CAPITOLO 16

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Sveglia presto, doccia, caffè, camicia, pantaloni, cravatta, giornali, fascicoli, dossier, telefonate, discussioni, accordi, compromessi, un pranzo veloce e poi ancora lavoro, lavoro, lavoro. È sempre stato uno stacanovista, Giuseppe Conte, sempre dedito al proprio dovere, sempre in prima linea, senza mai cedere alla stanchezza. Non sa più cosa siano le domeniche tranquille, non ricorda più la piacevole staticità dello stare in vacanza, né conosce riposo. Non può permetterselo, non ora. Deve prevedere le mosse di chi gli sta intorno, stare almeno due passi avanti per non essere mai preso in contropiede, decifrare attentamente ogni possibile ripercussione. Queste sono le conseguenze del dover agire in un sistema di per sé malato e perverso, e quando due anni prima aveva accettato quel ruolo, mai si sarebbe aspettato di affrontare delle situazioni così difficili e di dover diventare, per certi aspetti, la speranza di milioni italiani. È stato sempre onesto? No, non sempre lo è stato, c'è d'ammetterlo. In politica bisogna scendere molto spesso a compromessi, anche a quelli più spiacevoli, è una regola di base che molti non capirebbero. La gente lì fuori non sa neanche l'80% di quello che succede all'interno delle mura di quei palazzi, di come lo Stato vada avanti, spesso e volentieri, per accordi segreti, ricatti e raccomandazioni. È un mondo terribile quello, terribile, e questo Giuseppe lo ha dovuto imparare velocemente. Ma, nonostante tutto, è riuscito a non farsi inquinare totalmente, a mantenere intatta un po' della propria integrità. Perché in uno Stato giusto lui continua a crederci, in fondo.

Lui è sempre stato un sognatore, gliel'hanno sempre detto. Da adolescente, nel suo piccolo paesino pugliese di poche anime, la gente del luogo vedeva già in lui un senso di giustizia fuori dal comune, una voglia straordinaria di cambiare le cose e pure una certa dose di paraculagine. Ricorda ancora il giorno in cui ebbe l'illuminazione divina sul lavoro che avrebbe fatto nella sua vita. Stava giocando a calcio con i suoi amici nella piazza principale del paese e uno di loro, dopo aver tirato un calcio alla palla con reale decisione, la spedì accidentalmente contro il vetro di una cinquecento parcheggiata proprio nelle vicinanze. Inutili furono le scuse, il proprietario voleva i soldi del risarcimento, ma Giuseppe ebbe un'intuizione non da poco e, dopo avergli fatto notare che la macchina si trovava parcheggiata in luogo in cui era vietato, minacciò che lo avrebbe denunciato al sindaco. Ovviamente la ragione era dalla sua parte, tutti notarono la sua grande dote comunicativa e di convincimento, e lui, incredibilmente, aveva solo 12 anni. Da quel momento la sua vita è stata solo una scala in salita e, quando poi sbarcò a Roma con l'obiettivo di diventare un avvocato, già si era prefissato che avrebbe fatto di tutto per lasciare il segno e mantenere lo spirito di quel bambino che aveva difeso un suo compagno da un possibile risarcimento. Per questo motivo poi si è poi ritrovato nell'ambito accademico, perché solo l'idea di poter plasmare delle giovani menti con la propria conoscenza giuridica, eccitava il proprio ego come nient'altro al mondo, e lo rendeva, per un certo senso, importante.

Infine, la presidenza del Consiglio è stata solo lo step finale. Ed è lì che si è reso conto di quanto davvero valeva, in quel marasma putrido di gente stantia, molta della quale si trovava in quell'ambiente da decenni. Lì si è fatto le ossa, trattando con i potenti, ha preso pesanti batoste, trattando con i media ed è diventato un uomo consapevole, confrontandosi con l'intera Nazione. È stato difficile, lo è ancora e lo sarà fino a quando non dovrà portare via le proprie cose da Palazzo Chigi, ma di sicuro Giuseppe Conte non è un uomo che si arrende facilmente. Raramente lo fa e non sempre per motivi giusti.

"Sono già uscite!" Esordisce a gran voce, Rocco Casalino, entrando di punto in bianco nel suo ufficio e sventolando una rivista che immediatamente finisce sotto il naso del Presidente. Quest'ultimo le dedica appena un'occhiata di qualche secondo, per poi ritornare a leggere il dossier sulla nuova riforma elettorale che stanno preparando e su cui tutta la maggioranza sta muovendo fuoco e fiamme. "Perché mi porti questa robaccia? Sto lavorando."

La favorita del PresidenteМесто, где живут истории. Откройте их для себя