Save Him

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Eravamo in viaggio da due giorni.
Proseguivamo lentamente tra una sosta e l'altra in modo tale da riuscire a cambiare i bendaggi a Kayn e da permettergli di riposarsi.
Il ragazzo si sentiva sempre peggio e la cosa ci obbligava a procedere a passo sempre meno sostenuto.
Cercavo di camminargli di fianco cosicché il mio sventurato compagno di viaggio potesse reggersi a me in caso di bisogno.
Kayn respirava affannosamente grugnendo dal dolore una volta sì e l'altra pure ogni qualvolta muoveva un passo.

Guardai il cielo e vidi il sole iniziare ad eclissarsi dietro una montagna che si stagliava a imponente in lontananza

< Su Kayn non manca molto...>

Sinceramente non saprei dire se quelle parole erano più rivolte al povero assassino agonizzante o a me che dopo giorni di digiuno cercavo comunque di sorreggere il ragazzo nel disperato tentativo di sdebitarmi con lui.
Rhaast era insolitamente tranquillo; si beh ogni tanto non si faceva sfuggire l'occasione di dare del fallito a Kayn, però c'era qualcosa di strano...era lo stesso tipo di tranquillità di profonde e fredde acque nere che celano oscuri segreti sotto quella che sembra una superficie imperturbabile, il tipo di tranquillità di chi sta architettando qualcosa.
I miei pensieri furono però interrotti da un rantolio di agonia del ragazzo le quali gambe, tra il dolore della ferita e la faticosa camminata di due giorni avevano ceduto. Lo ressi non so nemmeno io con quale forza e dopo averlo esortato a tener duro continuiamo a camminare.

Passarono altre tre ore e ormai ero allo stremo delle forze, era buio pesto (non che il buio fosse un problema), freddo e i morsi della fame iniziavano a farsi sentire. Mi Guardai attorno spaesata rassegnandomi all'idea di dover trovare un rifugio per la notte e a dover proseguire il mattino dopo, poi vidi qualcosa di familiare.  Un grande albero con una cavità nel centro si stagliava maestoso fra gli altri come fosse l'arcata di un qualche castello.
<Kayn! Kayn! > scossi il ragazzo <siamo arrivati>
<come? Ma qui c'è un gran bel mucchio di niente. > commentò lui parlando a fatica.
<sempliciotto> intervenne Raasht, <questo posto trasuda magia così come i miei nemici trasudavano paura solo nel sentirmi nominare. E quello...non è un albero qualsiasi.>
Beh almeno una cosa giusta quel ferro vecchio l'aveva detta.
Feci adagiare Kayn al suolo in modo tale da potermi permettere di afferrare il mio kusarigama.
Mi misi a gambe divaricate dinanzi all'albero pronunciando parole che non appartenevano alla lingua degli uomini e mi aprii un taglietto sulla mano con la mia lama,gettai l'arma a terra e con l'altra mano ormai libera intinsi un dito nel sangue per disegnare simboli runici sui lati della cavità dell'albero.
I segni si illuminarono di una delicata luce rossastra.
Raccolsi l'arma e tirai su il ragazzo.
<Cosa...>
<Zitto ora. Fai parlare me e chiudi la bocca.>
Passammo sotto "l'arcata"
Per poi ritrovarci in un ampio spazio delineato da una paratete rocciosa ricoperta di piante che brillavano di luce propria.
Il villaggio era protetto da una magia illusoria e solo i vastaya sapevano come entrarvi.
Mi Guardai attorno e di colpo una gran nostalgia mi investì con tutta la sua forza. Alberi dalle chiome variopinte con gli stessi colori dell'alba svettavano alti verso il cielo notturno ammantao di meravigliose stelle,piccoli esseri luminosi svolazzavano leggiadri nell'aria intrisa di un dolciastro profumo di erbe e fiori. 
Vi erano case e tende dai tessuti coloratissimi adornati da disegni rappresentanti leggiadre figure dai connotati animaleschi intanti in un'antica danza che si sviluppavano circolatmente attorno uno spiazzo al centro del quale un gran falò danzava selvaggiamente nel tentativo di raggiungere il cielo.
Una melodiosa e vivace musica risuonava per il villaggio alleggerendo in qualche modo la mia fatica.
Mi persi qualche istante ad osserverare ciò che ci stava attorno.
Il mio sguardo si posò su figure parzialmente umane con lunghe orecchie pelose che si muovevano incuriosite sondando l'area  cercando di capire chi erano gli stranieri.
Mormorii si alzavano fra una piccola folla di vastaya che si era radunata nello spiazzo.
Guardavo i vastaya attorno a me in cerca di un volto familiare.
Sono sicura che Kayn avrebbe guardato con meraviglia il mondo nuovo in cui lo avevo condotto ma era troppo stanco e debole persino per rendersi conto di dove si trovava.
<umani...> sentì qualcuno mormorare tra la gente.
Un coro di versi di stupore, perplessità e paura si levò tra la folla e ben presto si tramutarono in accuse e insulti ricolmi di rabbia e ira.
<come sono arrivati qui> si chiedevamo <sporchi umani> gridava qualcuno,<dobbiamo ucciderli> urlava qualcun'altro.
Mi aspettavo una reazione dle genere considerato tutto quello che l'ordine di zed stava facendo ai vastaya e a Ionia però sentire quelle parole da quella che consideravo la mia gente faceva male, più di qualsiasi altra ferita mi fosse mai stata inferta.
La folla iniziò a chiudersi minacciosa attorno a me e a Kayn.
<ci hai portati a morire> sussurrò debolmente Kayn cercando di abbozzare una risatina.
Beh considerato che la situazione  stava precipitando ad una velocità inaudita il suo sarcasmo non era d'aiuto.
Sentii come una morsa fredda stringermi le membra
Non nascondo di aver avuto paura, paura che il viaggio fosse stato in utile che sarei morta lì senza aver la possibilità di raggiungere il mio scopo e senza poter ripagare il debito di sangue che avevo con Kayn.
<no aspettate sono venuta in cerca di aiuto.> cercai di spiegare ma questo non fece altro che peggiorare la situazione.
Eravamo ormai circondati, il ragazzo dai capelli corvini ferito e sul punto di  svenire e io troppo debole per poter anche solo provare a fuggire.
<fermi!> ordinò autoritaria una voce dalle retrovie.
La folla si aprì lasciando passare una vecchia vastaya.
Il viso era segnato dal tempo ma rimaneva comunque un aggraziato volto. La donna aveva strani simboli dai significati a me sconosciuti tatuati in volto e lunghi capelli neri adornati da piume, che ricadevano scompigliati sulle spalle.
Le orecchie striate di viola della donna puntavano verso me e il ragazzo moribondo che ancora sorreggevo.
<t/n... > esordì la donna dopo essersi soffermata ad osservarmi per quello che mi sembrò un momento infinito. <sei tu?>
La guardai attentamente e finalmente la riconobbi. Quella donna era la sorella del vastaya che consideravo mio padre.
<Mirhat? > chiesi io in cerca di conferma.
<che ci fai qui? >
<ho bisogno di aiuto. Il mio amico sta male, è ferito e gravemente. >
La vastaya spostò il suo sguardo incuriosito su Kayn.
<tu che sei cresciuta tra noi sei la benvenuta ma l'umano non può rimanere. Non è parte di questo posto ed è colpa di quelli come lui che Ionia sta Morendo.>
No non potevo lasciarlo in quelle condizioni.
<Mirhat... Ti prego, mi ha salvato la vita e vuole aiutarmi a salvare questa terra, la nostra terra!>
La donna mi si soffermò ad osservarmi nuovamente poi si mise a guardare Kayn con disprezzo.
<non se ne parla t/n. Gli uomini non meritano compassione ne tanto meno salvezza. >
Avevo fame, sonno, le gambe cedettero sotto il mio peso. Io e il ragazzo cademmo rovinosamente a terra.
<ti supplico...salvalo Miraht.> non so perché ma in quel momento sentii un peso sul cuore non volevo che Kayn morisse, non volevo e basta, non volevo abbandonarlo al suo destino.
Mi chinai su di lui avvolgendolo tra le braccia in modo che non fosse completamente poggiato a terra era privo di sensi e respirava lentamente.
Paura e disperazione mi si dipinsero in volto.
<ti prego...>
I vastaya incombevano minacciosi su di noi. Mi chiani a terra cercando di far scudo a Kayn col mio corpo.
<e va bene. Ma una volta guarito dovrà lasciare il villaggio... E tu con lui.> disse severa la donna prima di far cenno a due vastaya di tirar su il ragazzo.
La ringraziai infinite volte prima di vedere lei e i due che sorreggevano Kayn scomparire dentro una grossa tenda azzurra.

PERFECT WEAPON (Kayn x reader)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora