Parte prima - capitolo primo

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A chi non piace la mattina di Natale? La neve, i regali sotto l'albero, i parenti. Loro forse non sempre, soprattutto quelli che spuntano come funghi solo rigorosamente durante le feste, per regalarti un paio di calzini o un maglione troppo piccolo che nemmeno ti piace.
Autumn, quattordici anni, non sopportava i familiari che le affollavano casa ogni 25 di dicembre. La sorella Delilah, che di anni ne aveva nove, non aspettava altro per tutto l'anno; la sorella di loro padre Abe - rimasta sola con una casa piena di gatti a nemmeno trent'anni -, i due fratelli della madre Maya - rompiscatole iperattivi senza il senso della decenza, così pensava Autumn - e i nonni, i suoi preferiti: tre dolci anziani con le loro guance morbide e i loro caldi abbracci. Autumn era sicura le piacessero perché portavano più regali degli altri.
Era una mattina come tutte le altre: uova e bacon sul tavolo, pronti per la colazione, regali davanti al piccolo camino acceso dall'aria antica, la sala da pranzo piena di buffi adulti - e Delilah - che sembravano non saper fare altro, a parte cantare Jingle Bells e sparlare dei vicini.
L'unico posto della casa in cui non arrivavano le loro chiacchiere era la soffitta, dove Autumn si era preventivamente rifugiata, cacciando la sorella a spintoni, e sistemata sotto la finestra, in modo che quel poco di luce che filtrava dai vetri sporchi arrivasse dritta dritta sul libro - vecchio e polveroso, come piacevano a lei. Autumn non era mai stata impaurita da quel posto: era pieno di cianfrusaglie, mobili appartenuti ai precedenti proprietari, vestiti che non indossavano più e che, assieme ai vecchi giocattoli, nessuno aveva il coraggio di buttare. Tutto ciò aveva un che di calmo e rassicurante.
Purtroppo, la sicurezza e la calma duravano sempre poco.
- Autumn, dannazione, quante volte ti ho detto che non devi salire in soffitta? Ti stiamo cercando da più di un'ora!
- Potevate anche evitarlo mamma, tanto non ci voglio venire giù con voi - e non ci sarebbe andata. Maya aveva messo la testa fuori dalla botola d'entrata, e i suoi lunghi capelli color pece stavano pulendo dove nessuna scopa puliva da anni. Non si è mai spinta così avanti, pensò Autumn, forse per lei è davvero importante stavolta...
- Lo sai quanto ci tengo che i nonni e zia Clara ti vedano.
- Potrebbero benissimo venirci a trovare qualsiasi altro giorno dell'anno, e non fingere che gli interessi davvero solo perché è Natale. Insomma, è da ipocriti.
- Scendi e gioca con tua sorella. O domani niente mercatino dei libri.
E se ne andò.
Autumn non sopportava quando la madre giocava su ciò che lei amava di più: era un colpo basso, e lei odiava i colpi bassi. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non perdere una giornata a quel mercatino - che dopo Natale le sembrava sempre più bello -, così alla fine si arrese, decidendo di raggiungere gli altri.
Nell'istante in cui si alzò, cadde qualcosa vicino a lei. Prese la torcia elettrica e notò che dietro lo scaffale, a terra c'era una scatola rettangolare, sottile e completamente nera; eccetto che per la scritta, rossa, che distaccava nel centro: THE NEIGHBORHOOD.


La sala da pranzo era pregna dell'odore dei dolci di Maya: non aveva un freno, quando c'era di mezzo la cannella. C'era anche un sentore di disinfettante e tende pulite. Di casa d riposo. I nonni...
Autumn cercò di non farci molto caso e andò ad aiutare Delilah, che stava preparando la grande tavola da pranzo in mogano, attirando gli sguardi assassini della madre quando faceva cadere a terra una posata, o sbagliava l'ordine dei segnaposto - altra cosa che Autumn non sopportava: uno sarà pur libero di sedersi dove vuole, no? -: aveva la mente altrove, e non poteva evitarlo. Poco prima, aveva deciso di lasciare la scatola in soffitta, nascosta sul mobile dove l'aveva trovata, e tornare la sera dopo la festa per capire di cosa si trattasse; ma la curiosità è dura a morire, soprattutto se sei in grado di divorarti un libro in non più di tre o quattro giorni.
Alla fine non si rivelò una buona idea. Per tutta la giornata, Autumn non era riuscita a rispondere ad una domanda senza farsela ripetere due volte. Dopo l'ultima portata si era alzata da tavola, lasciando la sorellina a giocare con i suoi soldatini, agghindati per l'occasione.
- Si può sapere dove hai la testa oggi, ragazzina? - Abe e i suoi modi gentili. Sotto sotto era un grande orso coccolone, ma difficilmente lo mostrava.
- Scusa papà... - Autumn si mise a lavare i piatti sotto ordine del padre, che aveva insistito affinché la moglie si riposasse un po'. - Oggi non mi sento molto bene. Forse ho preso freddo in soffitta e mi sta venendo un po' di raffreddore, o qualcosa del genere...
Una delle cose buone di Abe era che credeva a tutte le scuse che accampava la figlia maggiore.
- Tesoro, sonno anni che ti ripetiamo di non stare chiusa in quel posto. Non mi stupirei se ti fossi presa un malanno! - sospirò. - Sei proprio come tuo padre, testarda oltre ogni dire.
Dopo averle dato un bacio sulla fronte si sedette al pianoforte in sala da pranzo, deciso a suonar qualcosa per intrattenere gli ospiti.
Autumn si sedette sul tavolo della cucina, lasciando che le vibrazioni della Moonlight Sonata scorressero dentro ai muri e dentro di lei; aveva i piatti da asciugare, ed era contenta di rimanere un po' per conto sui, i pensieri che fluivano tutti verso quella scatola.
- Cos'è stato?
Dovevano averlo sentito tutti, visto che Maya - che non si distraeva certo con poco - si era allertata tanto.
Un tonfo proveniente dalla soffitta.
Poi un altro, più forte di prima.
La scatola.
Autumn corse di sopra, scappando dai rimproveri della madre che la seguirono per tutte le scale.
Si bloccò sull'ultimo gradino: la botola della soffitta era aperta, e la scatola la stava aspettando sul pianerottolo.
- E tu come ci sei finita qui? - chiese lei, come se il cartone potesse risponderle. Una vocina nella testa le disse che, in qualche modo, avrebbe potuto farlo.
Maya la chiamò dal salone, ma decise di non risponderle. Portò la scatola in camera, esitante nei suoi calzini verdi, pensando di nasconderla sotto al letto. Prima o poi qualcuno l'avrebbe trovata e avrebbe fatto delle domande, così tentò un'altra via:
- Mamma, non mi sento molto bene, forse ho mangiato troppo - disse ad alta voce, in modo che tutti potessero sentirla. - Credo che mi sdraierò un po' a letto.
Maya andò verso di lei con l'aria preoccupata, seguita a ruota dalla figlia più piccola:
- Oh, povera piccola! Vuoi che ti porti qualcosa di caldo? Un thè magari? Potrebbe farti sentire meglio!
- N-no mamma... va bene così, grazie.
Diede un bacio alla madre e salì in camera, la lentezza non troppo sicura di chi stava per scoprire qualcosa di inimmaginabile, surreale. E la speranza che nessuno la disturbasse per qualche ora.


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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 17, 2020 ⏰

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