14- Carezza

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Luke

Ripenso maledettamente troppo alle parole dette da Liam e rifletto su quanta verità effettiva ci sia in esse, sto davvero cercando di impegnarmi nell'andare avanti in questa "storia" con Audrey, è solo il mio egoismo, o la voglia di volerla per me sta davvero sabotando il mio piano portandomi in una diversa direzione? No, andrà tutto liscio.

Proprio nel momento in cui inizio a rilassarmi un minimo, sciolgo le spalle e svolto in una delle vie principali della città, luminosa e piena di villette deliziose che sorgono ai bordi dietro i marciapiedi. Ma poi faccio caso ad un qualcosa, o meglio noto qualcuno. I miei occhi finiscono come istintivamente su una persona che per la seconda volta mi pareva di aver visto in un luogo e tempo sbagliati. Mio padre dovrebbe essere a Chicago, non seduto al bar mentre si limona una signora, signora che non sembra affatto mia madre, non le somiglia per niente.
Inchiodo in mezzo alla strada iniziando a creare tutte le fantasie possibili per cercare di non credere a quello che sta accadendo proprio di fronte a me. Non può essere reale.

Parcheggio in un posto dove molto probabilmente c'è un divieto di sosta ma non importa, scendo dalla macchina ed osservo la scena pietosa, fisso i due che si sorridono come perfetti innamorati per qualche lungo secondo. Rimango impietrito, sento come se il mondo attorno a me si fosse ovattato.

«Che cazzo fai?!»

Mi ritrovo ad urlare attraversando la via e posizionandomi a pochi passi da mio padre senza nemmeno rendermene conto o riuscire a controllare le mie azioni, sento un fremito, una forte rabbia mista allo shock.

«Luke! Tranquillo...è solo...solo...un'amica.»

Balbetta con un'agitazione mai vista prima nel volto di un uomo.

«E questa è solo una carezza.»

Sussurro tendendo la mascella e tirando un potente pungo sul suo naso mentre la ragazza in sua compagnia si porta entrambe le mani alla bocca e spalanca gli occhi spaventata.

«Attenta, le persone che conosce mio padre le conosco anche io. Quindi osa chiamare la polizia e ti faccio dormire sotto i ponti.»

Affermo duramente indicando l'amante la quale annuisce tentennando in silenzio.

«Mi fai schifo.»

Sputo poi come veleno osservando l'uomo che mi ha cresciuto seduto a terra mentre maledice il mondo.

«Stai lontano da me e mia madre.»
«Come ti permetti? Sono tuo padre!»

Dice in un lamento, sento le nocche piegarsi e le dita chiudersi nuovamente ma cerco di mantenere un contegno, lo guardo con una delusione forse mai provata prima. È vero che non abbiamo mai avuto chissà quale rapporto, ma è pur sempre mio padre e gli ho voluto un gran bene. Ho sempre dato un valore così importante alla famiglia, e lui ha distrutto tutto. Mia madre merita di meglio, molto meglio.

«Proprio per questo mi permetto, animale.»

Lo fulmino con lo sguardo, sento il sangue pulsare nelle vene. Con tutta la forza che ho mi volto di spalle, torno alla mia macchina ancora sconvolto e metto in moto verso una destinazione precisa, lasciando la maledetta coppia immersa nei rimpianti.

Continuo a guidare fino a quando non mi ritrovo davanti le grandi porte del cancello che si aprono permettendomi di entrare, lascio l'auto nel garage e cammino in fretta e furia sul sentiero che percorro da quando sono piccolo. Messo piede dentro casa vago con gli occhi con l'unico intento di trovare una persona, salgo velocemente la grande scalinata color bianco marmo all'ingresso della sala da pranzo e spalanco la porta della sua camera da letto.

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