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I due uomini, grandi, adulti e vaccinati si erano piazzati su due altalene in un parchetto giochi. Inizialmente dei bimbi li avevano guardati male, sperando di intimorirli così che gli potessero cedere il posto sulla giostra ambita, ma i due adulti mocciosi ed insolenti non cedettero, e Virgilio sfoggiò uno sguardo gelido e malvagio.
Era al tramonto ed i ragazzini avevano da poco rinunciato all'altalena, tornando a casa con la coda tra le gambe, maledicendo quei due vecchi.

Gli uomini oscillavano quasi in perfetta sincronia e ad un tratto una folata di vento, mista alla velocità raggiunta sull'altalena fece cadere a terra la coroncina di alloro all'antico e sfilare l'infula al medievale, i due risero di gusto guardandosi attentamente, non curandosi degli oggetti caduti.
Virgilio non aveva mai visto i capelli del fiorentino, erano corti, molto scuri, quasi mori, ma avevano un riflesso sul rosso, come quei legni particolari rossastri.

Lo scrittore antico iniziò a decelerare, e distolse lo sguardo per concentrarsi sul tramonto, seguito subito dopo da Dante. L'altro si lasciò sfuggire un sospiro malinconico, e Alighieri non poté fare a meno di voltarsi a guardarlo, in quel momento la luce rosea e aranciata del tramonto creava chiariscuri forti sul volto del più grande, e se possibile sembrava brillare di una fioca luce propria. Forse per la sua carnagione troppo pallida, che rifletteva come un'aurea tutti i colori che lo sfioravano, e in quel momento le luci calde e pacate del tramonto lo rendevano ancora più etereo, più bello.

Il fiorentino si ritrovò ad arrossire quando si rese conto di ciò a cui aveva appena pensato, ma nonostante questo non riuscì a togliergli gli occhi di dosso, in fondo si trattava di semplice oggettività. Quelle ciglia lunghe e poco più scure del biondo dei capelli si poggiarono morbide sulle sue palpebre inferiori, per poi riaprirsi lentamente, seguendo il movimento e l'andatura degli occhi, che si erano posati proprio su Dante, interrogativi. Il poeta sorrise imbarazzato e distolse subito lo sguardo, concentrandosi nuovamente sul tramonto.
E questa fu la volta di Publio a lasciare da parte i suoi pensieri, per ammirare il suo allievo, anche lui era attirato dai chiaroscuri che la luce del tramonto gli dipingeva sul volto squadrato e fortemente mascolino, dalla mascella forte e possente, dagli zigomi alti e spigolosi e quel naso aquilino per cui tutti lo prendevano in giro dicendogliene di tutti i colori "naso gigante" "naso storto" quando in realtà non sporgeva più di tanto, era fino e simmetrico, perché per storto la gente intendeva indicare erroneamente la forma tipica aquilina, quando "storto" ha tutt'altro significato. Gli stava benissimo quella forma sul volto, e non capiva la facilità di giudizio con cui tutti lo sfottevano.
Le uniche due cose delicate che contrastavano col resto erano quegli occhi nocciola giganteschi dal taglio all'insù, e quelle labbra rosee né fine, né carnose, che nei due punti di incontro tra labbro superiore ed inferiore sembravano creare delle soffici fossette.

Continuarono in silenzio con questo scambio di sguardi, due rincretiniti che bramavano gli occhi dell'altro su di se, ma che appena vedevano questa possibilità realizzarsi, rivolgevano nuovamente l'attenzione all'orizzonte, senza darsi la possibilità di incontrarsi.

Ed ecco che il maestro lasciò sfuggire un altro malinconico sospiro...chissà a cosa stava pensando in quel momento. Nelle sue espressioni, sia positive che negative aveva sempre quella sfumatura di malinconia.

Quando il cielo è pieno di nuvole candide come la neve, la luce del sole viene filtrata da esse, e tutti gli oggetti e gli esseri che si trovano sotto a lei (senza altri tipi di illuminazione) mantengono quasi puramente il loro colore naturale, perché la sfumatura del sole non penetra e nulla risente della sua influenza.

Quando la luce non trova barriere tra cielo e terra invece, scende e colpisce le cose, tutto quello che ci circonda viene inondato, "sporcato" e contaminato, senza eccezioni, dal gradiente del colore della luce.
Un denominatore comune nei paesaggi.
Virgilio era un cielo limpido, e la malinconia era il suo sole, che illuminava tutto ciò che era in lui, influenzando tutte le sue espressioni e stati d'animo, potendoci trovare quel pizzico di luce colorata, quella parte di malinconia, che in lui era ovunque. Se rideva, se era arrabbiato, felice, imbarazzato, deluso, lo era sempre con quella sfumatura malinconica. Quel tipo di cielo e di luce rendeva leggermente più difficile capire esattamente il colore naturale delle cose, ma l'atmosfera era meravigliosa e Dante preferiva i "quadri" con lo stesso gradiente in tutto.

"Dante!" Il più grande ruppe il silenzio quasi rozzamente, girandosi rapidamente verso l'altro, a cui prese un colpo, perché credeva si fosse scocciato delle sue occhiate insistenti e sfacciate.

"Posso...ehm" Continuò schiarendosi la gola dopo che gli era uscito un suono rauco e smorzato.

"Posso toglieme na curiosità?" Disse con la voce finalmente normale.

"Se ne fossi in grado lo farei sicuramente, dimmi!" Rispose cordiale il fiorentino.
L'altro prese con decisione la catena dell'altalena di Alighieri, avvicinandola repentinamente alla propria e mentre la seduta continuava ad oscillare lateralmente, si decise a porre la sua domanda.

"Prima eri tutto 'Bea de qua, Bea de là, Bea de su, Bea de giù' Che pareva che c'aaveva solo lei! Dante dimme na cosa... a te ora come ora, questa donna t'acchiappa ancora er core? Tu...tu hai iniziato a non parlanne più da 'n ber po'..." Chiese tentando di nascondere un'espressione scocciata e si, senza ombra di dubbio velata dalla gelosia, ma non riuscendoci del tutto.

Cosa poteva accadere nella mente di una persona se avesse scoperto tutto ad un tratto che la donna che aveva sempre voluto, il suo più grande desiderio, il suo sogno, dal nulla si fosse trasformato in un lontano e sbiadito ricordo di un sentimento flebile, flebilissimo, seppur dolce?

Era un peso fastidiosissimo, un qualcosa che si è pensato di amare con tutte le forze, si rivelava poco più che una stupida fantasticheria infantile, l'amore era un sentimento più serio, un poeta come lui avrebbe dovuto accorgersi che quella forte passione non era indirizzata a Beatrice, bensì all'amore per l'amore. ll tempo sprecato dietro lo fece sentire vuoto, la stessa desolazione che forse lo aveva portato a fissarsi di amare quella sconosciuta. Ne stava dubitando già dal viaggio all'inferno, ma effettivamente solo dopo la domanda del suo maestro poté finalmente rendersi conto di questa verità, farla passare nel suo conscio.
Dante restò a lungo in silenzio lasciando il suo maestro in attesa. Virgilio aveva chiuso nel suo pugno sia la catena della propria altalena ed ancora quella dell'altro. C'era solo lo spessore di una mano chiusa a separare i loro visi ed il più grande sentiva sulle nocche il respiro caldo e regolare dell'altro, che sembrava perso nel suo mondo.
Lo contemplò ancora per un po' fino a che Alighieri decise di ricambiare lo sguardo, volendo provare a rispondere a quella fatidica domanda, ma le parole non gli vennero, morivano in gola.

Il più grande fraintese quel silenzio, pensando di aver osato chiedere troppo, invadendo fatti personali ed incondivisibili, perlomeno con lui.

"Scusami..." Sussurrò Virgilio allontanando due dita dalla stretta sulle catene, per sfiorare impercettibilmente le guance dell'altro, e subito dopo questo contatto, lasciò andare l'altalena del fiorentino, che ritornò al suo posto, oscillando più distante.

"Nun so cose che me riguardano, hai ragione!" Continuò imbarazzato.

"Ma io non ho..." Tentò di replicare il più piccolo, ma l'altro era già sceso dalla giostra raccogliendo l'alloro e l'infula e rincominciando a camminare.

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Salve! Scusate se vi ho fatto una testa tanta su quella che praticamente è la teoria del colore e delle luci. Credo di non essere riuscita a pieno a spiegarmi. Perdonateh

Di nuovo a caso, Dante vestito con gli abiti di Virgy

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Di nuovo a caso, Dante vestito con gli abiti di Virgy.

Non so, Dio dice che...Where stories live. Discover now