Capitolo 3

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Mike's pov

Erano passati due mesi dalla partenza della famiglia Byers e di Undici.

Mancavano perciò due mesi al loro ritorno per le feste di Natale.

Mi mancavano così tanto.

Tra di noi i rapporti non erano cambiati poi molto: ci scambiavamo lettere su lettere (con tanto di fotografie allegate) e ci telefonavamo quasi quotidianamente.

Jane, ad Houston preferiva farsi chiamare così, non aveva recuperato i suoi poteri psichici, ma la sorella Otto la stava aiutando come meglio poteva.

Di Will, invece, non sapevo quasi nulla.

Parlavamo, ci raccontavamo le giornate, ma non mi diceva mai nulla su di lui e sembrava essere sempre più schivo e restio a parlare con me.

Non mi diceva se aveva nuovi amici, se si era fidanzato, se andava d'accordo con il fratello e la madre, con cui nell'ultimo periodo non aveva fatto altro che litigare.

«Mike ci sei? Scusa, ma non ho tutto il giorno.»

La voce di Will, distorta dal telefono, mi fece improvvisamente ricordare che effettivamente stavo proprio parlando con lui.

«Oh... sì, certo, scusa. Ma allora, come va?»

«Procede bene, qui fa un po' caldo. Che avete fatto oggi tu e gli altri?»

Alzai gli occhi al cielo: non voleva parlarmi di lui e di quello che stava accadendo nella sua vita.

Decisi di rispondere alla sua domanda, consapevole che insistere non avrebbe portato a nulla se non ad una probabilissima lite.

«Nulla di speciale. Max e Lucas sono andati al cinema e Dustin è stato impegnato con Steve in non so che cosa. Robin dice di non stare tanto bene, ma penso si sia chiusa in casa perché ha litigato con quei due. Sono rimasto un po' solo, in realtà.»

Sentii Will sbuffare al di là della linea: un po' mi fece male sapere che non gli interessava poi tanto consolarmi e farmi stare meglio.

«Mi dispiace molto, davvero, ma adesso devo proprio andare. Salutameli. Mi mancate.»

E attaccò prima che io potessi dire qualsiasi cosa.

Era così strano.

Prima di partire sembrava che facesse di tutto per avere delle mie attenzioni e adesso era come se cercasse di troncare i rapporti in qualsiasi maniera possibile.

Mi sentivo triste, tradito, solo.

Mi mancava Undici, mi mancavano le sue labbra sulle mie, i suoi sorrisi, le sue domande sciocche.

Mi mancava tutto di lei.

Ma una parte di me era felice di non poterla avere più al mio fianco un qualsiasi momento delle mie giornate.

Mi aveva fatto capire che l'amicizia era più importante dell'amore, almeno per me.

Undici mi mancava, certo, ma non come Will.

Will era come una parte di me e mi mancava più dell'aria.

Mi sentivo come perso a sapere di non poter correre a casa sua per parlargli di quello che mi capitava, a sapere di non poterlo abbracciare o semplicemente avendo la consapevolezza che se mi fossi voltato la sua bicicletta non si sarebbe trovata esattamente dietro la mia.

«Mike! Ciao!»

Dustin entrò in camera mia sorridente e sorrisi a mia volta: finalmente qualcuno mi aveva strappato mia dal mio flusso di pensieri deprimenti.

Avevo ancora Dustin e Lucas: ero davvero fortunato ad averli.

«Ehi, che ci fai qui? Non eri con Steve?» lo chiesi, facendogli cenno di sedersi sul letto.

Obbedì, guardandosi distrattamente intorno.

«Avevamo idea di organizzare un piccolo party per il ritorno a casa di Will e Undici. Credevo che ti avrebbe fatto piacere partecipare.»

A quella frase sgranai gli occhi, felicissimo della bella notizia: se stavano già organizzando per la festa di ritorno, doveva significare che non mancava poi così tanto.

«Quando tornano?»

«Hanno tre settimane di vacanze invernali e vengono per tutto il tempo qui, credo che staranno all'hotel in periferia. Sai, Johanna ancora non ha trovato un lavoro stabile e non hanno molto da spendere.»

Sorrisi raggiante all'idea di poterlo riabbracciare.

Se fosse servito, i soldi glieli avremmo dati noi.

«Quindi? Vuoi venire?»

Annuii con vigore e Dustin rise.

Il suono della sua risata mi fece sentire meglio: sapere che almeno lui fosse rimasto al mio fianco e che ci sarebbe stato sempre mi aveva sentire meglio.

«Mike, cazzo! Chiudi quella porta, okay? Sto cercando di parlare con Johnatan!» Nancy urlò dalla stanza accanto e Dustin smise immediatamente di ridere, mettendo su un'espressione terrorizzata.

«A volte mi fanno paura le donne.»

«A chi lo dici.» mi alzai dalla sedia e chiusi la porta della camera.

«In cosa consisterebbe la festa?» chiesi curioso, non vedendo l'ora che arrivasse il giorno del loro ritorno.

«Sinceramente ancora non lo sappiamo. Volevamo fare un cartellone con scritto: "Welcome home", ma forse è troppo nostalgico.»

«Secondo me andrebbe bene. Questa è la loro casa e la cosa non cambierà solo perché non ci vivono più...»

Mi trattenni a stento dal piangere e a questo punto Dustin decise di tirarsene fuori.

Non era mai stato un bravo consolatore e non biasimavo la sua voglia di scappare alla vista dei miei occhi lucidi.

«Va bene, io vado a cena sennò mia madre si arrabbia. Domani dopo scuola non andare via, ci mettiamo d'accordo anche con Max e Lucas.»

Dustin uscì dalla stanza e mi lasciò di nuovo solo.

Il silenzio negli ultimi tempi mi opprimeva il petto.

Sentivo il silenzio gridare il nome di Will... e Undici.

Will, solo Will.

Sottosopra||bylerWhere stories live. Discover now