1

7.5K 443 150
                                    

30 novembre;
il giorno successivo sarebbero ufficialmente cominciate le vacanze natalizie, sì proprio quelle che sarebbero durate fino al 6 gennaio. Oh no calma però, la mia non era la Scuola delle Meraviglie dove le vacanze durano un mese ed i compiti sono un optional, semplicemente era stata anticipata la chiusura dei cancelli per via di una disgustosa disinfestazione... altro che meraviglie. Certo, la cosa entusiasmava me e tutti i restanti 1566 alunni della scuola, ma infondo un po' mi dispiaceva perché... beh andiamo, a chi è che non piace poter stare tutti i giorni con i propri amici? Non contando le interrogazioni, i compiti a sorpresa, i pettegolezzi della bidella del terzo piano ed i chewing gum sotto i banchi, erano pur sempre sette ore di divertimento assicurato.
Sta di fatto che di amici, o meglio di amici veri, ne avevo ben pochi; li avevo scelti e a loro volta loro avevano scelto me, nonostante (o forse proprio per quello) il mio strano modo di essere. Meglio pochi ma buoni però, no?
Ma ritornando alle mie lamentele, io che ero figlia unica cosa avrei fatto per 37 lunghi giorni? Non amavo uscire se l'unico motivo era 《prendere aria》, come lo definiva mia madre (in realtà non amavo uscire in generale)... ero una sottospecie di Vampiro. Dall'altro lato però sapevo di non poter passare le vacanze a bruciarmi le cornee davanti ad uno schermo, anche se ahimé, adoravo rimanermene in casa ad ascoltare la musica, disegnare o scrivere, senza essere disturbata da nessuno... sì, la mia era una mentalità abbastanza contorta.
In quel momento erano quelle le mie uniche preoccupazioni, ed erano abbastanza insistenti da coprire le urla che risuonavano per i corridoi mentre io e la mia classe scendevamo per le scale della scuola, brulicante in ogni dove di teste colorate e nuvole di fumo. Eravamo tutti pronti per uscire ed assaporare una splendida sensazione di libertà, quella che un semplice fine settimana non può dare.

《Allora ci vediamo in questi giorni, e mi raccomando Sam, non farti inghiottire da un ennesimo libro.》

Tra risate, baci e abbracci, fu così che io ed i miei amici ci salutammo, il tutto accompagnandolo con un sorriso e qualche maliziosa battuta da adolescente poco intelligente. Fu a quel punto che ci separammo prendendo ognuno la propria strada di casa.
Svoltai l'angolo e un soffio di vento mi solleticò il naso. Faceva abbastanza freddo quel giorno, ma a me piaceva da morire; amavo il freddo e amavo la neve, il ghiaccio e tutte le opere d'arte che ogni anno l'inverno era capace di donare agli emisferi... tutto questo nonostante non avessi mai avuto l'occasione di affondare la mano nella neve fresca, non sapessi se fosse soffice o acquosa, non avessi mai visto una stalattite sciogliersi al sole: la mia era una metropoli al sud dell'Italia, troppo a sud perché la neve potesse arrivare senza far fatica (inoltre eravamo bagnati dal mare, e l'umidità non era mai poca). Eppure qualsiasi cosa che procurasse i brividi al tatto, io l'adoravo, e non mi creavo il problema a camminare senza cappello o col cappotto aperto, anche se puntualmente tornavo a casa e subivo una ramanzina di più o meno un quarto d'ora da mia madre. Lei diceva che non era possibile che non sentissi il freddo, era convinta che lo facessi solo per imitare i miei amici o attirare la loro attenzione, ma al contrario di me, i miei amici erano sempre coperti dalla testa ai piedi, e che fosse all'andata o al ritorno da scuola, una festa o una scampagnata, le conversazioni non potevano definirsi tali se almeno una sola persona non aveva imprecato concludendo con "che freddo!". Mi chiamavano Jack Frost, e per me era uno splendido complimento. Amavo quella figura mitologica, era come uno spirito guida per me, un Maestro da cui apprendere l'Arte ammaliante e misteriosa della stagione più odiata, l'incarnazione della delicatezza e della distruzione al tempo stesso. Essere paragonata a lui non mi dispiaceva affatto, e vi dirò di più, io credevo in lui. Non mi piaceva attribuire le nevicate, le strade ghiacciate e le condense che ci escono dalla bocca assieme ad ogni parola, ad una semplice condizione meteorologica, no no. Tutto questo lo attribuivo a lui, era lui che dava vita all'inverno per me, ne ero convinta.
Pensateci, siete mai scivolati su una strada ghiacciata? Siete mai stati presi alla sprovvista da una palla di neve? E se vi foste semplicemente trovati ad essere vittime di Jack Frost?

Ma come, a sedici anni vai a credere ancora a queste sciocchezze? È solo una favola! mi avrebbe detto chiunque -uno dei motivi per cui nessuno era a conoscenza di questo mio piccolo e strano Credo-. Beh, prima di tutto la sua non era una favola ma un mito, e secondo, sì, andavo a credere ancora a queste sciocchezze (che per me tanto sciocchezze non erano). Nonostante questo però, la piccola parte del mio cervello ancora dotata di raziocinio aveva sempre una forte paura che Jack Frost non esistesse davvero... infondo come ho detto, il suo era un mito. Io però continuavo a darmi speranza ricordando che i miti non sono solo la fantasia di qualcuno che non sa spiegarsi gli eventi in modo razionale, devono avere anche un fondo di verità. L'avevo letto in un ennesimo libro, e lui era reale, me lo sentivo.
Che ridere però, anche se l'avessi mai avuto di faccia non avrei comunque avuto la possibilità di riconoscerlo: su Internet (mi ero davvero sbizzarrita in ogni dove per fare ricerche) veniva descritto come un brutto spiritello vecchio, dispettoso e dalle orecchie a punta, nei libri invece era rappresentato come un adolescente dall'aspetto immutabile, iridi azzurre, capelli bianchi e un lungo bastone ricurvo all'estremità con il quale incanalare l'energia... credo che tutti avremo preferito fidarci dei libri.
Interruppi i miei pensieri quando arrivai sul pianerottolo di casa e mia mamma aprì la porta per farmi entrare. La salutai seguendola in cucina.

《Com'è andata a scuola?》

《Mh, bene? Sempre le solite cose credo, nessuna novità.》

《Wow che entusiasmo, ti ricordo che sono cominciate le vacanze natalizie.》replicò con fare sarcastico.

Sbuffai, forse in una maniera più teatrale del dovuto, ma era diventato noioso ripetere lo stesso discorso tutti gli anni《Lo sai come la penso. Ora come le passo queste settimane? Per colpa della disinfestazione ci hanno anche allungato i tempi! Non ho voglia di passare le vacanze chiusa in un centro commerciale, o magari giù al negozio con te ad incartare confezioni regalo di bottiglie di vino,》

《Fammi indovinare, "dovendo augurare buon Natale a tutti con una paresi agli angoli delle labbra?"》

Abbozzai un sorriso che evidentemente non andava molto d'accordo con la frustrazione che sentivo, perché ne uscì solo una smorfia pietosa《vedo che hai capito, e se te lo stai chiedendo no, non ho nemmeno voglia di ritirarmi davanti al computer. Non ho intenzione di buttare le giornate così.》

《La stai facendo più tragica di quel che è,》disse, spegnendo il fuoco sotto ad una pentola《le vacanze sono piene di occasioni, soprattutto per voi che potete ancora definirle tali.》
Quasi lo disse come un rimprovero, e sentii del senso di colpa con un non so che di imbarazzante affiorare.
Magari state pensando sia stata esagerata, ma vi assicuro che il disappunto che provavo lo sentivo tutto, e dritto in mezzo agli occhi: sapevo che le volte che sarei uscita con i miei amici sarebbero state al massimo due (potevamo anche avere 16 anni a testa, alcuni 17, ma non riuscivamo ad organizzarci neanche per andare a mangiare un gelato), il che non forniva nemmeno un'opportunità per fuggire dalle lezioni di giardinaggio e la passione per le piante che mio padre si ostinava a volermi trasmettere. Ho il pollice nero, come posso spiegarglielo senza dirgli che ho fatto morire il ficus che mi aveva affidato?

Il corso delle mie vacanze era già segnato.

A quel punto mia madre abbassò lo sguardo nascondendo un sorriso che riuscii ad intravedere dietro i lunghi capelli biondi, come se avesse dimenticato il tono di rimprovero di pochi istanti prima. Poi si voltò indietro facendo cenno a mio padre di entrare in cucina.

《Ciao pà.》accennai distrattamente pur sapendo che non lo avevo minimamente calcolato entrando in casa da scuola, e mi dispiaceva. Altro senso di colpa. Che figlia egoista che ero.

Lui non rispose, semplicemente mi sorrise e si affiancò a mia madre. Anche lei mi sorrideva, e capii che quei due mi stavano nascondendo qualcosa.

《E se ti dicessimo che quest'anno abbiamo altri programmi?》mio padre continuava a tenere gli angoli delle labbra sollevati, mentre i miei occhi passavano dall'uno all'altra alla ricerca di una qualche espressione più decifrabile, un qualcosa che mi lasciasse almeno intuire quello che stava succedendo. Si scambiarono un ennesimo sguardo, e con un sorriso ancora più grande presero un grande respiro prima di parlare; sembravano molto orgogliosi di ciò che stavano per dire, io al contrario avevo cominciato a far schioccare le dita con i pollici di entrambe le mani, gesto che ripetevo ogni qual volta iniziavo ad innervosirmi. 

《Cosa c'è di così importante?》

《Sam, quest'anno passiamo le vacanze di Natale sulla neve.

Freddo come Frost (in revisione)Où les histoires vivent. Découvrez maintenant