14. Victim

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C'è sempre un silenzio

che ci imbroglia,

perché lì sentiamo

tutte le parole

che ci spaventano.

(C. Pavese)

Madrid, Calle de Melilla, domenica 15 ottobre 2017, ore 11

"Prendine un tiro, Haz..."

Il riccio, lo sguardo fisso contro il portone scuro, si strinse un po' di più nel cappotto, affondando metà del viso nella sciarpa spessa. Sembrava proteggersi da un vento inesistente, da un pensiero che lo sferzava come se volesse farlo sanguinare, e ogni secondo di attesa rendeva la sua pelle sempre più sottile, trasparente, vulnerabile.

E non stava servendo a niente il fatto che Louis gli cingesse la schiena con un braccio, che gli stesse stringendo forte il fianco con le dita di una mano, che gli offrisse di fumare con lui per distrarsi mentre aspettavano, che gli lasciasse dei baci sulle guance e sulle labbra ogni qual volta lo sorprendeva con gli occhi lucidi o con il labbro tremante stretto fra i denti.

Suonavano il citofono di Javier da venti minuti buoni, Harry aveva provato a chiamarlo al cellulare più e più volte. Niente, nessun risultato.

"No, Lou, non ne ho voglia. Ti prego, vai in ospedale, farai tardi...."

"Non se ne parla, ho ancora tempo. E anche se non ne avessi, non ti lascerei mai qui. Resto con te, sono qui. Ti prego, non tremare."

Harry sospirò, abbassando lo sguardo pieno di vergogna. Non aveva il coraggio di incontrare gli occhi di Louis carichi di preoccupazione, di vederlo triste per lui, lì fuori al freddo per una persona che non avrebbe mai dovuto conoscere, che aveva cercato di fargli male, che alla fine sarebbe riuscita a ferirlo davvero, senza che lui avesse le forze di proteggerlo. Il senso di colpa lo metteva alle strette come due mani forti che lo scuotevano dalle spalle. Tremava per sentirsi vivo, per non cedere all'idea che mettere sotto gli occhi di Louis il suo fallimento più grande, il suo errore ingiustificabile, non equivalesse per la sua anima a morire, ad ammettere che lui l'amore sapeva solo ucciderlo, trasformarlo in un mostro sempre più spaventoso.

Non tremare così, Haz. Ti prego, amore mio, respira, non fare così. Andrà tutto bene. Ce lo lasceremo alle spalle, non riuscirà più a farti niente. Non lo permetterei, non avrei permesso neppure questo se solo avessi potuto evitarlo. Ti farò sorridere, andremo via di qui, ti riporterò a casa, quella vera, quella in cui il tuo sangue non scorre da nessuna parte se non nel cuore che ho sempre amato, saremo solo noi due, rideremo, faremo l'amore, ti indicherò le stelle una ad una finchè non dormirai e non ti ricorderai nemmeno più come si trema se non di felicità.

Harry si accanì ancora una volta col dito sul tasto del campanello, sbuffando e battendo gli stivaletti contro il cemento, nervoso e scocciato. Louis gettò via l'ennesimo mozzicone per prenderlo dalle spalle e farlo voltare verso di lui.

"Haz, non puoi stare così. Guardami, ti prego, guardami."

Harry deglutì più volte, la fronte contro quella di Louis, prima di sollevare lo sguardo e socchiudere le palpebre che teneva abbassate, cercando di raccogliere calma e coraggio.

"Lou..."

"Haz, se ti farai vedere così spaventato, penserà di averti in pugno. E' un provocatore, vorrà solo farti stare male, farti crollare o peggio farti scattare e farti commettere qualche passo falso, in modo da avere una scusa per cacciarti via e non darti ciò di cui hai bisogno. Devi restare calmo, freddo e distaccato. Hai me, ti guardo le spalle, che cosa può succedere di tanto brutto da avere paura?"

Còmo si yo fuera el sol (LARRY AU)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora