Nonostante continuassi a rifiutarmi di scendere giù per aggregarmi a quel gruppetto, mia madre mi promise di farmi andare alla fantomatica festa, quella sera. Per quanto non potesse interessarmi partecipare, Sarah mi aveva chiesto di supplicarla, se necessario, affinché potesse lasciarmi andare, anche perché Luke non aveva più insistito per portarmi con sé a tutti i costi. La mia presenza non era più così importante. Questo per far capire che tipo di rapporto poco tollerante aleggiava tra noi.
Mi preparai velocemente, sostituendo la tuta, con cui ero solita dormire, con un paio di jeans slavati e una canottiera lisa, dal colore porpora dopo vari lavaggi estremi in lavatrice. E il colore di partenza era il corallo.
Raccolsi i capelli in una coda disordinata e mi decisi a scendere in cucina, dove trovai Cassidy accanto a lui, seduta dove solitamente prendevo posto io, e Nick di fronte a lei impegnati a ridere per non so quale ragione. Anche mia madre, scesa qualche minuto prima di me, stava partecipando alla conversazione, interessata alle parole che le uscivano di bocca.
Quest'ultima, l'unica che notò la mia presenza facendomi sentire un essere vivente in carne ed ossa e non inconsistente, mi fece un segno con la mano invitandomi ad avanzare, al che il resto si voltò verso di me. Luke non mi sorrise, anzi si irrigidì; il sorriso di Cassidy si tramutò in una smorfia raccapricciante, lanciandomi occhiatacce di puro disgusto. Come se a me facesse piacere fare colazione in sua presenza. Avevo già la bocca dello stomaco serrata, quindi avrei anche evitato una esemplare figuraccia davanti tutti i presenti.
«Ella, tesoro, non rimanere imbambolata lì davanti. Vieni a sederti con noi.» Fu mamma a rompere il silenzio generato dal mio arrivo. Luke strinse le labbra in una linea impercettibilmente dura, e tornò a prestare attenzione a Cassidy, la quale si era già dimenticata della mia presenza corporea in quella stanza.
Avanzai cauta verso il tavolo, colpendo distrattamente con la punta delle scarpette la sedia di Luke. Probabilmente per renderlo partecipe della mia esistenza, dato che - fino a quel giorno - sembravo essere diventata un fantasma.
Mi toccò accomodarmi a capotavola, tra mamma e lui, mentre gli occhi di tutti erano focalizzati sulla ragazza.
Dopo quindici minuti di discussione su quanto lei fosse contenta di rendersi utile per Luke, portandogli i compiti e gli appunti di algebra e storia, mi schiarii la gola sgranchendomi le dita di una mano come se avessi dovuto prepararmi ad uno scontro all'ultimo sangue.
«Mi dispiace interrompervi, ma potresti passarmi la frutta, Cassychiesi dolcemente, usando di proposito il nomignolo che Luke le aveva donato come pegno del loro infinito amore inesistente. Inesistente quanto la sua fantasia da oca giuliva, perché ero convinta che lei avesse sì la bellezza, ma un cervello vuoto come i buchi neri universali.
Lei sbattè le palpebre smarrita, come se non si aspettasse che la prima tra le due a iniziare a parlare con l'altra, sarei stata io.
«Prendila da sola», rispose stizzita. Allargai gli occhi, allibita, contando fino a dieci prima di maltrattarla verbalmente. Se Nick e mia madre non vedevano che tipo di arrogante fantoccio avessero invitato in casa, allora dovevano soffrire di stupidità progressiva.
Gli adulti, o quelli che avrebbero dovuto esserlo, la guardarono in tralice, così scosse il capo ricomponendosi, e mi sorrise. Afferrò il cesto con la frutta e me lo gettò davanti, senza dare nell'occhio.
«Ecco a te, cara.»
Se prima di allora avevo considerato il comportamento di Luke infantile, senz'altro quella ragazza superava le mie aspettative.
Poteva una persona risultare più indisponente di lei?
Mi voltai verso Luke, osservandolo con biasimo. Anche lui mi stava fissando, col medesimo occhio critico, come se fosse colpa mia se Cassidy fosse per natura una diciottenne frivola.
Ignorai l'occhiata eloquente, continuando a sorridere, angelica.
«Mi chiedo solo come possano piacerti le ragazze biologicamente problematiche. Per non parlare del fatto che sembra non avere un minimo di scatola cranica.»
Lui, per tutta risposta, allungò il piede colpendo la mia caviglia. Mi morsi la lingua prima di dirgli quanto fosse tornato il solito fastidioso imbecille, e mi limitai a scrollare le spalle.
«Sai? Ti preferivo quando ti piangevi addosso per quella tua amica che - evidentemente - ti ha spezzato il cuore. Sembravi più umano», lo rimbeccai arrogante, addentando la mia mela.
«Quindi tu e Luke siete amici?» chiese Nick, mentre teneva un braccio attorno le spalle di mia madre.
Cassidy aveva continuato a tenere le labbra distese in un sorriso imbarazzato, senza alcuna motivazione, rimanendo comunque assorta nella sua spiegazione futile su come fosse rammaricata circa il rapporto amichevole col mio fratellastro. Quest'ultimo, in tutto ciò, stava continuando a passarsi le dita tra i capelli scarmigliandoli maggiormente.
Sembravo esser stata proiettata in un universo parallelo, ancora una volta, e cercavo di capire cosa esattamente ci trovassero tutti in Cassidy.
Bellezza fisica ed estetica a parte, aveva l'animo nero come il carbone, e la simpatia sprezzante di chi non aveva effettivamente mai riso in vita sua. Sembrava sempre seria, non conosceva alcuna espressione facciale, eccetto quando parlava con me; in quel caso riuscivo a toccare il suo disappunto. Potevo ritenermi privilegiata.
«Lukey, che ne dici se cominciassimo a studiare? Potremmo iniziare con filosofia», propose lei, elettrizzata all'idea di passare del tempo sola con lui.
Il problema era che non frequentava la classe di filosofia, e poco ma sicuro che non sapesse cosa si studiasse per quella materia. Così mi intromisi io incurante del suo ammonimento.
«Cassy, ma tu non frequenti filosofia con noi. Posso aiutare io Luke a studiare.»
Vedendo i suoi sogni sfumare, sembrò che mi avesse alzato il dito medio, ma non ne ero sicura, anche perché fu un movimento così irruento che pensai di aver immaginato tutto.
I nostri genitori ammutolirono, e fu Luke ad intervenire.
«Cassy, ha ragione Ella. Pensavo avessi portato gli appunti di storia contemporanea.»
Forse avevo qualche problema visivo, ma non vi era alcuna traccia di carpette o fogli che mi portassero a credere all'apparente motivo della sua presenza, quella mattina. Poi supposi che, in realtà, Cassidy era migliore di me anche per fare la stalker. Non che io fossi arrivata ai suoi livelli: non mi trovavo sempre negli stessi luoghi frequentati da Luke, tanto meno mi avvinghiavo a lui come un rampicante o come se fosse stato chissà quale dolce raro e prelibato difficile da trovare sul mercato.

Worst Love [Luke Hemmings]Donde viven las historias. Descúbrelo ahora