"Mica l'ho perdonato" rispondo immediatamente al mio migliore amico alzando di scatto la testa per incrociare i suoi occhi.

"Però vi siete baciati" aggrotta le sopracciglia non seguendo il discorso.

"È stato un attimo, entrambi non abbiamo capito più niente" sospiro con una mano tra i capelli che sposto da davanti agli occhi.

"Com'è stato?" domanda curioso il regista juventino.

"E me lo chiedi anche?" un sorriso ebete mi si stampa sul viso mentre penso al contatto delle nostre labbra. "È stato perfetto" mi mordo il labbro inferiore non riuscendo a togliermi dalla testa quel momento romantico.

"Sai cosa fare, non hai bisogno di qualcuno che te lo dica, ma non voglio vederti di nuovo stare male, quindi pensaci bene" mormora Miralem mentre mi accarezza le guance con i pollici e mi guarda fisso negli occhi.

"Grazie, fratellone" gli scompiglio leggermente i capelli sorridendogli in modo genuino e sincero. "Non tornerò immediatamente tra le sue braccia, deve capire tutto il male che mi ha fatto" lo rassicuro dandogli un bacio sulla guancia ricoperta dalla barba incolta, che mi fa il solletico.

"Ti voglio bene, Oli" sussurra il bosniaco al mio orecchio lasciandomi un leggero bacio sulla tempia e stringendomi forte a sé.

"Anch'io tantissimo, Mire" rispondo accarezzandogli i capelli corti sulla nuca. "E mi raccomando, se ti viene in mente di fare uno dei tuoi tiri da fuori area dopodomani avvisami prima" gli faccio l'occhiolino aiutandolo a portare la valigia fuori di casa e a caricarla in macchina, prima di salutarlo per lasciarlo andare a raggiungere i ragazzi in partenza per Atene.

Approfitto della solitudine per portarmi avanti con il progetto, dato che negli ultimi giorni – complici la trasferta e la confusione che ho in testa – non sono riuscita a concludere molto.


Torino, 5 dicembre 2017

Sintonizzo la televisione su Olympiacos-Juventus con addosso la maglietta di Federico e la sciarpa bianconera al collo. Ho indossato la maglia numero trentatré senza nemmeno rendermene conto, la forza dell'abitudine si è impossessata di me e me l'ha fatta mettere contro il mio volere.

Sulla carta dovrebbe essere una partita facile e senza troppe sorprese ma – come ormai è chiaro a tutti – per la Juventus non esistono partite facili o difficili. Sono tutte come delle finali di Champions League e come tali devono essere affrontate.

L'inno della Champions mi fa rabbrividire e mi viene la pelle d'oca nel sentire quelle note trionfali. Il sogno di alzare al cielo la Coppa dalle Grandi Orecchie è uno di quelli più ricorrenti di tutti i tifosi juventini, tanto che per molti è diventato quasi un'ossessione.

I bianconeri non ci mettono molto ad imporre il loro gioco sui padroni di casa e portano la Vecchia Signora sull'1-0 dopo appena quindici minuti dal fischio d'inizio con la rete di Juan Cuadrado.

La partita scorre in totale controllo da parte degli uomini di Allegri anche se rischiano di subire gol per due volte, ma l'abilità del secondo portiere bianconero salva la Juve.

La gara è ormai terminata: manca un minuto al novantesimo più qualche minuto di recupero. La Juventus con questa vittoria si accaparra il secondo posto nel gruppo D, alle spalle del Barcellona. Con questo piazzamento si garantisce il passaggio agli ottavi di finale e la continuazione del suo percorso nella competizione più prestigiosa d'Europa.

All'ottantanovesimo Federico tira con un sinistro potentissimo e mira all'angolo basso sul secondo palo, raddoppiando il vantaggio juventino. Il mio cuore si ferma per un secondo e ricomincio a respirare regolarmente soltanto quando la rete dello stadio greco si gonfia per merito dell'uomo che amo di più sulla faccia della Terra. Inizio a saltare come un'idiota per tutto il salotto di casa Pjanic stringendo a me la maglietta di Federico come se così facendo lo sentissi vicino a me. So solo che se fossi con lui in questo momento non riuscirei a stargli lontano e lo bacerei esattamente come ho fatto a Napoli.

Fino alla fine || Federico Bernardeschi || [IN REVISIONE 👩🏼‍💻]Where stories live. Discover now