Sala Meeting

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Romano aveva il palmo della mano appoggiato alla guancia, mentre osservava con sguardo assente la lancetta dei secondi dell'orologio appeso alla parete dietro a Germania che continuava a parlare. La cosa andava avanti da due ore e ormai anche gli altri presenti attorno al tavolo stavano ascoltando ben poco di quella riunione.
Romano posò uno sguardo sul biondo e aggrottò le sopracciglia. Per quanto ne aveva ancora quel crucco mangiapatate?
La cosa peggiorò ulteriormente quando questi, resosi conto del Meridione d'Italia che lo fissava, si fermò, osservandolo a sua volta.
-Romano, hai qualcosa da dire a riguardo?- gli domandò serio con uno sguardo glaciale.
-Sì, ho qualcosa da dire- rispose questi con il medesimo tono.
A quell'affermazione Germania rimase piacevolmente sorpreso e con un cenno della testa lo spronò ad esporre il suo pensiero.
-Posso prendermi un caffè?- disse con fare noncurante Romano guardandosi le unghie.
-Appena avrò concluso- controbattè il tedesco, stavolta deluso.
-Allora concludi- gli propose Romano con tono di sfida.
Germania alzò lo sguardo sugli altri presenti che, bastava notarlo dalle loro espressioni, erano d'accordo con il Meridione d'Italia.
Colpito e affondato, pensò Romano assottigliando lo sguardo e sorridendo appena.
Il teutonico accettò la sconfitta e raggruppò i fogli sul tavolo.
-La riunione è terminata- annunciò con tono fermo.
Tutti tirarono un sospiro di sollievo e si alzarono, facendo rumore con le sedie ed iniziando a parlare tra di loro, fino a quando la sala non fu completamente vuota e Romano andò a prendersi il suo agognato caffè.
Una volta alle macchinette, ci trovò suo fratello.
-Ve, fratellone! Io e Germania andiamo a mangiare qualcosa insieme a Giappone, vuoi venire? Può venire anche il fratellone Spagna!- gli propose sorridente.
-No, ci vediamo a casa- gli rispose secco Romano posizionando il bicchierino di plastica nello spazio apposito della macchinetta e premendo un pulsante.
-Ve, va bene, ma nel caso in cui cambiassi idea chiamami- si congedò Veneziano rivolgendogli un altro sorriso amichevole,  allontanandosi.
Intanto il caffè era pronto, così Romano lo prese e lo bevve tutto d'un sorso, poi strizzò il bicchierino di plastica nella mano e lo gettò nel cestino.
-Che merda questo caffè- imprecò tra sé e sé.
-Non è mica così disgustoso, dai- gli rispose una voce familiare alle spalle: Spagna, dietro di lui con il suo solito sorriso ebete sul viso.
-Mi offendi- disse l'italiano guardandolo male ed allontanandosi, ma lo spagnolo lo afferrò per un polso e lo fece indietreggiare fino a fargli aderire la schiena ad una parete.
-Che cazzo ti prende Antonio?- gli domandò Romano irritato, ma Spagna non rispose.
-Ma sei cretino?- continuò il Meridione d'Italia e Antonio gli avvicinò la bocca all'orecchio.
-Hai da fare?- gli chiese a bassa voce.
-Perché?- gli rispose invece l'italiano provando ad emulare un tono infastidito.
Antonio lo guardò dritto negli occhi senza dire nulla. Poi lo baciò e gli allentò la cravatta, sbottonando di poco la camicia.
-Che cazzo fai?- gli chiese Romano arrabbiato.
-E dai Romanito, non c'è nessuno- gli rispose Spagna appiccicando le labbra al collo di lui.
-E poi vedo che non ti dispiace- disse lo spagnolo sentendo il gemito che Romano si era fatto scappare.
L'italiano gli affondò una mano nei capelli ricci e chiuse gli occhi.
Pensandoci bene non lo facevano da...quanto tempo?
Mentre ci rifletteva, si ritrovò improvvisamente seduto sul grande tavolo di legno della sala meeting con le gambe allacciate ai fianchi di un Antonio con la camicia sbottonata che gli accarezzava le cosce.
Tutto sembrava andare alla perfezione.
L'ispanico, finita di sbottonare la camicia di Romano, la gettò da qualche parte mentre gli baciava la clavicola.
-È quella di Armani...- gli ricordò l'italiano sospirando e accarezzando la schiena abbronzata.
Spagna rise e gli sbottonò i pantaloni, sfilando la cintura con una lentezza disarmante.
-Sbrigati...- disse Romano con la voce ridotta ad un sussurro.
-Subito mi...-

-Deve essere sicuramente qui, dannazione-

I due si fermarono di colpo e si guardarono.

-DIO MIO GILBIRD-

...Gilbert?
Antonio rise leggermente cercando di sdrammatizzare, ma Romano lo colpì alla spalla.
-Mio amor stai tranquillo!- cercò di rassicurarlo lo spagnolo.
-Stai tranquillo un cazzo, Antonio! Io lo sapevo che darti ascolto non avrebbe portato a....-
Un cinguettio interruppe lo sproloquio dell'italiano, che voltò la testa un paio di volte per vedere da dove venisse quel verso.
Lì, sul davanzale della finestra, stava Gilbird, che li osservava con la testolina gialla inclinata. Romano gli fece segno di far silenzio mentre raccoglieva i vestiti seminati sul pavimento, ma il pennuto cinguettò più forte.
-Stronzo di un uccello...- mormorò.
-Gilbird, sei lì?- chiese la voce di Prussia, mentre i suoi passi si facevano sempre più vicini.
Intanto i due, ormai fuori dalla sala, si stavano allontanando.
Romano aveva il viso paonazzo ma non si capiva se per la rabbia o per l'imbarazzo e camminava avanti, imbronciato.
-E dai querido non fare così!- gli gridò Antonio rimasto indietro.
L'italiano si girò rivogendogli un'occhiata minacciosa.
-Stai zitto!- gli rispose, per poi riprendere a camminare.
-Ma io...- provò a dire lo spagnolo.
-Non devi parlare!- lo interruppe Romano.

-Romanito, ma...-
-ZITTO!-












Angolo dell'autrice
Ave, popolo di Hetalia.
Finalmente sono tornata e non vi nascondo che durante questo quasi anno di assenza mi fossi praticamente dimenticata di avere un profilo Wattpad, ma fortunatamente la mia mente ha partorito un'idea in questi mesi di vacanza.

Questa storia sarà articolata in una raccolta di oneshots, che spero di riuscire aggiornare ogni sabato.
Spero vi strappi un sorriso.

Ne approfitto per ringraziare tutti quelli che hanno continuato a leggere, votare e commentare "Indovina chi viene a cena", siete fantastici.
Baci❤

5 volte più unoWhere stories live. Discover now