8 Il vicino irruppe in casa mia

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Dopo circa mezzora lui era diventato praticamente il più ricco e aveva due hotel e cinque ville, mentre io avevo soltanto una misera casetta.

Facevo schifo in imprenditoria, lo sapevano tutti che ero una persona dalle mani bucate.

Lui si comprò un altra casa e a quel punto mi arresi.

"Basta non voglio piu giocare" sbuffai mettendo il broncio e guardandolo malissimo.

Sin da piccola odiavo perdere ai giochi, Bret a volte mi faceva vincere apposta per evitare che gli lanciassi qualcosa.

Lui si mise a ridere facendo muovere su e giù il pomo d'adamo.

"Principessa sei proprio una bambina" ridacchiò raccogliendo i soldi che mi erano rimasti.

"Non sono una bambina" dissi con voce irritata.

Mi alzai mettendo a posto la scatola nello scaffale.

Mi misi in punta di piedi ma non c'era niente da fare, la mensola era troppo alta.

Maledetta bassezza.

Sentii una presenza dietro di me.

"Da a me principessa faccio io" disse Josh prendendo il gioco dalle mie mani e allungando il braccio sopra di me, senza darmi neanche il tempo di spostarmi.

Per dover raggiungere lo scaffale doveva alzarsi leggermente sulle punte, sporgendo il petto, il mio e il suo si scontrarono per errore provocandomi un sussulto.

Josh fece scendere il braccio lungo il suo fianco, abbassando la testa senza spostarsi da quella stretta vicinanza.

Eravamo talmente vicini che potevo sentire il suo respiro sul naso.

Rimasimo qualche secondo in silenzio.

Perché il mio cervello non mandava il messaggio ai miei arti di spostarsi?

Il biondo alzò piano piano una mano sfiorandomi la guancia con le dita e a quel contatto sentii una specie di scarica elettrica attraversarmi la spina dorsale.

I miei occhi si incastrarono nelle sue iridi celesti ghiaccio e rimasi bloccata in quella gabbia di colori.

Sentii il mio respiro accelerare.

Josh avvicinò le sue labbra al mio orecchio, sfiorando il lobo con il labbro inferiore.

"Perché sei agitata principessa?" chiese in un sussurro con voce roca e profonda.

Un brivido freddo mi percorse la schiena.

Lui spostò lo sguardo sui miei occhi, poi sulla mia bocca.

Eravamo a pochi centimetri di distanza.

Si leccò le labbra inumidendole.

Improvvisamente mi risvegliai da quel momento di trance.

Ma che sta succedendo?

Con tutta la mia forza di spirito, cercai di assumere un tono autorevole, senza far intendere tutta la mia debolezza.

"Spostati" ma purtroppo invece di una voce forte e convincente, mi uscì un sussurro.

Decisi di spostarlo con le mani sul petto, riuscendo a muoverlo il giusto per scappare da quella situazione.

"Ma che ti prende?" chiesi, quando finalmente riuscii ad aquistare lucidità e a calmare il respiro.

"Non ti agitare, non ho fatto niente" si difese facendo spallucce e guardando altrove.

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