Capitolo 30

2.5K 109 14
                                    

Marta

Guardo inebetita il muro davanti, Fabry sta ancora rantolando vicino a me, credo stia tentando goffamente di mettersi in piedi.
- Ti porto all'ospedale? - non lo guardo negli occhi mentre glielo dico.
- No... credo che... mi chiameresti un taxi? Torno a casa -
- In questo stato? Ti ci porto io -

Fabry tenta di protestare ma prendo le chiavi della macchina e inorridisco nel farmi appoggiare quel maledetto braccio sulla mia spalla, devo sorreggerlo almeno fino all'auto, forza Marta, supererai anche questa.
- Marta... io -
- Sta zitto - non reggerei delle scuse, mi fa ribrezzo, per me è un estraneo ormai.

Arriviamo al suo appartamento trafelati, io sono in un lago di sudore Fabry abita al terzo piano senza ascensore ed io credo di avere la febbre, non mi sento per niente bene.
Lo lascio scivolare sul letto e non mi metto sicuramente a spogliarlo, la crocerossina Marta ha finito il suo arduo compito.
- Marta mi dispiace... non so cosa mi sia preso - è una voce incrinata la sua, mi permetto la debolezza di guardarlo anche solo per un secondo e lui mi sta fissando con uno sguardo così colpevole.
- Anche a me... spero ne sia valsa la pena Fabry perché io di te non ne voglio più sapere, addio -
Cerca di sfiorarmi la gamba ma io mi ritraggo velocemente e quasi corro verso la porta d'entrata.
- Marta non lo denuncio stai tranquilla - urla dalla camera da letto.
Mi fermo e un sorriso sinistro spunta sulle mie labbra - Preoccupati per la mia di denuncia piuttosto! - gli urlo e finalmente corro giù per le scale e mi allontano da lui.

Neanche salita in macchina mi metto a piangere, sto male, ho i brividi, non so se sia il freddo, ho la giacca ma è come se fossi nuda in mezzo alla strada. Mi riprometto di smettere e di correre a casa per dimenticare l'indimenticabile ma non la smetto e solo quando ho pianto anche l'ultima lacrima accendo e parto.

Fabry cosa mi hai fatto? Sei lo stesso che mi portava i libri quando non stavo bene a scuola e lo stesso che mi abbracciava quando Alby aveva compiuto il più vile dei tradimenti?
Me ne devo fare una ragione, sei lo stesso che poche ore fa mi ha quasi violentata, per un'ossessione hai detto e sei lo stesso che per me non esisterà più d'ora in avanti.

Arrivo giusto in tempo a letto per buttarmici sopra e per chiudere gli occhi e provare a spegnere il cervello, ho la testa che mi gira e scotto, dovrei alzarmi per prendere un'aspirina ma niente, chiudo gli occhi.

Sono le due di notte e mi rigiro nel letto, sudata e infreddolita allo stesso tempo, vorrei morire, che vita di merda, ieri sera non ho solo perso l'amico di una vita, un fratello, ho perso lui, l'amore che stava nascendo, la fiducia che avevo ritrovato in me stessa e nell'altro sesso, ho perso Cristian.
Neanche una chiamata, un messaggio, meglio così, lo picchierei fino a fargli la faccia più viola di quella di Fabry se ce l'avessi davanti in questo momento.
Come ha potuto solo pensare che lo stessi tradendo e soprattutto come ha potuto non accorgersi del mio sguardo vitreo e inorridito quando mi ha dato il colpo di grazia.
'Stai lontana da me' mi ha detto, tranquillo Cristian, per me sei morto e sarai tu a stare ben lontano da me, d'ora in avanti.

Sono riuscita finalmente ad alzarmi, è quasi mezzogiorno e non ho dormito quasi niente, appoggiandomi qua e là riesco ad andare a prendere il termometro e anche l'aspirina in bagno, dovrei mangiare qualcosa prima ma vomiterei se lo facessi. Mi sdraio sul divano, a metà strada, dopo essermi misurata la febbre e aver scoperto di averla e anche alta, trentanove e mezzo.

Potrei stare in questa posizione per giorni, qui sul mio divano, lontana da tutto lo schifo che ho intorno ma qualcuno bussa alla porta ed è Laura - Marta apri! So che sei in casa -
Cavolo non l'ho neanche avvertita, dovevamo vederci all'atelier, siamo così indietro con il lavoro dopo la fiera. Fortunatamente il lavoro si è duplicato ma al momento non ho la forza neanche di prendere la matita in mano.
- Arrivo - mi trascino verso l'entrata con i vestiti addosso ancora di ieri sera, mi sento uno straccio.

- Ehi ma che ti succede? - mi accoglie quasi furibonda Laura.
- Ho la febbre - le volto le spalle, capirebbe subito dal mio sguardo che c'è ben altro e torno al divano.
- Una telefonata no? Neanche Fabry si è presentato e quando l'ho chiamato non mi ha neanche risposto ma se per lui non mi sono stupita, per te Marta... non me l'aspettavo ecco. Da sola ho concluso ben poco, ho chiuso l'atelier e sono venuta a cercarti -
- Scusa Laura, ho avuto una serata come dire... rocambolesca -
- Che vuoi dire?! -
- Se non lo dico a qualcuno scoppio ma... non è facile... - le lacrime tornano ad invadermi il viso.
- Ehi ma cosa è successo, mi stai facendo preoccupare Marta - Laura mi prende le mani e si siede sul divano, vicino a me.

Parto con il racconto e sono un fiume in piena, Laura sgrana gli occhi e si alza andando avanti e indietro per il salotto - Ma come cavolo si è permesso?! Adesso io vado da lui e lo prendo a bastonate, gli dò il colpo definitivo, ma che stronzo... ok sapevo che aveva una cotta per te ma pensavo che col tempo... -
- Cosa?! Tu lo sapevi?! -
- Marta lo sapevano anche i muri, è da anni che ti muore dietro ma tu hai le fette di salame sugli occhi o cosa?! - è il mio turno di sgranare gli occhi e Laura sembra quasi accusarmi.
- Lo stronzo mi ha anche fatto credere che potesse interessarsi a me ed io ci ho anche sofferto quando mi ha messa in un angolo e tutto per farti ingelosire -
In effetti il suo ragionamento non fa una piega, soprattutto adesso che Fabry si è dichiarato nei miei confronti, che mente contorta, non voglio assolutamente più vederlo, ne sono sempre più convinta.

- Marta ma quindi... Cristian ha pensato che voi due stavate... -
- Non lo nominare, non mi interessa cosa ha pensato, non è andato oltre e... non lo nominare più, capito? -
- Ma Marta lui ha frainteso -
- Basta! Laura ho solo bisogno che tu mi porti quel plaid che c'è nel mio mobile in camera e... per un po' non verrò all'atelier. Ti chiamerò appena starò un pochino meglio -
Laura si avvia verso la camera e lo intravedo il suo sguardo compassionevole, non c'è nulla che potresti fare amica mia, la mia vita è un disastro e devo avere il tempo per rimettermi in piedi e andare avanti, un'altra volta.

Dopo cinque giorni ancora non ho voglia di tornare a lavoro, sto meglio fisicamente ma è dentro che sono ancora così rotta e così indifesa.
Torno al bar da Piero con i miei disegni, voglio riprovare a mettermi all'opera, a distrarmi, nel mio angolino e in completa solitudine.
Ma quando mi sto per avvicinare al mio tavolo, ho un déjà vu e Cristian lo sta occupando, proprio come quel giorno, nel nostro primo bizzarro incontro.
La mia cartellina cade vicino ai miei piedi e anche se la mia testa grida di correre via, il mio cuore si fa del male, per l'ennesima volta e mi costringe a guardarlo negli occhi trovandoli colpevoli e stanchi, quegli occhi verdi, quelle gemme che hanno pianto lacrime amare, forse più delle mie.

AMAMI se ci riesciDonde viven las historias. Descúbrelo ahora