4. Lingua

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Fuori la pioggia cade rumorosa, allagando le strade, e Rose fuma in silenzio davanti al camino fissando il fuoco e godendosi lo scrosciare dell'acqua. La rilassa, quel suono costante che isola il mondo da se stesso.
Gli affari vanno alla grande, sembra tutto perfetto e idilliaco, eppure si sente come se l'avessero spaccata, come se tutto stesse andando a rotoli. Le viene da piangere così tanto, si vergogna da morire.
Prende la terza sigaretta di fila, la accende con mani tremanti e continua a pensare e ripensare, facendosi del male da sola.
Ha svolto un paio di mansioni, ha perfino partecipato a intimidazioni e vendette col resto della banda. Si sente importante, come se finalmente qualcuno avesse riconosciuto che anni in strada hanno fruttato talento e determinazione. Le hanno perfino fatto cucire un completo simile a quello che indossano, con tanto di pantaloni e berretto, e quando Tommy glielo ha dato si è emozionata.
In questo momento però, rannicchiata sulla poltrona vicino al fuoco caldo, indossa i suoi vestiti femminili. Sulle spalla, la giacca che Tommy le ha prestato promettendole che l'avrebbe presto portata a comprare qualche vestito pesante per l'inverno, che col suo vento gelido si infila ovunque senza pietà.
"Come stai, Rose?"
Una voce la fa sobbalzare, Rose scatta alla pistola, ma Polly le si accomoda vicino, allungando la mano per sfiorarle il brutto taglio sulla guancia. È così scossa da non aver riconosciuto nemmeno la voce della donna che l'ha cresciuta.
"Fa male?" Le chiede Polly, appoggiando poi sul tavolino una tazza di tea caldo e fumante.
Rose scuote la testa, ha subito di peggio. Le danno più fastidio gli ematomi sul busto, ha quasi paura di essersi incrinata una costola tanto fa fatica a respirare. Forse è solo l'ansia.
"I ragazzi torneranno a breve, non preoccuparti, l'acqua li avrà rallentati."
Rose si gira verso Polly e le fa un piccolo sorriso. Non è tanto preoccupata per loro, sa di che pasta sono fatti, semplicemente non vorrebbe che uno dei suoi Shelby si faccia male o si ammali.
"Sono andati a prendere quell'uomo, vero?" chiede Rose, accendendo la quarta sigaretta e tossendo mentre il fumo le invade la gola.
Polly annuisce, cade il silenzio per un po', le due donne fumano assieme, mano nella mano, senza guardarsi.
"John mi ha detto che tremavi come una foglia, che non ti aveva mai vista concitata così-" inizia a parlare Polly tutto a un tratto, la voce calda e preoccupata di una madre "- Ci hai fatto preoccupare, Rose, non hai parlato per due giorni. Che ti ha detto? A me puoi confessarlo, non dirò niente, sarà un segreto tra noi due."
Rose ingoia a vuoto, sente la bocca asciutta e il respiro un po' le manca. La testa gira tutto a un tratto, tanto che la donna è costretta a sorreggersi il capo.
"Mi stava puntando un coltello contro, col braccio mi stringeva la gola-" mormora, facendo un piccolo sorso di tea "- mi ha sussurrato il mio nome, Agatha, come se fosse  consapevole del segreto che è. Mi ha detto che mi avrebbe tagliato lingua e mi avrebbe lasciata soffocare nel mio sangue, per insegnarmi la lezione, per ricordarmi che non sono nessuno. Ha detto che sa tutto, sa che ho ucciso io il padre del mio bambino. Mi ha rinfacciato il fatto che io abbia avuto il coraggio di uccidere Max, dopo che lui mi ha sempre fatta lavorare senza obbligarmi a fare la puttana. Ha-" Rose singhiozza, le tremano le mani, Polly è costretta a toglierle la tazzina di mano per evitare che si scotti "- Ha detto che invece Angie era brava, che sicuro insieme saremmo state fantastiche, che si ricorda i suoi capelli biondi mentre usava la sua bocca di rosa. Io- io l'avrei voluto ammazzare con le mie mani, quel maiale. Ha anche detto che a lui Max ha raccontato la verità, quello che è sicuro sia realmente successo. Mi ha sussurrato che ero un mostro, che ero stata io a sparare ad Angie e Lucas e al mio piccino durante uno dei miei incubi."
Rose si copre il viso con le mani, quelle parole le hanno fatto molto più male del dovuto. Max le ripeteva sempre di abbandonare Angie e Lucas, di andare a vivere con lui, perché lui avrebbe saputo calmare i suoi incubi quando la notte venivano a riscuotere il prezzo delle vite umane che Rose aveva interrotto.
"Ha ripetuto Agatha, Agatha, Agatha. Ha continuato a ripeterlo. La tua Angie sta bruciando all'inferno ed è solo colpa tua."
Rose fissa il muro, il trucco colato, come se fosse in trance. Sul suo viso scorrono così tante emozioni e sensazioni che Polly non è sicura di riuscire a raccoglierle tutte.
"Polly, io non- Io li sogno tutte le notti. Non avrei mai sparato a Angie e Lucas, erano la mia famiglia. E non avrei mai ucciso mio figlio, era la mia ragione di vita zia. Non amavo suo padre, ma fin da quando ho scoperto di essere incinta ho giurato che mi sarei presa cura di quella creatura, mi aveva dato così tanta speranza. Avevo giurato che avrei toccato di nuovo armi solo e solamente per difenderlo, che mi sarei trovata un lavoro vero, che gli avrei regalato la vita che meritava. Io ho amato quel bambino e lo amo ancora con tutta me stessa!"
Rose piange sulla spalla di Polly, sempre più tremante, si sfoga.
"Max ha cercato di soffocarmi Zia Polly, io ho solo reagito, mi sono solo difesa. Sono un'assassina, si, ma non la loro"
Rose trema, i flashback di quelle sere le passano davanti. Le luci dell'ospedale, il sangue, il dolore. Max che diceva di amarla e poi le premeva il cuscino sul viso, il calcio ai testicoli, la pallottola che lei gli aveva sparato nello stomaco. Tutto quel sangue, il viso agonizzante di Max che cercava di dire qualcosa ma finiva solo per collassarle addosso imbrattandola ancora di più.
Per mesi e mesi aveva pensato che fosse tutta colpa sua, che forse avrebbe potuto evitare si sparare così, con quella ferocia, al ragazzo che aveva aggredito la sua Angie. Era partito tutto da quel giorno, no?
E alla fine, era stato tutto inutile, Angie era morta comunque. E si era portata con lei anche il suo piccolo Lucas, il suo ometto, quell'angelo stupendo che non meritava una fine così dolorosa e violenta. Forse era stato un bene, forse ora erano insieme felici da qualche parte, senza provar più la disperazione e il dolore del mondo terreno.
Forse aveva ragione, in un certo senso, quell'uomo che probabilmente i ragazzi stavano pestando in quel esatto momento. Per essere degli assassini, si poteva anche non sparare i proiettili direttamente. Angie era morta per colpa sua, anche se non era stata lei a sparare, perché era partito tutto dal suo gesto avventato.

Whiskey e Sigarette - La chiamavano Rose [Tommy Shelby Ff]Onde histórias criam vida. Descubra agora