VIII.

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Sharon salì le scale a grandi falcate e si fiondò in camera.
Prese la cintura e la indossò velocemente, vi infilò dentro i due pugnali e una spada angelica, si cacciò lo stilo in tasca e prese un elastico per legarsi i capelli, quindi correndo scese di nuovo e si catapultò davanti alla porta dell'Istituto.

Alec non era ancora lì, probabilmente era andato a prendere il suo arco, pensò Sharon, o qualche altra arma.

Si soffermò a guardarsi il braccio, la runa del Potere Angelico che spiccava su di esso.
La sua prima runa.

Sentì qualcuno scendere velocemente le scale, e voltandosi vide Alec lasciare la tromba delle scale, mentre si infilava la borsa delle frecce, nel caso peggiore in cui il demone fosse apparso loro davanti durante il tragitto.

"Forza, andiamo." disse il ragazzo passandole accanto e aprendo la porta.

Sharon afferrò al volo la giacca di pelle della tenuta dall'appendiabiti e lo seguì, richiudendosi la porta alle spalle.

La ragazza si infilò la giacca e seguì Alec; presero un taxi, che la condusse nelle vie più trafficate di New York, fino a raggiungere un grande edificio dal muro rossiccio.

"Il Sommo Stregone di Brooklyn abita in un loft a Greenpoint?" domandò stranita Sharon una volta scesa, quando il taxi fu ripartito.

"Non aspettarti che il Sommo Stregone sia una figura tutta rinomata e altezzosa. Anzi, capovolgi l'idea di Sommo Stregone che ti sei fatta." borbottò, salendo le scale e giungendo davanti a un portone.

Alec battè due colpi, e la porta si aprì prima che il ragazzo potesse picchiarne un terzo.

Be', si disse poi Sharon, sto entrando nella casa del Sommo Sregone di Brooklyn, ovvio che scopre chi c'è dietro la porta ancor prima di chiederlo.

Alec entrò spedito senza nemmeno chiedere permesso, come fosse abituato a farlo e conoscesse già l'appartamento.

"Magnus? Siano noi." lo richiamò Alec.

Ed ecco che lo stregone uscì da una stanza.
Sharon rimase più perpessa ed interdetta di quanto avesse immaginato.

Non solo il Sommo Stregone era tutt'altro che altezzoso e arrogante, ma a primo impatto apparve piuttosto strambo, con quel ciuffo di capelli a porcospino e i vestiti pieni di glitter, oltre al fatto che portava tutti quei secoli che aveva piuttosto bene, visto il viso giovane.

E poi vide gli occhi verde-oro da gatto, quegli occhi che già aveva incrociato una volta.

E d'improvviso ricordò la notte stessa, quando passando nella sala principale dell'Istituto aveva avvistato uno stregone, che aveva ricambiato lo sguardo e le aveva fatto l'occhiolino.
Quello stregone era lui. Quello che ora aveva davanti.

Lo stregone parve sorpreso dalla visita e sorrise.
"Alexander, ma chi mi hai portato qui? Chi è questo bel biscottino?"

"Sono Sharon Lee." si presentò la giovane, cercando di trattenere un conato di vomito per il soprannome troppo insolito e decisamente diabetico.

Lo stregone annuì impercettibilmente, con la fronte ancora corrugata.

"Io sono Magnus Bane, Sharon Diana Lee, il Sommo Stregone di Brooklyn. Ma ora mi dite cosa ci fate qui, esattamente?"

Sharon cercò di non mostrare la stizza che provava per il fatto che quello stregone conosceva il suo secondo nome.
Poté notare anche che, mentre gesticolava e camminava verso un tavolino per versare qualcosa in tre bicchieri, i vestiti di Magnus brillavano a causa dell'enorme quantità di glitter su di essi.

𝐎𝐑𝐈𝐆𝐈𝐍𝐒: 𝐎𝐧𝐞 𝐈𝐝𝐞𝐧𝐭𝐢𝐭𝐲 || Alec LightwoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora