"Angie, muovi il culo, è arrivato Max! Se va tutto bene, sta sera potresti portare a casa più del dovuto, non sei felice?" sghignazza la proprietaria del posto, dove urla e gemiti risuonano da ore.
Angie corre al piano terra di corsa, il vestito ancora parzialmente slacciato, l'espressione vuota e un falso sorriso sul volto. Domanda cosa deve fare, con chi deve lavorare, ma la matrona le dice solo di prendere tutte le sue cose e seguire Max.
"Angie, mia cara, bellissima Angie!" le dice Max, aprendo le braccia, i capelli neri elegantemente pettinati all'indietro.
"Max, caro, cosa posso fare per te oggi?" ricambia il saluto la bionda, che dentro di sé spera semplicemente di poter tornare a casa il prima possibile senza troppi intoppi.
"Tu hai un piccolo appartamento qua vicino, non è forse vero?"
Angie annuisce, iniziando a spaventarsi. Ha sempre lavorato al bordello per non dare fastidio ai suoi vicini di casa.
"Bene! Da oggi avrai una coinquilina. Ha due anni in meno di te, ma se la cava alla grande, non ti darà problemi."
Rose sbuca in quel momento dall'angolo, l'espressione fredda , impugnando una pistola con nonchalance.
"Non fa un lavoro bello quanto il tuo Angie, tu dai piacere alla vita-" le mormora Max a un orecchio "- lei uccide, strappandola via."

La sua Angie, che l'aveva messa in guardia su Max, che l'aveva avvisata che era pazzo senza senno, che prima o poi le avrebbe fatto del male. Aveva sempre ragione, la sua Angie.
La stessa Angie era rimasta incinta di un alcolista schifoso, che era stata picchiata più e più volte. Rose aveva quasi ammazzato quel bastardo a mani nude quando aveva scoperto tutto, dopo mesi a cercare di capire perché la sua migliore amica si nascondesse da lei.
La stessa Angie che si era presa cura di quel bambino nato da un unione sbagliata con tutto l'amore possibile. Lucas aveva solo quattro anni, dannazione.
Rose si versa un bicchiere di Whiskey, fanculo il tea. Da fuori può sembra forte, Rose, ma dentro è ridotta in tanti piccoli pezzi. E Rose sa di esserlo, ma sa anche di non potersi lasciare abbattere del tutto, sa che sarebbe stupido lasciarsi inghiottire così.
Beve un altro po', lasciando che l'alcol le faccia bruciare la gola e lo stomaco.
"L'ho chiamato Thomas, il mio bambino. Aveva i capelli neri" dice Rose, fissando la manica della giacca che porta sulle spalle. Polly trattiene il fiato qualche secondo a quella rivelazione, deglutisce a vuoto con un peso sul petto e poi sorride.

Tommy torna a casa circa tre quarti d'ora dopo, bagnato fradicio, seguito da Arthur e John. Ha un grosso segno rosso in viso e la giacca strappata in corrispondenza della cucitura sulle spalla.  I polsini sono rossi, impregnati di sangue non suo.
Rose è nella stessa identica posizione, il tea preparato da Polly si è ormai raffreddato sul tavolino. Nessuno va a disturbarla troppo, a cercare di intavolare una conversazione.
Solo John si affaccia appena dalla porta e la informa che non avrebbe più dovuto preoccuparsi di quell'uomo. Nè della sua combriccola.
Rose vorrebbe piangere ancora, ma non lo fa. Ha già pianto troppo e lei ha la brutta fama di non farlo mai.
Prende un bel respiro, appoggia la giacca di Tommy sul bracciolo del divano e raccoglie le forze per raggiungere i fratelli Shelby, seduti in cucina.
"Mi avete portato ciò che ho chiesto?"
Arthur si gira, sorride e prende un vasetto. Lo lancia tra le mani di Rose, che lo afferra al volo.
"Ecco qua la sua lingua, signorina. Anche se non è stato piacevole staccargliela."
Tommy fissa Rose, la vede sorridere e capisce che anche la sua Rose è davvero tanto cambiata in quegli anni.

Rose si rigira il barattolo tra le mani da ore, lo sguardo fisso sul sangue ormai secco che sporca il vetro. Sperava che sapere che la lingua di quell'uomo è tra le sue mani, che ora non potrà mai più parlarle, dirle quelle cose orribili, l'avrebbe fatta sentire sollevata.
Ma invece no.
Invece tutto ciò che prova è tristezza. Profonda, ancorata nel suo animo, dedita a mangiarla e consumarla senza sosta dall'interno.
Ora che non è più sola, ora che non deve più pensare costantemente solo a sopravvive, ora che dorme in un letto e c'è qualcuno a proteggerla, ha più tempo per pensare. E ciò significa che la scatola in cui aveva racchiuso Angie è aperta, non più scacciata dal primordiale senso di sopravvivenza.
Le manca tanto, la sua Angie.
Le mancano i suoi capelli biondi sparsi sul cuscino del letto che condividano spesso.
Le manca la sua pelle pallida cosparsa da leggere lentiggini marroni.
Le manca la sua voce rassicurante. La sua Angie aveva un tono dolce, incredibilmente dolce per una persona con una vita così difficile.
Le mancano le sue mani, così delicate, che le medicavano i tagli che si procurava al lavoro. Aveva sempre voluto fare l'infermiera, la sua Angie, ma non aveva mai potuto realizzare quel suo sogno.
Ora come ora, le mancano anche le urla furiose della sua Angie. Si gridavano addosso spesso, molto spesso, circa ogni volta che Rose veniva chiamata a lavoro e ogni volta che tornava a casa sporca di sangue.
Angie aveva gridato anche mentre Rose pestava quel pezzo di merda che aveva messo incinta la bionda, lasciandolo sdraiato in un vicolo dentro una pozza di sangue.
Rose sospira, cerca di trattenere un singhiozzo ma fallisce miseramente e si rannicchia sul letto, la testa tra le braccia.
La sua Angie. La sua bionda, dolce, Angie, che era stata capace di vedere del buono in Rose nonostante tutto.
La sua Angie, che l'aveva pregata di non morire, di non abbandonarla, quando Rose era svenuta a seguito di un'imponente perdita di sangue post-parto. Rose, nonostante il delirio, ricorda ancora strascichi di quel discorso.

"Sono qui Rose, sono qui. Andrà tutto bene, respira, sono qui Rose!"

"Ti prego, non abbandonarmi. Sei forte, sei sempre stata la più forte tra le due, non lasciarmi di nuovo sola. Non posso farlo. Non posso crescere Lucas senza di te. Sei la nostra roccia. Non lasciarmi, non posso vivere senza di te!"

"È bellissimo Rose, è bellissimo. Merita di conoscerti. Merita di vedere la sua bellissima mamma..."


Rose soffoca un urlo nel cuscino. La sua Angie, morta per colpa sua.

Whiskey e Sigarette - La chiamavano Rose [Tommy Shelby Ff]Where stories live. Discover now