39. Toga e tocco blu

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Ad ogni battito mi maledivo per essermi fidata così tanto di lui, per averlo di nuovo cercato e per aver ceduto.

- Vuoi entrare? - mi chiese dopo un tempo che parve ad entrambi infinito. Negai con il capo, consapevole che non fosse il caso.

- Ti ho chiamato perché... - deglutii a fatica, voltando lo sguardo da un'altra parte - Sono entrata qui... -.

Non sapevo nemmeno se si fosse capito qualcosa di quello che avevo detto.

- Cosa? - la sua voce era roca e al tempo stesso chiara e forte. Sulla sua fronte erano comparse quelle graziose rughe, che lo facevano apparire un bambino innocente.

- Mi dispiace, non so perché l'ho fatto. Sono entrata in casa tua e... -.

- Aspetta. Che hai fatto? - chiese, facendo un passo indietro.

Lo guardai negli occhi, notando il suo smarrimento. - Io ho bisogno di sapere chi siete. - scandii a bassa voce - La finestra era aperta e non so cosa mi è preso... -.

In tutta la mia vita non avevo provato così tanta vergogna.

Si passò una mano fra i capelli rosso fuoco, per poi guardarmi dritto negli occhi. Li sentivo lucidi, incapaci di celare le mie emozioni.

- Tu non sei così, Wendy - annunciò con un tono carico di delusione.

Un sorriso spuntò sulle mie labbra. - Neanch'io pensavo di esserlo -.

- Ho fatto uscire il lato peggiore di te -.

Sgranai gli occhi al suono di quelle parole.

- Non è vero - bisbigliai. Una lacrima sfuggì dai miei occhi a seguito di quelle parole. Mi mancava, mi mancava da morire. Avevo bisogno di stringere le braccia attorno a lui, di sfiorare le sue labbra calde, di far finta di studiare solo per poter passare del tempo insieme.

- Io ti ho ferita, lo so ma... ti fidi ancora di me? - sussurrò, avvicinandosi. Sussultai per quell'improvvisa vicinanza, sentendo vecchie sensazioni risvegliarsi in me.

- Non dovrei... -.

- Hai ragione -. Alzò una mano, poggiandola sul mio collo. Era calda e avrei voluto prenderla, appoggiarla con forza contro la mia guancia e lasciarci sopra un bacio. Ma non feci nulla di tutto ciò, ma aspettai semplicemente che continuasse a parlare.

Tirai su col naso, scacciando via quella lacrima ribelle dalla mia guancia. Se mi avesse chiesto di seguirlo, di fare qualcosa per lui, l'avrei istintivamente fatto ad occhi chiusi. Ma razionalmente potevo davvero fidarmi? Chi poteva nascondersi dietro Aiden Evans?

La sua mano si allontanò lentamente dalla mia pelle fino a tornare al suo posto. Era incredibile il senso di vuoto che mi aveva lasciato.

-  Comunque, non ho frugato da nessuna parte o cose del genere. Sono andata subito via. Mi dispiace  - gli spiegai, cercando di non fare sfociare la conversazione in una crisi di pianto. Sapevo quanto mi venisse naturale farmi trascinare dalle emozioni e cedere di fronte alle lacrime. Ma sapevo che dentro di me c'era una Wendy forte, una Wendy capace di affrontare Aiden senza pianti.

- Se ancora non l'hai capito, non mi importa se hai preso qualcosa, se cercavi qualcosa. Io mi preoccupo per te. Ti ho trasformata in una persona che non sei, ti ho ferita e non so nemmeno quando potrò rimediare -.

Quelle parole furono così inaspettate da colpirmi in pieno petto. Per quale ragione non poteva dirmi la verità?

- Ti ho già detto che non è vero - riuscii a dire con un filo di voce, per poi fare un passo indietro.

Come la peceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora