24. Fallo ancora

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Ti amo come se mangiassi il pane spruzzandolo di sale

Come se alzandomi la notte bruciante di febbre

Bevessi l'acqua con le labbra sul rubinetto

Ti amo come guardo il pesante sacco della posta

Non so che cosa contenga e da chi

Pieno di gioia pieno di sospetto agitato

Ti amo come se sorvolassi il mare per la prima volta in aereo

Ti amo come qualche cosa che si muove in me

Quando il crepuscolo scende su Istanbul poco a poco

Ti amo come se dicessi Dio sia lodato son vivo.

(N. Hikmet)

Madrid, clinica SEAR, lunedì 25 dicembre 2017, ore 12

Due gradini più in giù. Harry fissò con un sospiro la coccarda del pacco che teneva stretto tra le dita scollarsi e cadere dietro di lui, poco più in basso lungo i gradini della scalinata che portava dal primo al secondo piano della clinica, posandosi sul marmo freddo. Una stanchezza rigida e asfissiante che gli bloccava ogni muscolo, intorpidendo ogni snodo del suo corpo e amplificando all'inverisimile qualsiasi sforzo, anche semplicemente respirare. Gli sembrava di sentire le ossa dello sterno e le costole scricchiolare ed emettere rumorini sinistri ogni volta che gonfiava i polmoni e li svuotava, come piccoli lamenti, come i cigolii di una casa abbandonata da tempo in cui l'umidità si era ormai infiltrata. Marcia, debole, malferma e insicura, semplicemente aspettava. Altri giorni, altre albe e tramonti, altre sequele più o meno lunghe di compiti da svolgere in maniera meccanica, senza partecipazione emotiva, senza interesse. Il suo cuore non partecipava a ciò che pensava la sua mente da giorni e giorni.

Anzi, in realtà da ore. Le ore che stavano separando il momento che viveva dalla telefonata che aveva fatto a Parigi. Che stavano rendendo la voce di Louis un ricordo da riavvolgere e ripercorrere fino allo sfinimento, che stavano analizzando anche i secondi di pausa per riprendere fiato tra una parola e l'altra soppesandoli come se nascondessero segreti, grammi di frasi non dette, strette tra i denti fino a fare male. Perché tutto quell'amore gli aveva ridato la vita per farle quanto più male possibile, tutto quello che potesse sopportare e anche molto oltre. La voce di Louis nella sua testa lo stava spaccando in mille pezzi, frazionava ogni suo pensiero in schegge che si sentiva dentro la carne, spilli che scorrevano dentro le vene, spine attorno all'anima che ad ogni movimento si conficcavano nel petto dall'interno, il sapore del sangue che usciva dalle sue labbra torturate dai denti sempre sulla lingua, come se riemergesse a fiotti direttamente dalla gola, impedendogli di parlare senza avere conati, senza voler urlare o piangere. L'incapacità anche solo di aprire bene gli occhi alla luce, troppo stanchi dopo quella notte di singhiozzi ininterrotti.

Non aveva né dormito né mangiato, aveva rifiutato l'alcool di Niall come anche qualsiasi sua offerta di conforto. Aveva raccolto tutto ciò che di buono aveva ricevuto dalla voce annegata di pianto del ragazzo che amava e se l'era trascinato a casa, per cullarlo, interrogarlo, stringerlo un po' a sé e trovarvi un senso. La chiave di un perdono, un sollievo, un consiglio su come reagire. Sul dopo.

Perché esiste ancora un dopo? Dopo essere stati un "noi", ieri ho avuto la prova che aspettando, avendo pazienza, avendo ancora questa cieca e fottuta fiducia in lui che non mi lascia tregua, che mi impedisce di essere egoista, io vivrò un "dopo" assieme a lui? Lo voglio davvero? Quanto può far male ammettere ancora una volta che il mio egoismo coincide con la sua presenza accanto a me? Mi voglio in piedi soltanto per camminare accanto a lui, per girarmi e dargli tutta l'ombra di speranza che mi resta. Altrimenti a me va benissimo schiantarmi a terra. Non mi ha spiegato come amarmi fino in fondo. Mi è rimasto solo il ricordo del suo amore per me, quello che mi ha fatto pensare di avere qualcosa di buono. Ma se non riesco ad aiutarlo adesso....probabilmente di buono non ho mai avuto niente. Ed è per questo che è andato via. Lui aveva le forze per cercare di risolvere quella minaccia da solo, non condividendola con me. Io ero meno dannoso da solo per quello che avevamo rispetto al rovinare tutto insieme a lui. Per salvarci mi ha messo da parte. E' questa consapevolezza che amo? Quella di non meritarmelo nemmeno un po' perché non sarò mai alla sua altezza? Quello che mi ha detto ieri....sta davvero come me? Non ho sognato di sentire solo ciò che volevo sentire, vero? Mi ha portato alla follia e mi ci ha di nuovo abbandonato da solo, senza che nessuno possa capirmi. Senza sapere che la persona a cui pensa non ha neppure più un corpo da stringere per toccarne l'anima. E' strappata e io non so come si ricuce ciò che ho visto solo che forma avesse tra le sue dita e dentro i suoi occhi. Mi parlerà ancora? Si farà cercare e trovare ancora? Manterrà quelle promesse che non ero pronto a sentire di nuovo perché fanno più male di quelle che ha deluso finora?

Còmo si yo fuera el sol (LARRY AU)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora