Quarantacinque

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Torino, 7 novembre 2017

Dopo il messaggio che mi ha inviato alla fine della partita contro il Milan, Federico non si è fatto più sentire. Io non gli ho risposto perché non ho nulla da dirgli, tutto quello che dovevo dire l'ho detto, lui invece non ha mosso un dito per fare un passo verso di me, come ormai sta facendo da più di un mese.

Non mi dispiace neanche più di tanto, ormai ho imparato a non aspettarmi mai niente dalle persone in modo da non rimanerci male quando mi deludono.

Martedì scorso i ragazzi hanno pareggiato contro lo Sporting Lisbona durante la trasferta in Portogallo che valeva per la fase a gironi della Champions League. Da allenatrice, è stata una partita inguardabile, la squadra era sottotono probabilmente ancora provata dalla vittoria contro i rossoneri avvenuta solo tre giorni prima. Il clima non è migliorato nel weekend appena trascorso, dove all'Allianz si è giocata la partita contro il Benevento – ultimo in classifica e già con un piede e mezzo in Serie B. Era una partita simbolica, i ragazzi vestivano la maglia celebrativa dei 120 anni di Juventus, ma abbiamo portato a casa la vittoria con molta fatica. Un 2-1 sudato e per niente scontato ha concluso la nostra dodicesima giornata di campionato, merito delle reti di Higuain e Cuadrado.

Ieri è ricominciata un'altra settimana infernale all'università – l'ennesima – dove io, con i miei fedeli compagni di progetto, abbiamo dovuto ingegnarci per avere un'idea all'altezza del nostro lavoro. Vogliamo che il nostro progetto sia fatto bene e per avere un buon voto all'esame occorre avere idee originali e poco scontate. Lo stress è sempre di più, anche perché si avvicina la sessione invernale e, di conseguenza, il Natale. Le festività implicano la lontananza dei miei compagni dal capoluogo piemontese, dato che entrambi torneranno nelle rispettive città natali per passare le feste in famiglia. Io non so nemmeno se festeggerò con mio padre, se la situazione non cambia. Il suo capo non ha la minima intenzione di farlo tornare in Italia, dice che è l'uomo più importante del suo gruppo di ingegneri e non può permettersi di farsi scappare i clienti americani. L'unico con la giusta esperienza e capacità di convincere i clienti in questione pare essere mio padre.

Ho sempre odiato le feste, non ci ho mai trovato nulla di speciale anche perché non ho mai avuto una vera e propria famiglia unita e amorevole con cui passare il Natale. È un giorno come tutti gli altri e molto probabilmente lo passerò a lavorare con qualche bicchiere di vino.

"Non ti ha più scritto?" domanda Paulo mentre si siede al mio fianco sul divano di casa Pjanic.

"L'ultima volta sabato, dicendomi che dovevamo parlare" sbuffo, concentrata nel scegliere la formazione migliore per battere l'argentino a FIFA.

"Meno male che doveva parlarti il prima possibile. È passata più di una settimana" interviene Miralem che fa capolino dalla cucina.

"Cosa combini tu, Cenerentolo?" scoppio a ridere notando tutti i vestiti del bosniaco sporchi di farina.

"Devo preparare dei biscotti per Edin da portare domani a scuola" cerca di pulirsi le mani sui pantaloncini neri della divisa peggiorando solo la situazione.

"Chiamami prima di dare fuoco alla casa" scuoto la testa ridacchiando.

"Sei proprio una bella cameriera" l'accento sudamericano di Paulo alle mie spalle mi fa girare velocemente verso la sua direzione. Lo vedo filmare il centrocampista con il suo cellulare e sono abbastanza sicura che quel video finirà nelle sue storie di Instagram del giro di pochi secondi.

"Te la faccio vedere io la bella cameriera, scroccone di merda" replica il mio migliore amico lanciandogli uno straccio sporco di farina che imbianca sia me sia il numero dieci.

Fino alla fine || Federico Bernardeschi || [IN REVISIONE 👩🏼‍💻]Där berättelser lever. Upptäck nu