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«Credo che questo stupido aggeggio sia rotto.»
Borbottò il Distruttore, seduto a gambe incrociate davanti lo schermo rubato al rivale, con il suo fidato paio di occhiali rotondi fissati al cranio con due pezzetti di scotch sulle asticelle -visto che, essendo uno scheletro, era privo di naso e orecchie-. Aveva una scarsa vista a causa dei suoi glitch e quelli lo aiutavano a vedere meglio, li indossava ogni volta che doveva fare qualcosa di particolare nel suo Anti-Void, mai al di fuori. Rappresentavano una debolezza e lui non doveva mostrarne alcuna. Non doveva farsi vedere fragile, vulnerabile.
Era già passato un po' di tempo da quando aveva portato via quell'universo dal suo legittimo proprietario e aveva iniziato a cercare qualsiasi modo o indizio che gli facesse capire come entrarci, ma non aveva ottenuto nessun risultato positivo e stava cominciando ad arrendersi. Aveva provato a picchiare sulla cornice varie volte, ottenendo però solo delle interferenze nella visuale dello schermo, aveva provato a toccare il vetro in vari punti ma non sembrava fare mai niente e aveva persino provato a smontarlo, inutilmente. Era uno schermo con uno spessore abbastanza sottile e nessun cavo, nessun ingranaggio, nessun pulsante o porta USB. Era fatto per lo più di magia per questo smontarlo era inutile, oltre che impossibile. In uno scatto d'ira aveva provato anche a tirare un forte pugno al vetro, scoprendo che era più resistente di quel che sembrava, non si era nemmeno graffiato.
Ma proprio quando stava per mandare tutto a quel paese ecco che successe qualcosa. Decise di picchiettare un'ultima volta, con la nocca dell'indice, sul vetro per un paio di volte, come a bussare ad una porta. Ed in quel momento nell'angolo a destra in alto dello schermo apparve un piccolo simbolo bianco rappresentante un occhio stilizzato.
Appena Error lo vide lo cliccò con uno scatto, come se potesse scappargli da un momento all'altro. Il simbolo si illuminò più intensamente ma apparentemente non successe niente, cosa che deluse non poco il Distruttore. Si aspettava che grazie a quel simbolo che non aveva mai visto prima sarebbe cambiato qualcosa a quel noioso schermo e invece la visuale restava immutata, ferma sulla panoramica di quella grigia e triste città spoglia di abitanti.
Sbuffò annoiato e leggermente infastidito dalla situazione, allontanando un po' il viso dallo schermo, continuando però a fissarlo. Grazie a quel gesto poté notare nell'angolo in basso a sinistra un altro simbolo, più grande del precedente. Era costituito da due cerchi: il cerchio più grande, vuoto, segnava come un limite, un confine al cerchio più piccolo al suo interno, completamente bianco. Se solo il Distruttore fosse mai stato in superficie probabilmente avrebbe riconosciuto subito quel simbolo, che altro non era che un semplice circle pad, utilizzato in alcune console e videogiochi degli umani.
A quel punto decise di provare ad interagire anche con quel simbolo e non appena lo toccò il cerchio più piccolo si mosse, seguendo il movimento della sua mano, e finalmente qualcosa accadde.
La visuale dello schermo cambiò, girando di poco verso destra, la direzione in cui era stato spostato il piccolo cerchio.
A quel punto il volto del Distruttore, prima annoiato ed arreso, si illuminò nuovamente, pervaso da quella speranza che aveva perso. Finalmente poteva fare qualcosa, poteva vedere meglio quell'universo che tanto l'aveva incuriosito e poteva cercare qualche informazione in più a riguardo. Infatti grazie a quel circle pad poteva spostare la visuale sia a destra che a sinistra e poteva muoversi avanti ed indietro nel mondo. Inoltre scoprì anche che se toccava lo schermo e trascinava il dito in basso o in alto la visuale si spostava a seconda del comando dato, cosa che non si poteva fare con il circle pad.
A questo punto aveva imparato tutto ciò che c'era da sapere per andare alla scoperta di quell'universo e, senza farselo ripetere due volte, iniziò subito ad esplorare.

Per prima cosa si avvicinò alla città e, con sua grande sorpresa, iniziò a sentire della forte musica sparata a palla dalle enormi casse del grattacielo centrale. Per uno come lui che non era abituato a sentire suoni forti questa cosa gli provocò non poco fastidio e lo portò, per sua ingiusta natura, a glitchare leggermente.
«Dannata musica...»
Borbottò fra sé e sé, la voglia di allontanarsi da quel posto era tanta ma non poteva, doveva ancora vedere molto di quella città quindi strinse i denti e sopportò tutto quel rumore assordante.
Mentre vagava per le grandi e desolate strade di quella città, accompagnato dalla musica, alcune domande cominciarono a frullargli nella testa. Prima fra tutte: perché quel nome, "SoundlessTale"? Di suoni e di rumori in quell'universo ce n'erano anche troppi per i gusti dello scheletro, quindi perché identificare quel mondo come qualcosa senza suono? A questo dilemma non riusciva proprio a trovarci una risposta sensata.
La seconda domanda gli sorse spontanea appena riuscì a vedere qualcuno dei pochi abitanti di quel luogo: avevano tutti delle cuffie alle orecchie, alcuni con il filo mentre altri senza, e non si parlavano minimamente. Se si incrociavano andavano a diritto come treni verso la propria destinazione, senza scambiarsi neanche uno sguardo. Il Distruttore ricordava che in tutti quegli universi che aveva visitato -e a volte anche raso al suolo- gli abitanti erano piuttosto uniti, si conoscevano quasi tutti fra loro e parlavano, nel bene e nel male. Lì invece sembravano dei completi estranei, menefreghisti di ciò che gli succedeva attorno -tanté che non si curavano neanche di quello schermo che gli fluttuava affianco-. Non sembravano neanche abitare nello stesso universo. Ma in fondo ogni mondo era diverso e un comportamento nettamente differente dagli altri era comprensibile, ma la vera domanda era: perché quelle cuffie? In fondo la musica c'era già ed era così forte da propagarsi per tutta la città e i dintorni, che senso aveva indossare delle cuffie con altra musica? Sì perché aveva capito che in quelle cuffie stavano ascoltando qualcos'altro quando aveva visto un mostro, una specie di volpe con due code appoggiata ad un muro di un palazzo, ondeggiare la testa e le code a ritmo. Un ritmo che non c'entrava niente con la musica mandata dal grattacielo centrale. Avrebbe potuto capire se indossassero quelle cuffie per non sentire la forte musica attorno a loro, ma addirittura ascoltarne dell'altra? Anche di questo, non riusciva a capirne il motivo.

Untouchable || Error!Sans × Reader [In Pausa]Where stories live. Discover now