cap7

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"Buongiorno ragazzi" disse il professore quel lunedì mattina nuvoloso di inizio dicembre.

"Buongiorno" dissero i miei compagni alzandosi in piedi.

Io rimasi a sedere, guardando la finestra. Se non tutti si fossero alzati come al solito il professore sicuramente non mi avrebbe notata, ma quel giorno risaltavo come un nano tra i Watussi.

"Corsi non si alza?" mi disse il professore senza rivolgermi neanche lo sguardo.

"No grazie sto bene seduta" gli risposi con tono di sfida. La tensione era palpabile a mani nude.

"Non mancare di rispetto ad un insegnante" mi disse guardandomi dritta negli occhi. I suoi occhi neri un tempo accoglienti ora erano diventati vuoti e bui.

"Come vuole" asserii con indifferenza.

"Oggi facciamo un compito a sorpresa di matematica, separate i banchi" disse alla classe, senza però mai distogliere i suoi occhi dai miei. Mi faceva un certo effetto rivederli dopo tutto il tempo che era passato, ma il mio orgoglio non mi lasciava tempo per pensarci.

I miei compagni erano visibilmente nel panico, ma io ero calma come sempre durante le sue ore.

"Corsi vieni in prima fila visto che c'è un posto vuoto"

"Professore sto bene qui" gli dissi secca. La verità è che non mi interessava stare in prima fila, semplicemente non volevo stargli più vicina del necessario.

"Non è una richiesta"

"Neanche la mia"

"Vale piantala" mi sussurrò Leonardo, posandomi una mano sul mio braccio, che io scacciai subito. Ho sempre odiato il contatto fisico non necessario.

"Vuoi andare dal preside?" mi richiamò il professore

Mi alzai scocciata e mi misi al primo banco. Non potevo permettermi di andare dalla preside, i miei mi avrebbero sgridato e sarebbero soprattutto rimasti delusi del mio comportamento insolito.

Facemmo il compito in silenzio, e io lo finii in solamente 25 minuti.

Stetti a guardare il vuoto per un po' di tempo fino a quando il professore non mi richiamò nel mondo reale.

"Corsi non lo fai il compito?"

"L'ho finito"

"Allora non ti dispiace se lo correggo" mi disse abbassando la voce per non farsi sentire dagli altri impegnati a scambiarsi bigliettini.

"Non c'è niente da correggere" gli dissi fredda. Sapevo di aver fatto il compito alla perfezione, matematica era la mia unica certezza.

"Non pensi di avere troppa autostima?"

"Non ho autostima prof, so solo che ho fatto il compito bene" gli dissi, e distolsi lo sguardo fissando il mio astuccio.

Lui se ne andò prendendo il mio compito e lo lesse tutto, constatando che io non avessi fatto nessun errore. Nonostante ciò non mi disse niente, ma mi rivolse solo uno sguardo glaciale a fine lezione prima di uscire dall'aula.

"Valentina mi dici che ti prende?"

Leonardo mi guardava scioccato, non riusciva a credere che mi ero rivolta in un modo così scortese ad un professore.

"Niente"

"Non è vero"

In quel momento entrò la Sforzi e tutti ci alzammo salutandola.

"Professoressa posso andare in bagno?" chiesi. Non avevo voglia di stare a discutere con Leonardo un secondo di più.

"Si certo"

Mi alzai e mi diressi in bagno lentamente. Non ci dovevo neanche andare in realtà, perciò me la presi con calma.

"È un 10"

Mi voltai di scatto e mi ritrovai davanti agli occhi i pettorali scolpiti del professor Giudici.

"Ma va" gli dissi sprezzante. Fuori dalla classe potevo anche parlargli in questo modo, non c'erano testimoni. E in ogni caso sarebbe la mia parola contro la sua.

Ci trovavamo davanti allo sgabuzzino dei bidelli e non c'era nessuno nel corridoio. Il professore mi afferrò per un braccio e mi fece entrare nello stanzino.

"Non provi mai più a toccarmi" gli dissi furente.

"Mi dici perché mi tratti così male?"

"Lei voleva evitarmi di nuovo. Non ha le palle per caso?"

Stette in silenzio per qualche secondo guardandomi dritta negli occhi. In quel momento mi resi conto che eravamo molto vicini, ma non mi interessava, ero troppo arrabbiata.

"Ho provato ad evitarti, perché so che se non lo faccio non riesco a resisterti"

"Sono tutte bugie. Entrambi sappiamo che ha il totale controllo del suo corpo, può benissimo resistere a chiunque, non diamo la colpa a fattori esterni che non c'entrano niente. Lei ha preso la sua scelta di fare ciò che voleva come voleva senza parlarmi, e ora ne paga le conseguenze"

Detto questo uscii dallo stanzino e mi incamminai in classe senza guardarmi indietro.

Mi sentivo più leggera, come se mi fossi tolta un enorme peso dalla testa.

Finalmente ero riuscita a dire ciò che pensavo senza filtri, per una volta nella mia vita. E forse era sbagliato, perché lo avevo detto ad un mio professore, ma non mi importava.

In quel momento ero più felice così.

E felice rimasi per tutto il resto della giornata, ma non di più.

I giorni dopo per fortuna o per sfortuna ebbi moltissime interrogazioni e compiti di seguito, e tra danza e scuola il mio tempo per pensare era a dir poco limitato. Si stavano avvicinando le vacanze di Natale, perciò tutti i professori magicamente si erano risvegliati e si erano resi conto che il trimestre era terminato e che non avevano ancora tutti i voti necessari.

Non scambiai più neanche un buongiorno al professor Giudici, il nostro rapporto da strettamente professionale diventò inesistente.

L'unica cosa che mi mancava erano i suoi occhi, ma ne avrei potuto fare a meno. Dovevo concentrarmi su altro, non avevo tempo per pensare a lui.

Nel frattempo fuori si faceva sempre più freddo e aumentavano i raffreddori e le febbri, e di conseguenza c'erano tantissimi assenti.

Nonostante le continue verifiche, il clima in classe era piacevole, ed era un bel modo per finire il trimestre.

È solo una moltiplicazioneNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ