26. Romeo e Giulietta pt.1

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- Sì, invece - urlai di rimando.

- Wendy, ti ho detto di no. Zack, dì qualcosa - strillò mia madre, raggiungendomi.

- Ci sono tutti i miei amici -.

- Anche Aiden? - intervenì mio padre, affacciandosi dalla cucina.

- Certo - dissi con la gola in fiamme, aprendo la porta e correndo giù per il portico.

Sentì la porta chiudersi alle mie spalle, poi aprii il cancelletto e camminai svelta verso la casa degli Evans.

Le temperature si stavano alzando con l'arrivo della primavera e non avrei patito il freddo più di tanto.

Salii sul loro portico, suonando il campanello un attimo dopo. Il padre di Aiden venne ad aprire. L'avevo visto pochissime volte di sfuggita.

- Salve. Cercavo Aiden - dissi in fretta, presa alla sprovvista.

Assomigliava parecchio al figlio, al contrario della moglie. Avevano la stessa forma del viso e lo stesso atteggiamento.

- Tu devi essere Wendy Jones.- determinò, studiando il mio viso - Ad ogni modo, Aiden questa sera non può uscire -.

Lo guardai accigliata per un paio di secondi, prima di fare un passo indietro.

- Ah... - riuscii solamente a dire.

- Buona sera - aggiunsi, voltandomi e andando via.

In realtà, sarebbe dovuto passarmi a prendere Josh insieme a tutti gli altri fin dall'inizio, ma se fossi rimasta un altro minuto dentro quella casa ero certa che i miei non mi avrebbero fatta uscire. Quindi avevo pensato di farmi dare un passaggio da Aiden, sebbene l'idea mi mettesse più ansia del solito.

In quei due giorni a scuola ci eravamo comportati normalmente. A mensa parlavamo e durante le ore in comune ce ne stavamo per conto nostro. Non avevo ancora capito cosa fossimo dopo quel bacio, ma semplicemente speravo di non essermi di nuovo illusa.

Da quando era venuto a scusarsi, sempre se quelle potevano essere definite scuse, tra di noi era cambiato qualcosa.

Mi sedetti su uno scalino di legno sul portico di casa mia. Nella speranza che i miei non mi vedessero ancora lì fuori, mandai un messaggio sulla chat di gruppo.

State arrivando? Sono già fuori.

Un tonfo sordo mi fece alzare lo sguardo dallo schermo del telefono. Aiden stava già correndo giù dal portico.

Era stato lui a chiedere a suo padre di dirmi che non sarebbe uscito?

Indossava un paio di jeans che gli fasciavano perfettamente le gambe e un bomber marrone, probabilmente scamosciato.

Aprì l'auto con il telecomando in tutta tranquillità e fece per salire, bloccandosi quando finalmente mi notò.

- Wendy - mi chiamò. Il mio nome era una melodia che usciva dalle sue labbra.

- Che fai qui fuori? - chiese avvicinandosi cauto.

- Sto aspettando gli altri -.

- Vuoi un passaggio? Sto andando alla festa -.

Sorrisi, mentre si fermava dall'altra parte del cancello a pochi metri da me.

- Quindi nessuno ti deve più supplicare per andare alle feste? -.

Ricambiò il sorriso divertito, scrollando le spalle.

- Tuo padre mi ha detto che non saresti uscito -.

- Mio padre? - chiese confuso. Corrugò la fronte, come se avessi dichiarato di aver parlato con un fantasma.

Mi alzai, passandomi le mani sulla gonna di jeans, e lo raggiunsi.

- Sì, poco fa -.

Annuì, tornando alla normalità. Aiden si era ammutolito tutto ad un tratto e sembrava aver dimenticato il motivo per cui era uscito di casa.

Davvero suo padre mi aveva mentito?

Dall'espressione che regnava sul suo viso sembrava che avesse mentito anche a lui. In quel preciso istante tutto ciò che ci stava accadendo era legato da un filo invisibile.

I miei mi impedivano di frequentare Aiden e i suoi cercavano di allontanarmi da lui. Appena dieci giorni prima Amanda era stata a casa mia per parlare con mia madre. Parlavano di qualcosa che avrebbe rischiato di fallire.

Aveva a che fare con noi due?

Era incredibile che lo avessi capito solo in quell'istante. Ma, alla fin dei conti, come avrei potuto farlo prima?

I fari di un'auto vicina e il sottofondo di bassi mi distrasse dai miei pensieri, preannunciando l'arrivo dei miei amici.

Aiden si voltò, mentre Dylan abbassava il finestrino anteriore. - Ehi, ragazzi - ci salutò. Il mio vicino gli si avvicinò al finestrino per salutarli, mentre io me ne restai indietro, ancora confusa.

Dylan scese dall'auto. - Vado in macchina con Aiden -.

Annuii, prendendo il suo posto accanto a Josh.

Il tragitto fu breve, come sempre a West Chester, e Lisa e Bryan avevano cantato per tutto il tempo.

A casa Hamilton c'era già la solita confusione e intravidi Jennifer davanti la porta che salutava gli ospiti. Chissà dove si era nascosta Carrie. Non credevo avesse voglia di festeggiare.

- Stasera minigonna, eh? - mi canzonò Dylan, ancora fermi accanto le due auto.

- Smettila -.

- Tra te ed Aiden c'è qualcosa, vero? - continuò a stuzzicarmi.

- Parliamo di te e Jennifer -.

Alzò gli occhi al cielo, appoggiandosi alla macchina di Josh. - Abbiamo litigato dopo scuola - mi mise al corrente.

- Per le solite scemenze? -.

- Più o meno -.

- Entriamo? - strombazzò Lisa, passandoci affianco e tirandomi per un braccio.

Salutammo Jennifer, tutti tranne Dylan, e ci spostammo subito in salotto. L'angolo bar era accerchiato da una decina di ragazzi, mentre altri se ne stavano seduti a chiacchierare oppure in piedi. Non ballava ancora nessuno, sebbene la musica non mancasse e il DJ fosse capace. Le luci erano già spente e il fumo delle sigarette si era trasformato in una nebbia pesante che non faceva altro che espandersi.

- Pensavo... - esordì Lisa, dopo aver aggiunto ingoiato il liquido del suo bicchiere - che manca poco più di un mese alla fine della scuola -.

- E ci sei arrivata ora? - la scimmiottò Dylan, sorseggiando anche lui dal suo bicchiere.

Lisa gli fece il dito medio e riprese a parlare.

- Che ne dite di andarci a fare una gita? Anche di soli quattro giorni -.

- Sarebbe stupendo - concordai, sognando già di trovarmi in qualche spiaggia deserta insieme ai miei amici.

Dylan alzò lo sguardo, ignorando la proposta di Lisa e seguì la sua ragazza in cucina. Lisa stava discorrendo già con Bryan della nostra vacanza, che probabilmente sarebbe rimasto un sogno proibito. Sapevo già che i miei me l'avrebbero negato.

- Bolton! -. Josh si voltò alle sue spalle, abbracciando amichevolmente un nostro coetaneo. - Come stai, amico? - gli chiese quello.

Ad un tratto mi sembrò che io ed Aiden fossimo rimasti soli nella penombra violacea di quella stanza.

- Non bevi? - gli chiesi. Eravamo gli unici a non aver preso nulla.

- Non mi va adesso -.

Annuii, guardandolo negli occhi. Sapeva anche lui che non era quello il quesito che avrei voluto porgergli.

- Aiden, - cominciai - cosa sai di quello che sta succedendo? -.

Come la peceWhere stories live. Discover now