capitolo 1

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TW: violenza, scene di sesso

Da piccola avevo sempre immaginato la mia vita come quella delle principesse: il principe che arrivava a salvarti quando ne avevi bisogno e ti portava al sicuro, degli amici e un bel lieto fine.
Ma arrivata a diciotto anni, capii che la vita non era una storia per bambini e non seguiva nessuno schema.
-Abigail- mi chiamò la professoressa di arte. Alzai la testa dai miei appunti e la guardai.
-Qual è il tuo quadro preferito?- mi chiese sedendosi sul bordo della cattedra e incrociando le braccia.
-Ehm... "Notte stellata sul Rodano" di Van Gogh- risposi arrossendo. Non mi era mai piaciuto essere al centro dell'attenzione, ancora meno se questa era dei miei compagni di classe. Di Lucrezia, in particolare. Fin dalle medie aveva sempre avuto astio nei miei confronti, anche se non ne avevo mai capito il motivo.
-Bellissimo quadro, Abigail- commentò la professoressa prima di fare la stessa domanda ad altre persone.
L'ora di arte era la mia preferita: sessanta minuti in un mondo nel quale avrei tanto voluto vivere; dove tutto era armonia. L'arte e il disegno erano, insieme alla musica, il mio porto sicuro. Quel posto dove potermi nascondere per sfuggire alla realtà.
Ma quei minuti, a volte, duravano davvero poco. La campanella suonò e questo significava solo una cosa: dovevo tornare a casa.
Sistemai tutto nella cartella e uscii dalla classe insieme a Veronica, la mia migliore amica. Veronica era l'opposto di me. Gambe lunghe e fisico slanciato, capelli neri come la cenere, corti fino alle spalle e occhi color mandorla (sua definizione, non mia). Io, invece, ero alta un metro e una Vigorsol e leggermente in sovrappeso. Ma andavo fiera dei miei occhi: azzurri ma con quale macchiolina gialla e marrone che, secondo Veronica, li rendevano unici nel loro genere; e dei miei capelli lunghi e biondi. Alle elementari puntavo ad averceli come quelli di Rapunzel, ma con gli anni mi ero decisa a tagliarli fino a metà schiena abbandonando così il sogno di lanciarli dalla finestra per far salire il mio principe.
-Vuoi andare a mangiare da Ugo?- mi chiese Ve appena fuori dal cancello della scuola.
Ugo era il nostro pub di fiducia che si trovava il fondo alla via. Di solito io e Ve ci andavamo dopo scuola per mangiare le ciambelle farcite e bere la nostra bibita ai frutti rossi.
-Vorrei tanto, ma non ho avvisato papà e sai come la pensa lui- dissi amareggiata. Quanto avrei voluto andarci, in realtà.
-Ho sentito Ugo, dico bene?- chiese Pietro, il mio fidanzato, avvicinandosi a noi. Lui aveva già finito le superiori ed andava all'università. Frequentava economia, per la precisione. Pietro era alto e muscoloso, capelli biondi e occhi scuri. Nessun tatuaggio perché, secondo lui, rovinavano l'immagine. Grande amante della palestra (e delle ragazze in palestra, aggiungerei).
Si avvicinò a me e mise un braccio attorno alle mie spalle. Mi lasciò un bacio veloce sulla testa per poi salutare Veronica con un sorrisetto.
-Sì, ma non se ne fa niente mi dispiace- rispose subito Ve senza nascondere il suo disprezzo nei confronti di Pietro. Non lo aveva mai sopportato e aveva cercato diverse volte di convincermi a mollarlo. Senza riuscirci, ovviamente.
-E perché?- chiese allora lui allontanandosi un po' da me per guardarmi negli occhi.
-Perché non ha avvertito suo padre e sai come finisce se lei esce senza dirgli nulla-
Veronica lo guardava con occhi pieni di odio, come se avesse voglia di prenderlo a pugni da un momento all'altro.
-Beh cara Veronica - rispose lui scandendo bene il nome -si dà il caso che io abbia chiamato Giulio per dirgli che avrei portato fuori a pranzo la figlia quindi, se permetti, vorrei portare Abigail da Ugo-
-Non se ne parla nemmeno, quello è il nostro posto! Tu non c'entri nulla. Diglielo Abby!-
Veronica si girò verso di me e mi guardò aspettando una risposta. Non avrei mai tradito la mia migliore amica.
-Pietro ascolta, Ve ha ragione. Quel pub significa davvero molto per noi. Magari per te non ha alcun senso ma ti posso giurare che per noi ce l'ha. Che ne dici se andiamo da un'altra parte? Al Gianni's per esempio, dicono che fanno dei panini strepitosi-
Sorrisi sperando di averlo convinto. Non avrei mai voluto litigare per un posto in cui pranzare, ma per Ve lo avrei fatto.
-E va bene. Mi sembra un'enorme cazzata ma non vorrei offendere i sentimenti della povera Veronica, quindi vada per il Gianni's-
Veronica stava per rispondergli, ma io la bloccai parlando prima di lei.
-E verrà anche Ve-
-Che cosa?- dissero entrambi guardandomi con gli occhi sbarrati. -Ve mi ha chiesto per prima di pranzare con lei ma tu hai detto a mio padre che mi avresti portata fuori quindi per far felici entrambi, usciremo tutti insieme-
Per fortuna alla fine accettarono questo compromesso e ci ritrovammo tutti e tre ad un tavolo del Gianni's a gustare un bel panino. Il nostro tavolo era nell'angolo in fondo al locale e per fortuna era abbastanza lontano dal gruppo di bambini che stavano festeggiando il compleanno.
Diedi un altro morso al mio panino mentre guardavo il festeggiato aprire l'ultimo regalo, e un po' di maionese mi cadde sui pantaloni.
-Oh cavolo- dissi prendendo un fazzoletto per cercare di pulirmi, ma non feci altro che peggiorare la macchia.
-Vedi cosa succede a prendere un panino così grande?- mi disse Pietro
-Cosa vorresti dire?- gli chiese subito Veronica
-Che mangia troppo, ecco cosa voglio dire. E poi si mette davanti allo specchio a guardarsi la pancia e a dire "guada qui", prendendosi i rotolini di ciccia fra le mani. Se vuole dimagrire, deve darsi da fare- le rispose per poi bere un goccio d'acqua.
-Dimmi un po' Pietro, ma non ti fai un po' schifo? Sarai anche un palestrato ma sei senza cervello. Ancora mi chiedo come hai fatto a entrare a economia. Ti sei fatto qualcuna, vero? Vorrei vedere te al posto di Abby! Tu parli e parli ma forse faresti meglio a tacere e basta-
-Okay ora basta ragazzi, dai. Ci guardano tutti- dissi sperando che la storia finisse lì.
-Io al suo posto mi metterei a dieta e cambierei amicizie- rispose Pietro guardando Veronica dritto negli occhi. Ma lei fece un sorrisino prima di dire -Io almeno non l'ho stup-
La fermai subito. -Okay basta, penso che sia sufficiente così-
Presi il bicchiere e finii di bere la bibita rimasta.
-Oh no- disse Veronica. Mi girai verso il lei per poi seguire il suo sguardo fino la porta d'entrata. Lucrezia entrò nel locale e si sedette nel tavolo vicino al nostro. Ma non era da sola.
-Ma guarda un po'. Ciao Abigail, ciao Veronica- disse guardandomi -Non sapevo che anche voi veniste qui dopo la scuola-
-Loro sono in classe con me- disse poi al ragazzo seduto di fronte a lei.
Io e Veronica ci guardammo. -Ma è la stessa Lucrezia?- sussurrai. Ve in risposta alzo le spalle.
Mi girai di nuovo verso di lei e risposi -In realtà è la prima volta che veniamo qui, ma devo dire che fanno dei panini davvero buoni-
-Sì, è vero. Il nostro preferito è il "Colosseo", lo avete assaggiato? Ha una crema al cacio fantastica!-
-No, ma lo prenderò la prossima volta allora. Grazie del consiglio- risposi sorpresa da quella versione così gentile di Lucrezia.
-Direi di andare adesso- disse Pietro alzandosi dal tavolo e prendendomi per un braccio.
-Okay ma non tirarmi- gli dissi tirando via la sua mano dal mio braccio.
-Lui è il tuo ragazzo?- mi chiese Lucrezia. Notai molta curiosità nei suoi occhi e non solo. Anche il ragazzo sembrava attendere la mia risposta. Era poco più alto di me. Capelli corti e mori un po' scompigliati, occhi marroni e diversi tatuaggi sulle braccia. Non feci in tempo a metterli a fuoco bene per capire cosa rappresentassero perché Pietro mi strinse di nuovo il braccio.
-Sì, sono il suo ragazzo. Ora se non vi dispiace, dovremmo proprio andare- li liquidò Pietro.
-E' stato un piacere incontrarvi. Buon pranzo-
Non feci in tempo a sentire le loro risposte perché venni trascinata fuori dal locale.
-Scusa ma il conto?- chiesi a Pietro puntando i piedi per cercare di fermarlo, ma senza molto successo.
-Lo pagherà la tua amichetta così impara a parlarmi in quel modo- rispose lui continuando a guardare davanti a sé senza nemmeno fermarsi.
-Non esiste! Lasciami! Voglio andare a darle la nostra parte!- dissi cercando di staccare la sua mano dal mio braccio. Ma più ci provavo, più lui stringeva. -Mi fai male, Pietro. Mollami! Mi lascerai il segno così- dissi urlando.
-E' quello che voglio, così la prossima volta ci penserai bene prima di portarti dietro quella là-
-Quella là ha un nome-
-Non mi interessa- disse con voce fredda. Eravamo davanti alla sua macchina, una Mercedes nera, quando Pietro si mise davanti a me ed appoggiò la sua fronte alla mia. -Lo sai come sono fatto. Odio quando qualcuno ti guarda troppo e quel tipo al locale non ti toglieva gli occhi di dosso. Tu sei mia, lo capisci vero?-
Dentro di me avrei dovuto provare amore nei suoi confronti, ma l'unica cosa che sentivo era ribrezzo.
-Lo capisci, Abigail?- chiese di nuovo stringendomi ancora di più il braccio.
-Sì, sì ho capito- risposi trattenendo le lacrime.
-Bene, ora sali in macchina che ti porto a casa-
Mi aprì la portiera per farmi salire e mi mollò finalmente il braccio. Lo massaggiai un po' nel tentativo di attenuare il dolore. Lui si sedette al posto del guidatore e si allacciò la cintura. Sfruttai quell'occasione per correre incontro a Veronica. -Dove diavolo vai?- urlò Pietro slacciandosi la cintura. Mi misi a correre più veloce che potevo. Vidi Veronica poco più lontano e la chiami urlando. Si girò verso di me e mi corse incontro, ma non fece in tempo a raggiungermi.
-Cosa pensavi di fare, eh?- chiese Pietro prendendomi per i capelli facendomi quasi cadere a terra.
-Mi fai male! Volevo solo dare i soldi a Veronica- dissi tenendomi i capelli.
Veronica ci raggiunse e urlò -Cosa diavolo fai? Mollala!- ma in tutta risposta ricevette una sberla in piena guancia.
-Ve mi dispiace, volevo solo darti i soldi del pranzo. Domani a scuola te li porto- dissi senza potermi muovere. Avrei tanto voluto abbracciarla ma Pietro mi stava ancora tenendo per la coda.
-Non mi interessa dei soldi, io voglio solo che lasci questo mostro- disse con la mano ancora sulla guancia.
Venni nuovamente trascinata via e stavolta Pietro si assicurò che mi mettessi la cintura e che non potessi "scappare" di nuovo.
-Chissà come la prenderà questa piccola "fuga" il tuo paparino- disse Pietro con un sorrisino.
-No, non vorrai dirglielo vero? No senti Pietro, io..-
-Non mi interessa, ogni azione ha una conseguenza. Vediamo se scapperai di nuovo da me-
Iniziai a sudare freddo. Pensai a tutti i modi possibili per non tornare a casa. Per non vedere papà.
Pietro accostò di fronte al cancello di casa e spense la macchina.
-Hai ancora una possibilità per evitare tuo padre- disse guardandomi.
-Ah sì?- dissi ma senza sperarci troppo. Immaginavo già dove volesse andare a parare.
Vidi un sorrisetto malizioso farsi largo sul suo volto. Riaccese la macchina e parcheggiò dall'altro lato della strada, di fronte al parco. Si slacciò la cintura e si avvicinò a me. Mi prese il viso tra le mani e mi baciò con avidità. Portò le mani sotto la mia maglietta per poi togliermela. Iniziò a bacarmi il collo per poi scendere fino al seno. Le sue mani toccavano il mio corpo fino a raggiungere i pantaloni. Li slacciò e me li tolse. Ricominciò a baciarmi e mi spostò sopra di lui. Nella mia mente continuavo a ripetermi "questo è meno peggio delle botte di papà". Perché sì, fare sesso con Pietro in macchina era leggermente meglio che essere picchiata da quello che doveva essere un genitore che mi amava.
Mi rivestii e presi il mio zaino prima di uscire dalla macchina. Lo salutai a malapena. Mi sentivo sporca.
Presi le chiavi di casa ed aprii la porta. Dissi un piccolo "ciao", forse talmente basso che nemmeno una persona davanti a me sarebbe riuscita a sentire. Chiusi la porta e sentii dei passi dietro di me. Mi girai e, nemmeno il tempo di realizzare, mi arrivò una sberla in pieno viso.
-E' così che pensi di comportarti?- mi chiese papà, sempre se potevo definirlo tale.
-Non so di che cosa parli- dissi cercando di evitarlo ma appena mi spostavo lui tornava davanti a me.
-Ah non sai di cosa parlo eh? Ti dice niente il fatto che sei corsa via da Pietro?-
Mi si gelò il sangue. Guardai papà con gli occhi sbarrati. Quello stronzo mi aveva preso in giro e tutto solo per una schifosa scopata.
-Volevo solo dare i soldi a Veronica perché Pie- non mi fece nemmeno finire. Iniziò la solita routine di botte. Quando non mi comportavo come volevano loro, queste erano le conseguenze.
-Stavolta l'hai fatta grossa Abigail- disse prendendo la mazza da baseball dallo sgabuzzino. Maledetta quella volta che avevo deciso di praticare quello sport. Mi arrivò una mazzata in piena pancia e mi accasciai a terra piegata in due. Mi mancava il fiato, ma questo non era sufficiente per farlo smettere. Continuò a picchiarmi fino a quando non ne fu pienamente soddisfatto.
-Se ti viene l'occhio nero domani, mettici il fondotinta così gli altri non lo vedono- mi disse prima di sedersi sul divano come se nulla fosse. Con molta fatica mi alzai da terra e feci le scale per andare in camera. Mi faceva male tutto il corpo. Mi stesi sul letto e mi addormentai. Sempre con la speranza che il giorno successivo potesse essere quello decisivo per una svolta della mia vita.

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