14. Incubi

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Finalmente posso tornare a casa. Dopo una giornata di scuola è la cosa migliore che possa esistere.
Non vedo l'ora che sia oggi pomeriggio, così andremo a fare una passeggiata in spiaggia, il mio posto preferito da quando ne ho memoria. Mamma e papà mi hanno sempre raccontato che fin da quando ero piccolissima amavo stare al mare e nuotare. E lo amo ancora adesso, così come lo ama anche mia sorella. Una settimana fa per il nostro compleanno ci hanno portato proprio in spiaggia. Quando siamo tornati la sera, ci hanno dato il nostro regalo: due speciali bracciali uguali, uno a testa, ma i diamanti incastonatevi, sono di colori diversi.
A fianco a me, mia sorella chiacchiera e sorride solare, con le sue scarpe bianche con la zeppa alta, le sue preferite. Ricordo quando le ha comprate. Era in terza superiore ed era tornata a casa così contenta.
Insieme ci dirigiamo verso casa, percorrendo una piccola strada che attraversa il boschetto attorno alla nostra abitazione. È una scorciatoia che prendiamo sempre per arrivare prima sia a casa che a scuola, anche se per fortuna è molto vicina anche senza scorciatoie.
Non ci mettiamo neanche cinque minuti e già intravediamo il tetto della nostra piccola villetta di campagna. Ci sorridiamo a vicenda per poi aumentare il passo quasi a fare una piccola corsetta, fino ad arrivare all'ingresso del grande giardino che circondava la casa.
Davanti a noi, si para un vialetto in mattoni circondato da piccoli cespugli ricoperti dai più belli e svariati fiori. Mia madre li ama.
Quando la troviamo intenta a sistemarli, ci racconta sempre che quando era più giovane, sua madre possedeva una serra e che una volta compiuti i sedici anni, l'affidò a lei.
La villa, come ho detto prima, non è molto grande. La facciata era dipinta di bianco con qualche mattone a vista qua e là. Le grandi finestre coprono gli angoli superiori, mentre l'enorme porta a due ante è fatta di legno scuro. Mia sorella ha sempre detto di vederci una grande faccia sorpresa dal panorama, dato che dalla casa si può vedere il mare.
Senza esitazioni percorriamo il vieletto, arrivando in pochi secondi alla porta d'ingresso, trovandola aperta.
Che strano, mamma e papà ci tengono molto a tenerla chiusa.
Nonostante viviamo in un posto parecchio isolato dalla città, i miei genitori hanno sempre voluto tenerla chiusa, a meno che tutti e due non fossero in giardino.
Ho una pessima sensazione.
Allungo la mano, spingendo il portone, trovandolo più pesante di quanto ricordassi. Mia sorella mi si avvicina, aiutandomi a spingere. Una volta aperta la porta, un pungente odore di ferro si propaga nell'aria.
Il mio sguardo cade all'istante sulle scale che portano al primo piano, trovandole deserte.
Un urlo assordante mi trapassa le orecchie, facendomi portare lo sguardo davanti a noi. La scena che mi si para di fronte mi immobilizza totalmente.
Davanti a noi, un'enorme pozza di liquido denso e rosso macchia interamente il tappeto del salotto, raggiungendo il pavimento di piastrelle, un tempo bianche.
Vedo mia sorella avvicinarsi ai due corpi immersi in quella grande macchia di sangue, prima di cadere in ginocchio davanti ai due stesi a terra in posizione innaturale, ma lei non è la ragazza che era al mio fianco un attimo fa. Adesso è una piccola e ingenua bambina, e indossa il grembiule bianco scolastico che in meno di un secondo si macchia di sangue, mentre sulle spalle porta uno zainetto rosa.
Adesso, tutto intorno a noi, non c'è più l'odore di ferro, rimpiazzato da uno forte e disgustoso di morto.
Non so come riesco a trovare la forza di avvicinarmi, ma una volta inginocchiatami accanto a lei, i miei vestiti si sporcano di liquido rosso, il mio corpo non risponde più ai miei comandi, rimanendo immobile come una statua, bianca come un lenzuolo, con gli occhi sgranati e la bocca aperta. Un dolore lancinante si propaga nel mio petto, ancor peggiore di diecimila pugnali, mentre un'immensa sensazione di vuoto colpisce il mio stomaco.
Avrei preferito conficcarmi un coltello nel cuore, piuttosto che assistere a questo.
Un rumore sordo colpisce le mia orecchie e in meno di un secondo davanti a noi si propagano delle alte e pericolose fiamme. Il calore riempie tutto il mio corpo, ma non riesco a muovermi, non riesco a fare nulla, come se non fossi la padrona del mio corpo.
No... No, non è vero.
Le fiamme ingoiano ogni cosa al loro passaggio, dalle sedie, al divano, fino ad arrivare ai due corpi stesi a terra, che iniziano immediatamente a carbonizzarsi. Un secondo grido giunge alle mie orecchie ma stavolta non è stata mia sorella. Quella voce... era la mia.

<<Martina-ya svegliati!>>mi sento scuotere.
Apro gli occhi all'istante, alzandomi di scatto a sedere, con il fiato corto. Non mi ero nemmeno resa conto di star sudando fino a che una goccia di esso non cade sui miei pantaloni.
Mi ritrovo sull'erba della pineta dove mi ero sdraiata quando mia sorella aveva proposto di rilassarci dopo essere stati in gelateria. Seduto accanto a me, Law mi guarda attentamente con le braccia incrociate al petto. Solo ora ricordo che Ace si era diretto ad una piccola scogliera ad un paio di kilometri da qui e Giada lo aveva raggiunto dopo aver comprato da bere. Devo essermi addormentata dopo che si era incamminata.
<<Tutto ok?>>mi domanda il chirurgo, anche se non sembra per niente preoccupato o impensierito per me.
<<Ti stavi agitando nel sonno, poi hai gridato e ti ho svegliata>>continua.
<<Sto bene>>mi volto un attimo accanto a me, vedendo una bottiglietta d'acqua. L'afferro all'istante aprendola e la verso un po' sulla mano per poi portarmela al viso, sciacquandolo. L'acqua fresca mi fa subito sentire subito meglio, così ne verso anche un po' sul collo, per poi richiuderla e rimetterla dov' era prima.
Il caldo sole di inizio maggio fortunatamente viene coperto da grandi alberi, creando svariate e grandi ombre sul prato, evitando così di scottarci, rendendo la piccola pineta ancora più bella e tranquilla, ma non possiamo stare ancora fuori a lungo. Anche se siamo all'ombra, inizia a fare un caldo assurdo e pagherei per mettermi sotto il condizionatore in questo momento.
Dopo pochi minuti, vedo Ace e Giada dirigersi verso di noi.
<<Andiamo?>>domando spazientita.
La ragazza annuisce, così mi alzo seguita da Law.
<<Marty stavo pensando, perché non portiamo i ragazzi a fare shopping? Hanno bisogno di nuovi vestiti non possono continuare a indossare questi>>mi dice Gida affiancandomi.
<<No>>.
<<Come no?>>.
<<Aspetta, aspetta, fammi pensare. No>>ribatto.
<<Presto moriranno dal caldo, specialmente Law con quella giacca e i pantaloni lunghi!>>.
<<Quanto mi dispiace>> affermo sarcastica.
<<Martina!>>.
<<Anche se dicessi di sì, dove prenderesti i soldi?>>.
Lei sembra rifletterci.
<<Ehm...>>.
<<Io avrei un'idea>>dico.
Lei mi guarda,capendo al volo.
<<Martina no!>>.
<<Oh, invece si>>.

The Witch Of HeartsWhere stories live. Discover now