Capitolo 7

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Canzoni per il capitolo:

Storm: Ruelle

Je te pardonne: Maître Gims ft Sia

Cold and Clear: Cajsa Siik

Pioveva. Lo so, non sembra un evento da rendere particolarmente noto ma, pur essendo Ottobre inoltrato, era raro assistere alla pioggia, in quel periodo dell'anno, a Sydney. O almeno, per me sembrava insolito, visto il clima secco e caldo delle giornate precedenti.

Proprio come il cielo plumbeo di quel giovedì pomeriggio, anche il mio umore era altrettanto tetro e cupo. Questo perché il giorno dopo sarebbe stato il compleanno di mio padre ed io, nonostante avessi tentato con ogni fibra della mia materia grigia di convincere mia madre a farmi andare a Chicago anche solo per due giorni, ero costretta a vedere scorrere quell'evento come se non fosse altro che un comune giorno settimanale.
«Non salterai la scuola solo perché tuo padre compie gli anni. La mia risposta rimane sempre e comunque no!» aveva urlato una settimana prima, quando avevo provato a farle capire quanto fosse importante per me tornare a casa.
«Non ti chiedo mai nulla di troppo, mamma, almeno questo concedimelo», avevo ribattuto io, in una lamentela davvero pietosa. Avevo toccato il fondo, perché mai avrei dovuto passare ai piegamenti. Non con mia madre.
Ovviamente, come da cliché, avevamo dato inizio ad un litigio epocale, divampato con l'utilizzo di toni accesi e coloriti, che non avrei mai pensato di usare con lei.

Inutile dire di esser finita anche in punizione, ma tanto meglio: se non fossi andata a Chicago, tanto valeva illudersi di non andare per causa di forza maggiore, e non per colpa di una stupida reazione gelosa di mia madre. Perché sì, che lo ammettesse o meno non importava: a lei non stava bene il legame che avevo instaurato con mio padre, nonostante non fosse particolarmente presente nella mia vita.

«Ricorda, Lilly, il tuo papà sarà sempre a tua disposizione».
Già, era il sempre che lo aveva fregato.

Continuai ad osservare i rivoli d'acqua scendere in picchiata contro il vetro della finestra della mia stanza. Avevo ancora le mascelle serrate e i denti dell'arcata superiore stridevano contro quelli dell'arcata inferiore.
«Una ragazza non si arrabbia mai, soprattutto se vuole mantenere una pelle giovane ed elastica», dice sempre zia Tammy, la sorella di mio padre. In quel momento non trovavo rilevante rievocare il suo mantra di sopravvivenza per la bellezza eterna, ma stavo così tanto digrignando i denti e aggrottando le sopracciglia, che notai allo specchio alcune rughe di espressione.
Sbuffando mi allontanai dalla finestra e spostai lo sguardo lontano dallo specchio a muro, fin quando non sentii qualcuno bussare alla mia porta, che - per inciso - avevo appositamente chiuso a chiave.
«Non mi interessa parlare con nessuno. E se sei mia madre - e spero per te di no - ti consiglio di starmi lontana almeno per una settimana.»
Il bussare si intensificò e, strascicando i piedi nudi sul pavimento, sbloccai la porta e aprii velocemente, facendo in modo che l'intruso incespicasse sui propri passi e perdesse l'equilibrio, fandogli baciare la moquette.
Era Nick. Mi sentii in colpa solo per un fugace istante.
Si tirò su in piedi e mi sorprese con il suo sorriso sfacciato che utilizzava solo ed esclusivamente con Lena - Sì, quando sono arrabbiata con mamma ho il pessimo vizio di riferirmi a lei utilizzando il suo nome di battesimo -, la quale si scioglieva. Ovviamente.

Beh, con me non sortì lo stesso effetto, al contrario mi venne una irrefrenabile voglia di farglielo dissolvere dal viso a suon di melodici ceffoni. Ma ero pur sempre la figlia della sua fidanzata e, nonostante a me la sua presenza tediasse, dovevo a tutti i costi frenare certi impulsi barbari. Ma non per mia madre, quanto più per Lucas. Quell'uomo era pur sempre suo padre.

«Posso accomodarmi?» borbottò, ma avevo già intuito dal suo tono che quella non fosse una domanda, bensì una tacita affermazione.
Io non mi demoralizzai ugualmente.
«Sei già dentro, perché porre domande inutili?» replicai tagliente, a braccia conserte, pronta a dirigermi verso il letto per potermi sedere prima di utilizzare le gambe per scopi poco nobili. Come ad esempio tirargli un calcio sullo stinco.
Si sedette accanto a me, scelta sbagliata, e fece scivolare una mano sopra la mia spalla, stringendola timidamente.
Roteai gli occhi inconsapevolmente, mi dimenai per sottrarmi alla stretta e aggiunsi ulteriore spazio tra noi.
Sospirò.
«Non dovresti tenere il muso a tua madre. Lei ti vuole bene», disse con ovvietà. Ma dai?
Trattenni a stento una risata beffarda. «È una discussione a cuore aperto tra padre e figlia
«Non capisco, nonostante sia passato un mese e mezzo, perché non ti piace l'idea di avere una nuova famiglia. Mi sembra che con Luke le cose vadano bene, quindi qual è il problema?»
Non dirlo, Ella, non provare a dire una sola parola di ciò che pensi.

Worst Love [Luke Hemmings]Where stories live. Discover now