Eri solo un'illusione

1.6K 76 98
                                    

_____________
꧁𝑪𝒉𝒂𝒑𝒕𝒆𝒓꧂
36

"𝐸𝑟𝑖 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑢𝑛'𝑖𝑙𝑙𝑢𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒"
_____________

***

La vita è sempre stata un susseguirsi di dolore e felicità, non importa quanto tu sia sincera, intelligente e buona. Non importa che tu sia falsa, ipocrita ed ignorante. Il mondo, la vita, gli astri e il destino troveranno sempre un modo per bilanciare le situazioni negative a quelle positive come se, in fondo, questo fosse il modo giusto di vivere; perché si sa, senza il male, il bene non avrebbe lo stesso gusto. E, anche se ti insegnano che ad essere buoni la vita ti ripaga sempre, non ti dicono mai che, alla fine, senza un po' di dolore il bene non avrebbe lo stesso gusto e che, per quanto tu possa essere buona con tutti, soffrirai come tutti gli altri. Ed io, purtroppo, avevo finito il mio momento di gioia pura con Harrison a causa di una bionda tutta corna e antipatia: Polly Anderson. La sera seguente, contro ogni aspettativa, trovò me e Harrison nella nostra stanza d'Hotel, dopo un pomeriggio passato a dormire e coccolarci. Come un uragano era entrata facendo forza sulla porta, spiazzandomi e spaventandomi allo stesso tempo. «Dove cazzo sei?!» esclamò dirigendosi, a passo di marcia, verso la camera da letto. «Tu brutto coglione! Cosa dirò a nostro figlio eh?!» urlò probabilmente con le mani tra i capelli, mentre io lentamente la raggiungevo. Sulla soglia della porta Harrison mi fece cenno di avvicinarmi a lui, seduto sul bordo del letto con Polly davanti; come se si fidasse così tanto di me da dirmi implicitamente "voglio vincere con te questa battaglia". Assecondai la sua richiesta ignorando le occhiatacce della pazza ragazza che, con furbizia, aveva fregato tutti e, una volta seduta a fianco a Harrison, lo osservai di sbieco notando con stupore l'immensa calma che emanava. Mi strinse la mano poggiata sul letto, attirando l'attenzione della ragazza infuriata davanti a noi. «Molla questa puttana!» urlò per l'ennesima volta, procurandomi un assordante mal di testa e facendo mutare l'espressione di Harrison in un attimo. «Polly ti conviene calmarti e non rivolgerti con questo tono a Bennet se non vuoi farti scortare di peso fuori da questo Hotel e fare una figura di merda davanti a tutto il mondo» pronunciò con una calma tale da riuscire a intimidire anche me. Polly guardò con rabbia le nostre mani intrecciate, per poi sospirare. «Cosa cazzo dirò a nostro figlio?! Che sei andato con una putt...lei?!» si trattenne dall'urlare, mentre fulminava con lo sguardo il magnifico ragazzo seduto davanti a lei. «Gli dirò che non sono il padre» sganciò la bomba incurante di aver procurato, anche a me, un soffio al cuore. Polly sbiancò immediatamente e, per un attimo, pensai che sarebbe svenuta, indietreggiò di un passo con sguardo allucinato. «Cosa stai dicendo...» inaspettatamente le parole che uscirono dalle sue labbra suonarono solo come un flebile sussurro. «La verità Polly: io non sono il padre di Edmond. Josh lo è» disse duro Harrison non spostando mai lo sguardo dagli occhi color ghiaccio della donna che, da ragazzo, aveva amato con tutto il suo cuore. Capì immediatamente, dalla lacrima che solcò le guance sottili della ragazza, che lei aveva capito di non avere più scampo: Harrison sapeva. «Che stronzata è mai questa...» chiese sperando di convincere Harrison di star affermando una cosa impossibile. «Tu sei Polly Anderson, la ragazza incinta che si è miracolosamente salvata nell'incidente» mi intromisi io con un sorriso malinconico sulle labbra, non provando più alcun tipo di odio o rancore per Polly e Josh, ma solo tanta pena. Loro, come me e Harrison, si erano incontrati nel momento sbagliato e non avevano avuto la possibilità di amarsi alle luci del giorno a causa di un incidente. «Stai zitta!» urlò puntandomi un dito contro «È colpa tua!» lentamente le lacrime iniziarono ad aumentare, facendole colare il trucco «Mi amava ma non voleva farti star male...» pianse portandosi le mani agli occhi mentre io, congelata, ascoltavo il suo racconto «Stavamo litigando perché io ero fottutamente incinta e lui non voleva lasciarti!» cadde in ginocchio ed io, senza alcuna spiegazione logica, la raggiunsi per stringerla in un abbraccio. «Mi amava...» pianse sulla mia spalla ed io non potei evitare di accarezzarle, lentamente, la schiena mentre Harrison, ancora seduto sul letto, ci guardava accigliato. Mi rivolse immediatamente un piccolo cenno come per assicurarsi che io stessi veramente bene, come se per lui contassi solo io e le cicatrici di Polly fossero solo lo sfondo della tela. Gli sorrisi debolmente e tornai a guardare la ragazza tra le mie braccia. «Ti amava Polly» sospirai catturando la sua attenzione «E l'ho capito solo poco tempo fa: avresti dovuto vederlo quando parlava della meravigliosa modella che lavorava al suo progetto...ti amava ed io non volevo ammetterlo. Non mi amava più» le sorrisi leggermente quando vidi i suoi occhi brillare. «Rimarrò da sola...» singhiozzò rimanendo congelata nella stessa identica posizione ed io spalancai gli occhi a quelle parole così dolorose. Polly Anderson, la sfacciata e stronza ragazza dai tacchi a spillo e dai vestiti appariscenti; colei che aveva sempre la battuta pronta e la piega ai capelli perfetta era spaventata. Spaventata dalla solitudine, dalla responsabilità enorme che vigeva su di lei dal momento in cui aveva portato alla luce il frutto del suo grande e vero amore. Fu un attimo, un millisecondo, in cui mi sentì improvvisamente leggera; leggera perché capii esattamente cosa avesse portato quella ragazza ad avere così tanto rancore verso di me. «Non più Polly» le sorrisi debolmente lasciandole una carezza sulla schiena ed Harrison scattò in piedi con gli occhi spalancati a quel gesto «Cosa stai facendo?!» alzò di qualche ottava il tono di voce, guardandomi confuso. «Cerco di capirla» sussurrai rivolgendo un'occhiata alla ragazza che, da qualche momento, era rimasta immobile ad osservarci. «Non potrai mai capire quello che provo» pronunciò velenosa attirando la mia attenzione. «Hai ragione, ma posso provarci» scossi la testa rivolgendole uno sguardo dolce, che sembrò farla vacillare «Non sei più sola Polly, ma se vuoi il mio aiuto devi prima mettere da parte l'odio che provi nei miei confronti. Io non sapevo niente della storia segreta tra te e Josh» cercai di calmarla sperando con tutto il cuore che accettasse il mio aiuto. «Sai perché ho scelto di chiamare il bambino Edmond?» mi spiazzò con questa domanda che, apparentemente, non c'entrava nulla con il discorso. «No. Perché?» Le diedi corda rimanendo confusa. «Se tu avessi ascoltato Josh sapresti che in quel periodo c'era la mostra fotografica del suo artista preferito: Edmond Rupert» spiegò lasciandomi senza parole. «Ti prego andiamo a vederla, il tuo viaggio a Berlino può essere rimandato di due giorni» ricordai il viso speranzoso di Josh che, con tenacia, provava a convincermi a spostare uno stupido viaggio di lavoro che, se solo avessi voluto, avrei potuto saltare per accontentare il suo desiderio. «Lo sai che sogno da una vita di conoscere colui che mi ha ispirato e ora, finalmente, sono invitato ad un suo evento e vorrei averti con me Benny» aveva aggiunto mentre io, dispiaciuta, cercavo di spiegargli l'urgenza di quel viaggio. «Se tu lo avessi amato, avresti seguito i suoi sogni mettendoli allo stesso livello dei tuoi» pronunciò Polly creando una voragine nel mio cuore. Mi alzai di scatto barcollando per un secondo; Harrison mi venne immediatamente incontro, appoggiando la sua mano destra sul mio fianco, quel suo tocco appena percepibile mi trasmise una sicurezza che quelle parole avevano fatto vacillare. «Hai ragione Polly» ammisi facendo alzare, immediatamente, lo sguardo della ragazza sul mio viso. Sorrisi amara scuotendo leggermente la testa «Non amavo Josh» dissi secca facendole spalancare gli occhi, chiuse le mani in dei pugni e aprì la bocca, pronta sicuramente a ferirmi con qualche frase. «Ma ero convinta di farlo» aggiunsi prima che lei potesse parlare, facendole serrare le labbra «Non ho mai fatto niente con cattiveria Polly. Io ero convinta di amarlo» spiegai più lentamente. Calò il silenzio più totale per quelle che mi sembrarono ore, ma furono probabilmente solo momenti; uno sbuffo lasciò le labbra carnose di Polly e, subito dopo, si alzò in piedi. «Non importa» mi guardò dritta negli occhi ed ebbi un tuffo al cuore: Polly Anderson non mi odiava più. «Non sei più sola» le afferrai la mano sperando di trasmetterle tutto il mio sostegno. «Non ti odio più» sorrise lievemente. «Scusami Harrison, avevo paura» mormorò poi verso il ragazzo riccio che, stupendo entrambe, l'abbracciò. Feci due passi indietro godendomi la bontà del ragazzo che amavo. «Ti ho amata per davvero Polly» le disse facendola piangere. «Io no» rispose lei guardandolo tristemente per poi rivolgere un'occhiata a me. «Non importa più» anche Harrison si girò verso di me, con il sorriso. Perché alla fine, non importa cosa credi, l'amore vero lo senti fin sotto le ossa, ti scava dentro e trasforma la tua intimità in qualcosa di doppio, da condividere: tutto il resto è solo illusione. E spero tu possa perdonarmi Josh, proprio come ha fatto Harrison con Polly, ma eri solo un'illusione.
Una finta copia di un sentimento che avevo bisogno di vivere per andare avanti e che, in verità, con te non ho mai provato.

Sotto il cielo stellato di Times SquareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora