«Sii più specifica. Chi sei? Dimmelo!» insistei gemendo dopo che lei strinse la presa.
La ragazza misteriosa sogghignò. «Non sta a me dirtelo. Lascia che il destino faccia il suo corso. Presto avrò l'onore di scontrarmi con te. Prescelta contro prescelta»

Realizzai solo in quel momento chi era. Il terreno sembrò cedere sotto ai miei piedi e caddi sul cemento che era ormai diventato lava. Tutto intorno a me si stava disintegrando così velocemente che sembrava che i palazzi si stessero sciogliendo come coni gelato sotto un sole infernale.

Times Square scomparve permettendomi di assistere al terribile spettacolo dei detriti che si incollavano tra di loro formando fondamenta, muri, aperture, colonne.

Quando finalmente si arrestarono rimasi senza fiato: davanti a me c'era un'enorme torre nera, proprio come quella dell'omonimo film tratto dai racconti di Stephen King, ed era spaventosamente gigante.
Mi sentivo una formica al confronto, anzi, un microbo.
Picchiai un pugno per terra e mi rialzai.

"Scala" Cosa? "Scala la Torre di Ossidiana" Eh?

Mi ritrovai bloccata nella cavità di un'ampia finestra, con una scheggia di vetro nella mano destra e Ametron nell'altra.

"Scala" Ancora. "Scala la Torre di Ossidiana" Come?

Arrivai inspiegabilmente più in alto, la cima era più appuntita ma le finestre si facevano più strette. Ero raggomitolata in una nicchia, ma questa volta non avevo nulla con me, nemmeno la mia collana.
Misi un piede davanti a me ma l'appoggio cedette e mi ritrovai aggrappata ad una sporgenza con una sola mano.

Sentii qualcosa cadermi in testa. Non era stato così pesante. Abbassai la testa per vedere cosa mi avesse colpito e vidi un paio di occhiali distrutti volare giù e venire inghiottiti dalla nebbia.
Sospirai e spostai il mio sguardo in alto. Rimasi pietrificata nel vedere un serpente così grande da far sembrare la torre uno stuzzicadenti al confronto. Mi fissava con i suoi enormi occhi gialli che sembravano oscurare interamente il cielo.

"Scala" No. "Scala la Torre di Ossidiana" Non ce la faccio.

Lasciai la presa e il mostro si avventò su di me aprendo le sue enormi fauci con cui inghiottì anche l'edificio.
Le sue zanne erano sempre più vicine, sempre più grandi, sempre più affilate.

E volevano solo una cosa: me.

༺ 𓆩♱𓆪 ༻

Urlai a pieni polmoni svegliando tutti i poveri preadolescenti del dormitorio dov'ero rimasta a dormire quella notte.
Il ragazzo più vicino alla luce la accese e presto un buon gruppetto di curiosi mi accerchiò in attesa di sapere cos'era successo.

Nel dormitorio ci stavano i ragazzini dai tredici anni ingiù, essendo ancora troppo piccoli per diventare guardiani a tutti gli effetti. Per diventarlo, compiuta quell'età, avrebbero dovuto sostenere una prova e poi sarebbe stata consegnata loro un'arma vera e propria che avrebbero usato per sempre.

Tuttavia c'erano delle eccezioni a questa regola dell'età: Marta. Essendo un membro della famiglia Gabriel aveva il privilegio esclusivo di essere una guardiana a qualsiasi età, bastava che sapesse combattere, e a quanto avete visto lei a undici anni era di gran lunga più brava di me -anche se, sarò sincera, non ci voleva nulla per superarmi-.

«Cosa è successo?» chiese un undicenne incuriosito.
Mi stropicciai gli occhi mettendo a fuoco la scena. «Ho solo fatto un brutto sogno, tranquilli»
«Sicura?» chiese scettica una bambina, incrociando le braccia.
«Sì, non preoccupatevi» Mi guardai intorno in cerca di un orologio. «Che ore sono?»
«Sono le cinque del mattino» rispose una vocina in fondo.

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