capitolo primo: 𝑊ℎ𝑦

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La ragazza dalle dolci labbra rosa si aggirava per la stanza con le mani negli spettinati capelli corvini che avevano deciso di rifiutarsi di stare al loro posto.

«Signorina... Il test è positivo. Lei è incinta, congratulazioni!»

disse la dottoressa, un po' intimorita dall'espressione della giovane.
Congratulazioni un cazzo!
Incinta? Com'era potuto accadere? Lei e Carlh - il suo ragazzo - avevano preso le dovute precauzioni, era sempre stata attenta a farlo nei giorni meno fertili, eppure ora era incinta.
Lui sarebbe andato su tutte le furie.
Sentì gli occhi pizzicare e le lacrime affiorarono minacciose.

«Arrivederci, la ringrazio!»

Esclamò, uscendo di corsa dallo studio della ginecologa e facendosi largo tra le varie sagome senza volto che le sfrecciavano accanto senza che lei potesse distinguerle.
Le si appannó la vista e sentì le guance calde. Stava piangendo e non poteva farci nulla.
Cercò di bloccare le lacrime strofinandosi le mani sul viso, inutilmente. Di punto in bianco, un'oscurità implacabile si abbatté sulla ragazza e sentì qualcosa di freddo sul viso, poi blackout.

«Ha perso i sensi da un'ora ormai... Aspetti, sembra essersi svegliata!»

esclamò una voce fin troppo acuta per i gusti della corvina, che riaprì gli occhi e venne accecata da un bagliore bianco.
Davanti a sé vi erano due sagome non ben distinte, che pian piano divennero nitide. Oh merda!

«Amore, cosa è successo?»

Chiese il ragazzo dai folti capelli rossi, con un'espressione di pura preoccupazione nel bel volto dai lineamenti sottili e delicati: il naso grazioso e all'insù, le labbra sottili e di un rosa acceso, le gote morbide e la mascella ben marcata.

«Possiamo parlarne a casa... Ti prego»

lo supplicò la ragazza, tirandosi a sedere sul lettino e rimettendosi in piedi. L'infermiera, una donnetta tutta tonda con un buffo accento Albanese, le diede mezza Tachipirina per il mal di testa e la rispedì a casa, a bordo dell'auto bianca di Carlh, il quale le mise una mano sul ginocchio, stringendolo lievemente per poi accarezzarle la coscia.

«Mi hai fatto prendere uno spavento...»

Sussurrò lui, stringendole la stoffa dei pantaloni come per assicurarsi che lei fosse realmente lì con lui

«Scusami, amore. Non mi sono sentita molto bene quando sono uscita dallo studio della dottoressa»

Disse lei, sbrigativa, mettendosi una mano sul ventre e accarezzandosi un po'. Piccolo rompi scatole, che ci fai qui...? Da dove sei spuntato? Non dovresti essere dentro di me.
Sospirò, portando lo sguardo sul paesaggio che scorreva al di fuori dell'automobile.
Una volta arrivati nella piccola ma graziosa casetta dalle pareti bianche, entrarono e si sedettero sul divano. Lui prese una bottiglia di vino bianco e ne offrì un calice alla ragazza.

«Ne vuoi, Dayla

Le chiese lui, ma lei esitò, guardandosi la pancia. Scosse il capo lievemente e gli sorrise.

«Cosa non mi stai dicendo, piccola?»

Domandò, sedendosi di fianco a lei e sorseggiando il liquido fresco mentre la osservava pensieroso.
Dayla prese un respiro profondo e lo fissò negli occhi, seria, terribilmente seria, con un'aria da adulta anche se in realtà aveva appena compiuto i diciannove anni.

«Sono incinta»

Rapido, veloce e indolore... O almeno così credeva, ma vedendo l'espressione di Carlh, che era un misto tra rabbia, disgusto e qualcosa che non riusciva a cogliere, si dovette ricredere. Il dolore c'era eccome, anzi, era perfino palpabile da quanto fosse acuto.

«Amore... Di' qualcosa, qualunque cosa...»

Lui si alzò, prendendo la propria giacca, infilandosela un braccio alla volta, per poi afferrare la bottiglia di vino e buttarla giù tutta d'un fiato. Dayla lo guardò scioccata, incredula, forse anche delusa dalla sua reazione.
Quando lo vide uscire dalla porta, si alzò e lo afferrò per una manica.

«È anche il tuo bambino... Non puoi abbandonarci così!»

Esclamò lei, con le lacrime agli occhi, che però ricacciò giù assieme ad un groppo alla gola che le avrebbe impedito di parlare.

«Facci quello che vuoi, non me ne frega un cazzo. Sono troppo giovane per questa merda!»

Rispose lui, strattonando via il braccio. Lei rimase a bocca aperta e la rabbia si fece strada nel proprio stomaco. Strinse i pugni ed iniziò ad urlargli contro insulti ed imprecazioni varie.

«E a me non pensi?! Sono ancora più giovane di te! Questo.... Coso è anche tuo! Non puoi liquidare anche questo come fai con tutto quello che non ti sta bene!»

Le parole uscirono dalle sue labbra senza un freno. Quando se ne accorse, si portò una mano alla bocca, soffocando un singhiozzo sconnesso.
Lui la guardò impassibile e prese il telefono da sopra il bancone in marmo della cucina.

«E tu abbi il coraggio di dirlo a tua madre... Io con te ho chiuso. Non ti azzardare a darmi la colpa di quella cosa! Stai alla larga da me!»

Si tirò la porta dietro, facendola sbattere rumorosamente e lasciandola da sola, in balia di un fardello più grande anche di sé.
Cosa avrebbe detto a sua madre? E lei come l'avrebbe preso?
In realtà il quesito più grande era suo padre, che aveva aspettato i trentacinque per avere lei. La avrebbe spedita fuori di casa? L'avrebbe odiata per tutta la vita?
Qualunque cosa sarebbe successa, lei e il suo Coso l'avrebbero affrontata. Si mise una mano sul ventre e scoppiò a piangere, accasciandosi sul pavimento senza più parole e senza la forza di reggersi in piedi, scossa dai singhiozzi che le nascevano in gola e non riusciva a bloccare.

«Perchè Coso.? Perché sei arrivato così presto? Avresti dovuto aspettare un altro po'... Non sono pronta per averti...»

Sussurrò, alzandosi a tentoni e trascinandosi barcollante fino al letto nella propria camera.
Si stese sotto le morbide lenzuola, ancora in balia dei singhiozzi e delle lacrime, con il cuore infranto e un peso in più nello stomaco.

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Spazio autrice:

𝓗𝓲 𝓰𝓾𝔂𝓼 𝓪𝓷𝓭 𝓰𝓲𝓻𝓵𝓼!

Spero che vi piaccia la mia storiella, anche se è iniziata in modo un po' triste... Ammetto che non ho idea di come andrà avanti e sono più curiosa io di voi, probabilmente!
PS. Uscirà un capitolo ogni venerdì :3

𝓛𝓸𝓽𝓼 𝓸𝓯 𝓴𝓲𝓼𝓼𝓮𝓼, 𝓘 𝓵𝓸𝓿𝓮 𝔂𝓸𝓾 𝓪𝓵𝓵!

𝑵𝒊𝒏𝒆𝒕𝒆𝒆𝒏Where stories live. Discover now