28|Supercattiva

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La magia ha delle regole: non si può far apparire nulla che non ci sia già, non si può far apparire del cibo dal nulla, non si possono generare dei soldi e tante altre che Shirley aveva dovuto studiarsi a memoria per via di Lidia, la sua insegnante.

«Guarda!» Eddy indicò un supereroe vestito di nero al televisore. «Lui è Batman, ma io preferisco Superman»

«E perché?»
«Perché Superman ha dei poteri e può volare!»
Shirley abbozzò un sorriso, mentre si sedeva accanto al fratello. «Ti piacciono i superpoteri?»
«Sì» Eddy rimbalzò molleggiò sul divano facendo rimbalzare leggermente anche la sorella. «Io voglio avere la superforza! E voglio volare come lui»

Shirley fu tentata per un attimo di fargli vedere che lei aveva dei poteri, che poteva essere come i supereroi che amava.
Voleva essere accettata, ma quel bambino le voleva già bene così, e se sua madre avesse scoperto del mostro che l'aveva resa suo padre l'avrebbe allontanata da casa.
Lasciò perdere e rimase sul divano, immobile e composta, leggermente staccata dal piccolo.

Vide Batman lottare contro Joker in modo brutale ma che a suo fratello piaceva. Faceva il tifo per l'eroe, ovviamente. Certo, quello era solo un cartone animato ed era fatto in modo che i bambini amassero il Pipistrello di Gotham, ma non era difficile per i più grandi capire che sotto c'era qualcosa di più cupo, un messaggio implicito: a volte eroi e supercattivi possono usare le stesse maniere violente ma c'è una linea sottile che li contraddistingue, ovvero gli eroi hanno l'appoggio del popolo e vincono sempre.

E i supercattivi? Oh no, loro sono mostri, meritano di restare in prigione a vita, di essere picchiati a sangue e di essere odiati da tutti. È quello che alcuni di voi hanno pensato, non è così? E molti altri invece sosterranno che non sia giusto. Due correnti di pensiero giuste e sbagliate allo stesso tempo.

Nessuno si interessa di loro, del motivo per cui sono diventati così, delle loro vite private. Non si può prevedere quando uno di loro nascerà, né cosa farà, ma se si vivesse in un mondo migliore, se solo gli eroi non fossero così lecchini col popolo e violenti coi nemici, forse... sarebbe stato tutto diverso.

Eddy posò la sua testolina sopra le gambe di Shirley e lei si irrigidì al contatto.

Che cosa doveva fare? Doveva spostarlo? Doveva parlargli?

Il piccolo alzò una mano nella sua direzione, afferrando un paio di volte l'aria e dopo, finalmente, riuscì a prenderle la mano e la guidò sopra i suoi morbidi capelli biondi arruffati.

Voleva essere coccolato.

Allora Shirley iniziò ad accarezzarlo impacciatamente. Non era pratica di quelle cose, ma ci provò lo stesso.

Eddy fece un verso molto simile a delle fusa e con la sua manina libera prese a giocare con il telecomando, ma gli cadde e si ruppe.

Il piccolo si alzò di scatto, andando nel panico. La madre non aveva sentito, era in chiamata con qualcuno e intanto c'era il rumore della cappa che andava.

«Oh no» disse Eddy con le lacrime agli occhi.
Guardò la sorella come a dire "E ora che faccio?" e proprio in quel momento Shirley capì cosa significasse essere una sorella maggiore.

Si mise l'indice davanti alla bocca e prese il telecomando abbastanza vecchio con lo sportellino rotto. Se lo rigirò tra le mani cercando di capire quali fossero le parti da riparare, con la stessa attenzione di quando si faceva il cubo di Rubik e bisognava guardare la posizione dei colori per completarlo.

«Non preoccuparti, lo sistemo io» gli disse.
Il fratellino inclinò la testa confuso, chiedendosi come avrebbe fatto.
«Facciamo un gioco» sussurrò Shirley rimettendo lo sportello del telecomando, coprendo le pile scoperte. «Chiudi gli occhi. Al mio tre dovrai soffiare verso il telecomando e si riparerà»

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