«Sei agitata?» le domandò lui. «Non dovresti, sappiamo entrambi che sei fantastica e che hai davvero la possibilità di vincere.»
A sentire quelle parole, Marinette si senti avvampare ancora di più, ora anche il collo era bollente e le braccia, il petto, le mani e perfino le punte dei piedi. 

Se Adrien Agreste stava macchinando un piano per ucciderla, pensò, aveva scelto di sicuro il metodo migliore.

Annui, disposta a dire qualunque cosa purché smettesse, perché ogni parola carina che lui diceva nei suoi confronti la mandava in brodo di giuggiole più di quella precedente e il suo cervello iniziava ad assuefarsi a tutti questi complimenti e, probabilmente, a breve non sarebbe più stato in grado di funzionare. 

Marinette si sedette sulla poltrona, non si aspettava che Adrien si sarebbe seduto sul bracciolo proprio accanto a lei.

Il braccio di lei sfiorò il suo fianco, avvertiva il suo calore, poteva annusare il suo profumo.
Deglutì e inspirò a fondo, cercando di calmare i battiti del proprio cuore. Possibile che lui non si rendesse conto di ciò che le stava facendo? Marinette sapeva che voleva solo confortarla e farle sentire il suo supporto, ma in quel momento avrebbe dato qualunque cosa perché lui fosse dal lato opposto di Parigi. Aveva invaso il suo spazio personale e, per quanto le sarebbe piaciuto che accadesse ogni giorno della sua vita, averlo accanto il momento simile complicava solo le cose. 

«Andrà tutto bene.» disse lui, senza sapere di essere diventato parte della sua agitazione.

Lei annuì senza guardarlo, sapendo che non si era ancora accorto delle occhiate che tutti stavano lanciando loro.
«Ti ringrazio per essere qui.» gli disse. Ma preferirei che potessimo incontrarci dopo, per un appuntamento al chiaro di luna, o per baciarci sotto la torre Eiffel... avrebbe voluto aggiungere. 

«Nessun problema, farei di tutto per te.» le rispose lui.

Qualcuno rise dall'altra parte della stanza, possibile che Adrien non si vedesse conto di ciò che stava facendo e di quello che potevano pensare gli altri?
«Adrien.» disse sottovoce. 

Aveva la gola secca al punto che le parole gliela graffiano. Tossì, con una mano davanti alla bocca e la frangia che le finiva negli occhi.

«Tutto bene?» le domando lui. «Ti vado a prendere un bicchiere d'acqua.»
Scappò via prima che gli potesse rispondere. Marinette amava questo lato di Adrien, le faceva desiderare ancora di più di poterlo sposare ma, se fosse tornato troppo presto, probabilmente gli avrebbe chiesto di portarle qualcos'altro pur di farlo allontanare. 

Una volta sola sospirò, si abbandonò contro la spalliera della poltrona e chiuse gli occhi. Qualcuno ridacchiò, ma non volle alzare lo sguardo per controllare se fosse a causa sua. Non le importava, in fondo, ciò che stavano pensando agli altri, perché sapeva bene che per Adrien era solo un'amica e probabilmente sarebbe stato così per molto tempo.

Sentì i passi di Nathalie ancora prima di vederla, poi si mise ritta e aprì gli occhi per capire cosa avesse da dire. Adrien non era ancora ritornato. 

«Potete entrare, adesso.» disse lei.

Tutti si alzarono, pronti a seguirla, solo Marinette si preoccupò di voltarsi e controllare se Adrien fosse in vista. Le dispiaceva sapere che una volta tornato non l'avrebbe trovata più lì, ma era certa che avrebbe capito. Adrien era sempre stato un tipo comprensivo, forse anche troppo.
Seguirono Natalie fino agli ascensori, lei indicò loro di dividersi e salire separatamente fino al settimo piano, dove li avrebbe aspettati il signor Agreste. 

Marinette finì nell'ascensore con due ragazzi, uno dei due ancora la guardava di sottecchi, lei gli lanciò un'occhiata cercando di comunicargli con lo sguardo di passare oltre, lui rise ancora, ma incrociò le braccia dietro la schiena e si voltò verso lo specchio.

Quando il loro ascensore si aprì Nathaile e gli altri erano già lì, li aspettavano nel corridoio, in fondo ad esso riuscivano ad intravedere una caffetteria e, ancora oltre, una grande vetrata dava sull'ufficio di Gabriel Agreste. E lui era lì, proprio davanti alla porta, si sistemava la cravatta con un plico di fogli sottobraccio. Andò loro incontro appena li vide.
«Buongiorno.» disse loro.
Marinette deglutì, anche se l'aveva già incontrato di persona, anche se gli aveva già parlato diverse volte, averlo davanti la metteva comunque in soggezione. Assurdamente si sentiva più in ansia di quanto fosse stata quando aveva dovuto salvarlo come Ladybug. Quelle volte era tutto nelle mani sue e di Chat Noir, ma ora l'uomo l'avrebbe giudicata e, nonostante non fosse una questione di vita o di morte, era ben più terrorizzata. 

Lui e Nathalie non li condussero verso l'ufficio, ma verso una porta sul lato opposto del corridoio. Lasciarono che entrassero tutti, Marinette fu l'ultima ma, prima che potesse unirsi agli altri, il signor Agreste la fermò.

«Signorina Dupain-Cheng.» disse «mi permette?»
Prima che lei se ne rendesse conto l'uomo aveva infilato una mano sotto i suoi capelli e, mentre la guardava di sottecchi, le sfiorò il lobo dell'orecchio. 

«Orecchini molto interessanti, non trovi, Nathalie?» domandò all'assistente. Lei non rispose, ma lui non diede segno di averlo notato. «Li indossa spesso?»

Marinette deglutì, si fece indietro. Là dove il dito di lui l'aveva sfiorata aveva la pelle d'oca.
«Sono solo orecchini.» rispose. Strinse la borsetta contro il fianco e seguì gli altri nella stanza.

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⏰ Last updated: Jan 17, 2020 ⏰

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