XV.

2.4K 85 5
                                    

"Biscottino, ti sembra il caso di farmi accorrere in un Istituto di Shadowhunters, nel bel mezzo della notte, per chiedermi di aiutarti a traslocare? "

Sharon aveva spiegato a Magnus la situazione. Le sue cose, nel suo appartamento, dovevano essere portate da lei.

"Che ti costa? Crei un Portale. Casa mia l'hai rivista, in quella visione del demone, mi crei un Portale e io ci vado dentro, prendo le mie due cose e le riporto di qui." spiegò.

Magnus sbatté le palpebre.
"E non puoi fare da sola?"

Sharon lo guardò scioccata.
"Certo che no, come faccio? Non posso creare Portali." replicò convinta.

"E poi, credo sia vietato." aggiunse Magnus.

"Proprio non hai voglia di aiutarmi?" si spazientì Sharon.

Magnus sorrise saccente.
"Oh, biscottino, ma io ti aiuto già. Domani, ti lascio andare in perlustrazione in un appartamento con Alexander, che altri aiuti vuoi?"

Sharon aggrottò le sopracciglia.
Solo Magnus chiamava Alec Alexander.

"Ma a me non interessa Alec, quasi non lo conosco."

"Guarda che è una persona d'oro. Poi mi ringrazierai." disse ancora Magnus.

'Perchè ho a che fare con te?' si domandò Sharon stizzita.

"E va bene, biscottino, se davvero il tuo amore per i beni materiali supera qualsiasi altra forza, ti creerò un Portale." sbuffò, iniziando a tracciarlo.

E, nel giro di un minuto, i suoi libri, cornici, fotografie, soprammobili e qualche vestito a cui più teneva erano all'Istituto.

Trasloco: fatto!

****

Alec tornò dalla ricognizione piuttosto assonnato verso le cinque del mattino.
Disse a Jace di comunicare a tutti di non bussare alla porta della sua stanza fino a dieci minuti alla nove.

Avrebbe schiacciato un pisolino di quasi quattro ore, e sarebbe bastato per rimetterlo un po' in sesto.

Era dura anche ascoltare le battutacce di Jace.
Ci voleva pazienza, calma e sangue freddo per non mollargli un cazzotto dritto sui denti.

Arrivò nella sala principale dell'Istituto e salutò sbadigliando Jace, che si recò verso il vano scale per andare nella sua stanza.

Alec temporeggiò e, assicuratosi che non ci fosse nessuno in giro, sgattaiolò nell'obitorio.
Raggiunse il cadavere della signora Lee e lo scoprì dal telo, quindi gli fece una fotografia con il cellulare.

Era piuttosto certo che, oltre ad essere irrispettoso nei confronti del defunto, fosse proibito fotografare salme. Ma non aveva scelta: aveva come l'impressione che sua madre non gliel'avesse raccontata giusta, che volesse tenere lui, Izzy e Jace fuori dalla faccenda e lasciar fare al Conclave.
E, si sa, ogni volta che il Conclave cerca di immischiarsi in certe faccende, tutto va peggio.

Alec era certo che se la sarebbero cavata da soli; avrebbe chiesto l'aiuto di Magnus, se necessario, per identificare le ferite sul corpo della donna, ma non intendeva restare con le mani in mano mentre un demone - o, forse, poteva essere anche una persona - uccideva mondani, Nephilim e Nascosti.

Uscì dall'obitorio e, accertatosi di non essere visto, se ne andò in camera sua.
Si sdraiò nel letto, senza nemmeno togliere la tenuta e accese la stregaluce, che nel buio illuminò la fotografia sul cellulare. Alec la studiò, vide ferite che potevano essere attribuite ad un Behemoth, come in effetti aveva notato Sharon, ma poté constatare che stavolta tutto tornava: era davvero un Eidolon, nessun segreto che era stato tenuto nascosto.

Lasciò il cellulare sul comodino, spensa la stregaluce e prese subito sonno.

Si aspettò che qualcuno bussasse alla porta, ma quando si svegliò notò che le nove erano passate da qualche minuto.

Borbottando, Alec si alzò e prese l'arco da sotto il letto, dove l'aveva lasciato all'alba, lo stilo dal comodino e si precipitò al piano di sotto.

Al solito tavolo erano accerchiati già tutti i suoi compagni di avventure, tranne Magnus. Erano rimasti d'accordo che si sarebbero trovati direttamente davanti al condominio.

Alec si mise accanto a sua sorella, che gli sorrise.
"Siamo in ritardo, vi avevo detto di non venire prima delle nove, non di non venire e basta." osservò spostando lo sguardo su Jace, persona a cui aveva dato quell'istruzione.

"Devo aver capito male. - borbottò Jace - Comunque, siamo pronti per andare?"

Alec buttò un occhio in giro: vide, oltre Izzy e Jace, anche Clary vicino a quest'ultimo, con i capelli rossi raccolti, che stava fissando malamente Simon.
Il vampiro stava dicendo qualcosa a bassa voce, probabilmente qualche commento stupido o qualche battuta squallida.

Alec non capiva ancora cosa ci facesse esattamente il mondano - ora non più - in quell'Istituto.

Sharon, in tenuta da Shadowhunter, nascondeva un sorriso, sicuramente dovuto alle parole di Simon stesso, che si trovava accanto a lei.

"Direi di sì. - rispose Isabelle - Cosa hai detto a nostra madre?"

Alec fece spallucce.
"Nulla, perchè?"

Simon trovò che quello fosse un buon motivo per intervenire e far perdere la pazienza ad Alec.

"Stiamo per andare a perlustrare appartamenti mondani come ladri, senza permesso, come un gregge scoordinato, e tu non hai trovato una scusa da dire a tua madre, Capo dell'Istituto?" domandò per dare aria alla bocca, a parere di Alec.

Alec sospirò alzando gli occhi al cielo.
"Punto primo, non siamo ladri, è il nostro dovere. Punto secondo, mia madre si aggira facilmente perchè sta rinchiusa nel suo ufficio. Punto terzo, io sono maggiorenne, e pertanto posso dirigere una spedizione senza il permesso del Capo dell'Istituto. - spiegò il ragazzo - Qualche altra domanda, vampiro?"

Simon fece per aprire la bocca, ma Alec lo anticipò:
"Che non riguardi mia sorella, sia chiaro."

Simon richiuse la bocca.
"Ah, allora niente."

Isabelle sbuffò divertita.
"A volte sei iperprotettivo, fratellone, lo sai?"

"Sono d'accordo. - commentò Simon. Vedendo lo sguardo furioso di Alec, si affrettò ad aggiungere: - Okay, sto zitto."

"Ti conviene. Altrimenti ti scuoio e creerò borse con la tua pelle da vampiro." lo minacciò.

"Possiamo andare? " chiese Jace un po' spazientito, ma con l'adrenalina nella voce, quell'eccitazione che si percepisce prima di una missione.

Alec annuì, quindi si avviarono verso l'uscita dell'Istituto dopo essersi resi invisibili ai mondani.
Il tragitto non fu molto lungo: in breve tempo raggiunsero una locanda dove sul marciapiede, cento metri più in là, Jace gli aveva rivelato di aver trovato Sharon.

La ragazza era rimasta zitta per tutto il tempo, continuando a giocherellare con il manico della spada angelica che le pendeva dalla cintura delle armi.

Superato il locale, percorsero un paio di centinaio di metri e arrivarono alla via del condominio di Sharon.
Allarmata, Isabelle si voltò verso di lei, aspettandosi una reazione negativa, uno scoppio, una crisi di pianto o una qualsiasi dimostrazione del fatto che no, non sarebbe riuscita ad entrare laddove era morta sua madre.

Invece Sharon era serena o, se non lo fosse stata, era davvero brava a nasconderlo.

𝐎𝐑𝐈𝐆𝐈𝐍𝐒: 𝐎𝐧𝐞 𝐈𝐝𝐞𝐧𝐭𝐢𝐭𝐲 || Alec LightwoodWhere stories live. Discover now