18th: expectations

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«Bene, ora che hai visto la sala comune possiamo andare anche a prendere quella dannata tessera!»

Era stato tutto tranquillo finché non ci siamo ritrovate nella hall della Modest. Da lì, Ella era diventata un vero e proprio fuoco d'artificio.
Dopotutto, non c'era mai stata e devo ammettere che quello fosse veramente un bell'edificio.

L'ampio ingresso sui toni dell'avorio presentava un'alta parete di pietra su cui scorreva una piccola cascata d'acqua. Da lì poi si seguivano i vari corridoi impeccabilmente puliti che portavano ai vari settori.

Mi costrinse a farle fare tutto il giro della struttura: dal piano bar, alla palestra, al guardaroba, fino al settore B2.
Lì non si trovava niente di interessante, solo uffici privati naturalmente non accessibili.

«Ti vuoi sbrigare! Non voglio stare qui un minuto di più, come vedi non c'è niente di elettrizzante qui.» Ripetei.

Nel momento in cui lo dissi, sentii il cigolio di una porta, aprirsi alle mie spalle. Il rumore dei passi rapidi mi indusse a girarmi incoscientemente e a scoprire chi avesse attirato la mia attenzione.

Una figura alta abbastanza familiare si fece spazio per uscire da quello che doveva essere un ufficio. Ricci, bocca a cuore e grandi mani erano troppo familiari.
Rimasi basita quando chiusi e riaprii gli occhi più volte, per mettere a fuoco la persona che mi si era presentata davanti.

Harry. Non mi aspettavo di trovarlo lì. Aggrottai le sopracciglia disorientata nell'attesa che mi notasse. Quando finalmente sollevò lo sguardo da terra, mi squadrò.

Mi aspettavo un minimo sorriso, un cenno con la mano in segno di saluto, ma l'unica cosa che vidi fu la sua bocca dischiusa, come impaurita. Aveva la stessa espressione di un bambino appena scoperto a rubare biscotti, colpevole.

Non ebbi il tempo di realizzare cosa stesse davvero accadendo finché dietro di lui apparve una donna. Leah.

Misi insieme i pezzi del puzzle: Harry con le guance arrossate e la chioma spettinata e Leah che si aggiustava la gonna e si agganciava i primi bottoni della parte superiore del vestito che indossava.

Non permisi alla mia ragione di elaborare una conclusione a tutto ciò, ma avevo capito. Avevo capito fin troppo.

E per non cadere più in basso, umiliata in quel modo, mi limitai a tirare le labbra in un sorriso finto e agitare la mano per congedarmi, prima di scomparire nell'ascensore vicino, strattonando la mia amica che pretendeva una spiegazione.
Non mi aspettavo di certo di trovarlo lì, a cercare di aprire le porte dell'ascensore implorando le mie scuse. Non doveva. Ero perfettamente consapevole di essere solo una presenza passeggera nella sua vita, una di quelle di cui non ti ricordi di raccontare ai nipoti quando ti chiedono la storia della tua vita. Lo sapevo, e mi andava bene così. Eppure mi sentivo il cuore pesante, schiacciata da un masso troppo grande e tirata giù dalla pressione. Non che fossi ferita in quel senso, non provavo assolutamente niente per Harry Styles, ma aveva esplicitamente sporcato la mia persona.

Ecco cos'aveva fatto. Mi aveva lasciata senza pudore. E se questa cosa si fosse saputa in giro? Io sarei stata l'inutile ragazzina tradita da Harry Styles, e che aveva scoperto tutto ciò nel peggiore dei modi.

In più sei una poveraccia che finge al mondo intero di essere la sua ragazza, solo per racimolare un po' di soldi.
Mi ricordai.

«È tutto okay?» Mi chiese prudentemente Ella.

«Certo, perché non dovrebbe esserlo?» Mi sforzai a dire mentre evitavo il suo sguardo schiacciando uno dei pulsanti, per arrivare al mio piano.

month » h.sDove le storie prendono vita. Scoprilo ora