Darkness.

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"Il silenzio diventa il tuo migliore amico quando capisci che sono le parole ad averti distrutto più di un volta"

Sto ferma, immobile.

Guardo la parete bianca e mi concentro sul ticchettare lento delle lancette dell'orologio, ma rimango immobile e impenetrabile.

Non so che ore siano, perché non mi interessa.

Non so che giorno sia, perchè non mi interessa.

Il mio tempo si è fermato da otto mesi, così come tutto il resto. Continuo a guardare la parete, anche se i miei occhi tentano di chiudersi.

E' da troppo che non dormo, saranno circa tre giorni che non chiudo occhio, ma non posso farlo. Devo rimanere sveglia, devo combattere contro la mia stanchezza, è l'unico modo per non cadere giù di nuovo.

Sbatto le palpebre più volte, mentre affondo le mie unghie nella pelle del mio braccio. Il dolore mi tiene sveglia, per questo mi concentro sulla sensazione di bruciore che si sta espandendo tenendo la mia mente occupata. Non posso dormire, non devo farlo, altrimenti tornerà il buio, e il buio porterà il suo ricordo, insieme a tutto il resto.

Non voglio soffrire, ma devo farlo, è l'unico modo che ho per ricordarmi di lui. Il ricordo del suono della sua voce sta già svanendo, così come il ricordo dei tratti del suo viso. Ho paura di dimenticare, di non ricordare più tutti i piccoli dettagli, per questo devo soffrire, devo ricordare.

Non posso dormire, ma so che prima o poi mi addormenterò e lui tornerà, per poi andarsene ancora una volta, lasciandomi sola in quel buio, e in quel freddo. Non importa se è fine luglio, io ho sempre freddo. Sempre.

Stringo la manica del maglione, affondo le unghie nella lana e dondolo avanti indietro fissando la parete bianca.

Non devo dormire, me lo ripeto ancora una volta mentre sento le mie palpebre chiudersi. Mi tiro una ciocca di capelli, forte, e torno lucida.

Spero che mio fratello non venga a controllarmi, altrimenti si arrabbierà di nuovo con me, mi farà dormire con il sonnifero e mi riporterà dallo psichiatra. E io non voglio andarci.

Non sono pazza, io so di non esserlo.

Ma anche se lo fossi non mi importerebbe, preferisco essere matta e ricordarmi di lui piuttosto che guarire ed essere di nuovo felice. Perché la mia felicità significherebbe andare avanti, e andare avanti mi farebbe dimenticare di lui, delle sue promesse, della sua voce, del suo profumo.

E io non voglio farlo.

Nessuno riesce ad aiutarmi, né il medico, né mio fratello, né la mia migliore amica, nessuno. Sono sola in uno spazio infinito, mentre il tempo passa senza lasciare tracce.

Odio l'estate, perché non posso usare la scusa del freddo per non uscire. Da quando lui è andato via passo le giornate dentro casa, seduta a fissare quella parete bianca che ormai sembra essere l'unica a capirmi. A scuola non parlavo, non facevo assolutamente nulla, ma agli altri sembrava andare bene.

Non sono più quella di prima, forte e determinata, basterebbe poco per rompermi definitivamente. E mio fratello ha paura anche di questo. Non fa altro che starmi vicino, cerca di proteggermi, ma non capisce che il mio guscio è diventato così spesso da non far passare più nemmeno lui.

Il silenzio è diventato il mio migliore amico, il buio il mio peggior incubo, e io mi aggrappo ai barlumi di ricordo ancora rimasti, dove lui torna con tutta la sua bellezza, il suo calore e la sua luminosità. Riesce a riscaldarmi e a farmi sentire bene di nuovo, ma poi se ne ve, e tutto si spegne, tutto torna grigio e gelato, mentre io sprofondo di nuovo giù, sempre più in basso, e continuo con la mia reclusione.

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