41st: christmas eve

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È arrivato il momento di dedicare il capitolo a @completalylost e @17blackeyes che mi lasciano sempre bellissimi commenti.

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Harry's point of view

Quando la luce filtrò dalle finestre e le mie palpebre decisero ad aprirsi la vidi. Il suo esile corpo stretto fra le mie braccia, le calde labbra che rilasciavano deboli sospiri e il sonno che l'aveva accolta e presa prigioniera rendendola ancora più vulnerabile di quel che era.

Mi piegai su un gomito e la guardai ammaliato, le mie labbra avevano preso una piega involontaria. Esisteva creatura più bella di lei?

Allungai le dita e le accarezzai la testa spostando alcune ciocche dalla fronte, come si accarezza un fragile cucciolo strappato alla propria mamma.

Si voltò e ritirai d'istinto la mano. Dormiva ancora beata, il busto rivolto verso il soffitto e un braccio che le copriva il ventre.

Notai con piacevole sorpresa che non portava il reggiseno, lo stretto tessuto della camicia da notte di raso la fasciava alla perfezione. Era così sensuale nella sua innocenza.

I capelli le ricadevano sulle spalle magre e la scollatura era scesa. Combattei l'istinto di far scivolare le dita al di sotto di essa, per verificare che non portasse alcuna biancheria intima.
Le avrei dato così tanto piacere se solo avesse voluto, ma mi costrinsi a lasciarle un umido bacio sull'attaccatura del collo con il mento e a scendere le scale per parlare finalmente con mia mamma.

Sapevo che era già sveglia. L'avevo sentita cantare quelle merde di canzoni paesane che solo lei poteva ascoltare.

«Ciao piccolo. Cosa vuoi per colazione?» Canticchiò mentre il volume della radio era ancora alto.

«Uova e bacon può andare.» Mi passai una mano fra l'ammasso di ricci e mi strofinai gli occhi per far sparire definitivamente i resti del sonno appena lasciato.

Mangiai il mio piatto in silenzio mentre mamma fischiettava cucinando frittelle. Mi era mancato l'odore di casa, Gemma che sbraita perché non trova un paio di scarpe, Robin che cerca invano di riparare la mia vecchia bicicletta ormai da anni e le rare telefonate di papà che però ogni volta mi convincevano che lui non mi avesse dimenticato. Tutto questo doveva far parte della mia quotidianità, ma non poteva farlo.

«Allora, che te ne pare?» Chiesi a mia madre tra un boccone e l'altro. Lei mi guardò interrogativa e mi affrettai ad aggiungere «Annabeth».

«È adorabile. Così gentile e umile.» Mi sorrise.

«Ti ricordi di quel giorno, circa tre mesi fa, in cui ti dissi che il management mi aveva obbligato a trovarmi una ragazza?»

Mia madre mi guardò pietrificata e quasi... Sdegnata?

«Quindi mi vorresti dire che la stai solo prendendo in giro?» Mi puntò la forchetta contro.

«Non sparare sentenze mamma, non ho mai detto questo. La Modest mi aveva proposto alcune ragazze e lei era la segretaria del capo. Ho rifiutato tutte perché volevo soltanto lei. Inizialmente ci detestavamo, lei era costretta a stare con me solo per il contratto e per i soldi che le vengono dati, poi non so cosa cazzo sia successo e non è più un gioco per nessuno dei due.» Ammisi riassumendo in poche parole tutte gli avvenimenti e le emozioni degli ultimi due mesi.

Riposi il piatto nel lavandino e mi allarmai quando Anne mi fermò prendendomi gentilmente l'avambraccio.

«Harry, bambino mio, sei sicuro che lei ti piaccia veramente e che non stia con te solo per soldi?» Sembrava afflitta con quei grandi occhi smeraldo che sembravano ancora più intensi per via della luce mattutina.

month » h.sDove le storie prendono vita. Scoprilo ora