Capitolo 6: Il dolore della solitudine

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"Sembra che tu abbia una volontà tanto forte da resistermi, vivrai, ma un giorno tornerai da me. Goditi la sofferenza. Sarai il mio pezzo pregiato."

Queste furono le parole che mi disse il taken con il sorriso dell'odio stampato sulle labbra. Poi mi scaraventò a terra.

Quando mi svegliai la casa era distrutta, c'era del fumo e del fuoco.
Scesi giù cercando i miei genitori.
Il combattimento era finito, per le strade vidi solo corpi senza vita e sangue. Ero terrorizzato.

"Mamma, papà!!!" Urlai con tutte le forze che avevo.
In lontananza vidi due figure avvicinarsi, erano loro, erano ancora vivi.
Corsi verso i miei genitori piangendo, ma mi fermarono.

"Stai lontana bestia! Avete già ucciso mio figlio."
Urlò mio padre mentre mia madre piangeva.

Mi lanciò un sasso, colpendomi.
Non riuscivo a capire il perché di questo comportamento.
La mia famiglia sembrava odiarmi, mi sentivo ferito.
La gioia di vederli si trasformò ben presto in dolore, sia fisico che mentale.
Scappai, non mi voleva più nessuno.
Fu così che iniziò la mia vita solitaria.

Cercavo di sopravvivere rubando e facendo cose non troppo oneste, dopotutto ero solo al mondo, dovevo badare solo a me stesso, nessuno mi voleva davvero.

Passai davanti ad un negozio di frutta, rubando una mela.
Una mano mi bloccò e disse:

"Non è carino prendere le cose senza permesso."

Allontanai violentemente la sua mano dalla mia e dissi:
"Prendo quello che voglio."

"Guadagnatela allora." Mi disse con atto di sfida quell'uomo.

Z:"E come? Non ho soldi per pagartela."

"Allora lavora per me." Disse lui.

A quelle parole rimasi scioccato, era la prima volta che qualcuno dopo tanto tempo mi dimostrava compassione.
Quell'uomo dal sorriso provocatorio e con una sigaretta in bocca disse di chiamarsi Hiro. Sarebbe stato lui il mio salvatore, colui che mi avrebbe salvato dal percorso della solitudine.
I suoi capelli biondi e i suoi occhi azzurri mi infondevano una certa fiducia, decisi di accettare la sua proposta.

H:"Allora Zek, sei da solo, dove vivi?"

Z:"Veramente non ho una casa, l'ho persa. Tutti mi considerano un mostro."

Hiro rispose ridendo:
"Stronzate.
Vieni a stare da me, abito da solo anche io."

I miei occhi si riempirono di lacrime, che grondarono dal mio viso come pioggia. Abbracciai Hiro, era la prima persona che dopo tanto tempo mi aveva accettato.
Continuai a lavorare con lui per molto tempo.
Costruii tanti ricordi, vedevo in lui un maestro, anzi, un padre.

Hiro mi insegnò anche a combattere, era un ex-soldato, voleva che potessi sopravvivere nel caso di un attacco.
Capitava spesso che ci allenavamo al di fuori delle mura.
Una volta mentre mi esercitavo nel tiro con il fucile venni assalito da un paio di crature.
Avevo l'occasione di provare le mie abilità: esplosi il primo colpo e ne uccisi una. Era la prima vittima che feci.
Sentivo scorrere nelle mie vene un senso di potenza, adrenalina.
L'altro si avvicinò cercando di attaccarmi.
Il mio primo colpo lo mancò, così sparai una raffica di proiettili che fecero cadere la creatura ai miei piedi.
Mi sentivo un vincitore, come un cacciatore che tornava a casa con il proprio bottino.

Il mio momento di gloria finì subito quando venni circondato da una decina di mostri.
I loro sguardi erano puntati su di me, volevano uccidermi e bachettare con la mia carne.
Mi sentii impotente, vicino alla morte, avevo paura.

Un colpo partì dalla mia sinistra uccidendo un nemico. Hiro comparve attraversando alcuni cespugli.
Prese il suo fucile e iniziò a colpire le creature, possedeva la swordgun.
I proiettili e lama si mischiavano nel combattimento come un'armoniosa danza.
I suoi attacchi precisi e devastanti eliminarono tutti. Volevo imparare anche io.

H:"Tutto bene Zek?"

Z:"Si!" Risposi io con stupore.

Z:"Hiro, voglio che tu mi insegni questo stile di combattimento, voglio diventare forte."

Hiro sorrise, si avvicinò e mi fece una carezza sulla testa.
H:"Hai ucciso il tuo primo nemico, bel trofeo."

La sera stessa ci accampammo fuori, eravamo vicino al fuco aspettando che il pesce che avevamo catturato durante la giornata cuocesse.
Eravamo sdraiati a vedere le stelle, era davvero incantevole.
Tutto il cielo brillava, mi faceva sognare, desiderare.

Z:"Hiro, voglio cambiare il mondo.
Ho deciso, fermerò questa guerra!" Dissi con tono serio.

Il mio maestro ci rise su:
"Hai ancora quindici anni Zek, sei ancora piccolo."

Sbuffai, infastidito dall'essere preso in giro.

H:"Comunque se vuoi cambiare le cose ci riuscirai, non sarà facile, forse perderai alcune persone care, e soprattutto, non dovrai mai, mai smettere di combattere."

Risposi esaltato: "Le proteggerò!"

Hiro mi rispose tristemente:
"Sai che quand'ero nell'esercito persi tutti i miei compagni di squadra, ero l'unico sopravvissuto. Tutto questo per una stupida operazione fallimentare.
Era un suicidio già prima di mandarci lì, ma lo fecero comunque.
Zek, se vuoi cambiare il mondo fallo assieme a persone di cui ti puoi fidare.
L'uomo è egoista, riuscirebbe ad anteporre il proprio bene personale rispetto a quello dell'intera specie."

Z:"Allora sceglierò con cura i miei compagni." Risposi io prontamente.

Lui continuò a ridere, poi mi disse che la cena era pronta e mangiammo.

Non passò molto tempo da quella sera quando la città fu nuovamente attaccata.
Io e Hiro scendemmo per le strade cercando di proteggere le persone inermi.
Stavamo combattendo con tutte le nostre forze per evitare un massacro.
Combattemmo fino allo sfinimento.
Sul campo apparvero anche dei taken e degli esemplari beta, più grandi e potenti rispetto a quelli normali.
La situazione era critica, ben presto saremmo stati sopraffatti.
Un attimo di distrazione segnò la mia condanna, una creatura mi stava per trafiggere con i suoi lunghi artigli.
Ero pronto a morire ma Hiro si buttò davanti a me.
Venne colpito in pieno petto e sbranato.
Uccisi l'aggressore e posai delicatamente il corpo sanguinante del mio maestro a terra, adagiandolo.

Hiro mi guardò sorridendo, la luce nei suoi occhi sbiadiva lentamente, mi accarezzò il volto con le sue ultime forze e poi la sua mano scivolò, sbattendo a terra.
Avevo perso l'ultima persona che mi avesse amato, la mia rabbia era così forte, ero pervaso da essa. Presi la sua swordgun e poi persi il controllo.

Al mio risveglio mi accorsi che ciò che avevo sognato era reale, tutti intorno a me erano morti, li avevo uccisi.
Anche il cadavere di Hiro giaceva tra le macerie del campo. Avevo perso ormai ogni ragione di vita, ero più solo di quanto lo fossi mai stato.
Per questo decisi di vivere per sempre in questo modo, senza più fare affidamento su nessuno, senza più emozioni.
Presi il corpo della creatura che aveva ucciso il mio maestro e ne ricavai un'armatura.
Lasciai la mia città per sempre, iniziando quel viaggio che mi avrebbe portato alla fine di questa guerra.
Avrei avuto soltanto una compagna in quest'avventura: la swordgun.

Dopo aver sentito queste parole vidi scendere dal volto di Reda delle lacrime, cadde a terra vicino a me, piangendo.
L'abbracciai, non volevo perdere anche lei, non volevo perdere più nessuno.

Z:"Non ho intenzione di lasciar morire più nessuno, vi proteggerò tutti."

Astra mi prese la mano, sembrava rassicurata dalle mie parole.

Reda si scusò, mi chiese perdono e decise di fidarsi di me. Anche lei non voleva perdere altre persone.

Anche Astra mi guardava, rattristita dal mio passato e disse:
A:"Anche io ero sola, sin da bambina venivo usata solo per degli orrendi esperimenti. Vorrei non essere nata con questo potere."

Jaker ci guardò sorridendo e appogiando amichevolmente una mano sulla spalla di Reda esclamò:

"Tutto è bene ciò che finisce bene."

In quel momento tutti e tre lo guardammo con la stessa faccia che si poteva riassumere in una sola frase:

"Che battuta si merda...."

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