacciati e fuori posto, nonostante si atteggiassero da padroni, mentre lui a suo agio richiamava tutte le attenzioni dei presenti. Tranne quando spuntavano le ballerine, lì anche Ben passava in secondo piano. Era questo luogo il secondo piacere della sua vita.

Raggiunsero il loro tavolo, la migliore postazione, mentre Conor gli avvolse intorno al collo un boa di piume rosse rubato a una cameriera che passava da lì vicino. Ben era quasi sereno. Il panico del pomeriggio era svanito da un pezzo, come se non fosse mai successo, ed era pronto a godersi il suo gin tonic quando le luci si spensero e dai tavoli partirono fischi e cori. Solo in questo modo si accorse che era mezzanotte, dunque il suo trentaquattresimo compleanno. Ebbero il tempo di un solo brindisi, prima che l'occhio di bue fosse puntato sul palco con una sola sedia al centro. Il proprietario del locale, Mike Wilson, si alzò dal tavolo accanto al loro e afferrò il microfono.

«Buon compleanno, signor Barnes» disse sorridendo, guardando Ben negli occhi, che ringraziò sollevando il bicchiere alla sua salute. Continuava a ricevere gomitate e scappellotti dai suoi compagni, quando dalla porta dietro il palco spuntò la prima ballerina della serata. Una figura mai vista prima, pensò quando la vide sedersi accavallando le gambe: più vestita delle altre, indossava una sottoveste nera di seta, metà del volto nascosto da una maschera di carnevale ricamata nera come l'abito, i capelli scuri raccolti in una coda di cavallo.

La ballerina si muoveva sinuosa e sensuale seguendo la musica da un lato all'altro del palco, poi tornava a girare intorno alla sua vecchia sedia piazzata in mezzo, e Ben non poté fare a meno di immaginarla come una predatrice che gira e rigira intorno alla sua preda in attesa del momento giusto per divorarla. I suoi occhi saettavano dalla figura riflessa in tutti gli specchi alle sue spalle a quella in carne e ossa a pochi metri da lui; più lei e i suoi riflessi ballavano, più Ben diventava avido di quei movimenti. Di tutte le performance che aveva visto da quando frequentava il Night Mirror, quella era senza dubbio la più pulita, pudica, vestita, eppure agli occhi di Ben risultava ancora più provocante. D'improvviso sentì la bocca asciutta e ordinò un secondo drink.

Quando la ragazza lasciò il palco per far spazio ad altre molto più nude, Ben era ancora in uno stato di trance. La seguì con lo sguardo, e si accorse che Mike Wilson le porse una bottiglia di champagne, poi si fece strada verso il suo tavolo. Ben si raddrizzò sulla sedia, dando una piccola spinta sotto il tavolo a Daniel mentre la ragazza dal volto mascherato si avvicinava sempre di più.

«Offre la casa» disse, e incrociando il suo sguardo per un istante a Ben sembrò di intravedere una luce familiare. Quando la ragazza stava per allontanarsi, ben attenta a tenere i propri occhi lontani da quelli di Ben, lui la fermò per un braccio senza rifletterci. Il sorriso malizioso che pian piano sentiva allargarsi sul viso trovò conferma negli occhi verdi smeraldo della ballerina mascherata. Fu tentato di lasciarsi scappare una risata, ma dopo avrebbe dovuto svelarne necessariamente il motivo ai suoi amici, invece questo gioco a due gli piaceva molto di più. Lasciò la presa e si rimise a sedere come se niente fosse, mentre la ragazza si allontanava spedita.

«Ti ha lasciato senza parole, bambino?» lo prese in giro Evan, distribuendo lo champagne agli altri.

Ben scosse la testa sorridendo, mentre con lo sguardo continuava a seguire la signorina che si addentrava nel locale. «Non puoi immaginare quanto».

Bittersweet Hotel || Ben Barnes #ilsaporeditecontestWhere stories live. Discover now