Non riuscii a rispondere, o forse non volevo e basta. Lui accettò il mio silenzio, e mi chiese di seguirlo all'interno del locale.

Timothy - o come preferiva lui, Tim - era un uomo di trentaquattro anni corpulento, affabile, e davvero burlone, oltre ad avere un pessimo gusto in fatto di abbigliamento. Indossava una camicia a fiori colorata, un paio di pantaloni lunghi fino al ginocchio color cachi, e un paio di infradito nere, senza dimenticare la coroncina floreale intorno al collo, in vero stile hawaiano.
Non appena mi vide, cominciò a elencare i possibili punti dove avrebbe trovato perfetto fare un piercing. Aveva indicato il lato sinistro del mio naso, ed era pronto con la pistola a creare qualcosa di irreparabile.
Avevo dovuto urlare più del necessario per fargli capire che non fossi io la cliente, ma che fosse Luke ad aver bisogno dei suoi preziosi servigi.
Luke, in tutto ciò, si era messo a ridere in maniera inquietante, sostenendo che fossi troppo fifona per azzardare così tanto.
Gli diedi ragione. Non avrei mai permesso che quell'affare mi si posizionasse sulla narice e la bucasse per dar spazio ad un anellino.
Il solo pensiero bastava a farmi tremare le ginocchia.

Tim si premurò a domandare il perché non vi fosse più quel suo vecchio labret adorato, e che se ne avesse voluto un altro avrebbe semplicemente potuto andare da lui, invece di attuare un piano malefico per farlo saltare.
A quella sua affermazione non potei far altro che sghignazzare.
Gli raccontammo tutta la strampalata vicenda, e mi soffermai a marcare più volte che si trattò di uno sfortunato incidente.
Tim rise, Luke imprecò ed io mi mortificai a tal punto da voler sprofondare nel terreno ed esser inghiottita completamente.
«La ragazza è un tipo tosto. Ti ha steso con una mazza da baseball.»
«Sì, beh, mi ha fatto un male assurdo. Non puoi capire», tagliò corto l'altro, sedendosi sullo sgabello girevole dietro un piccolo faretto a luce bianca.
«Sicura che non vuoi un piercing? Ti starebbe proprio bene su quel viso di porcellana», continuò a sentenziare Tim, col volto girato verso di me, ammiccando.
Roteai gli occhi e mi feci indietro per dargli lo spazio necessario per torturare il lato sinistro del labbro del malcapitato.
Non appena vidi la pistola perforargli la carne, non riuscii a reprimere un urlo agghiacciante. Nell'esatto istante in cui sentii il click serrai le palpebre e chiusi le mani a conchiglia davanti alla bocca.

L'unica e ultima cosa che vidi fu l'espressione dolorante di Lucas. Il suo volto contorto in una smorfia di totale sofferenza, ma era fin troppo orgoglioso per ammettere di aver sentito dolore.

Quando Tim disinfettò con cura i lati del punto in cui si ergeva l'anellino, assunse un'espressione compiaciuta.
«Sai, figliolo, preferisco di gran lunga la riuscita di questo. Il piercing di prima era venuto un po' storto a causa delle tue urla da femminuccia indifesa. Eri peggio di una bambina tramortita dopo aver visto il suo peluche preferito fatto a pezzi da una sega elettrica.»
A quella confessione spalancai la bocca divertita. Immagini di un Luke spaventato, con lunghi capelli biondi e una statura irrilevante, mi spinsero a ghignare in maniera beffarda. Non comprendevo quanto mi piacesse prenderlo in giro, fino a quel momento. Sembrava del tutto normale.
Certo era che a Luke non piacque proprio esser messo in luce in quella maniera, tanto che si alzò svelto dallo sgabello per poter spingere scherzosamente Tim.
«Sei un infame, Timothy. Mettermi in imbarazzo davanti una ragazza... Non posso perdonartelo, amico!»
Tim continuò a sorridere, e ricambiò la spinta affettuosa, senza farlo muovere di un millimetro. Conoscendomi, io sarei caduta decisamente a terra, con i sintomi di un livido di dimensioni galattiche a segnare la mia pelle diafana.
«Oh, Lucas... Non credevo che ammettere il tuo terrore per gli aghi potesse farle rivalutare la tua virilità», continuò a scherzare. Poi, si voltò verso di me con un ghigno sghembo ad incorniciare i lineamenti paffuti delle labbra. Gli occhi scuri brillavano maliziosi.
«Tesoro, scusa se ti son sembrato sgarbato nel mettere in dubbio la virilità del tuo ragazzo.»
Boccheggiai, e le solite parole trite e ritrite si impigliarono nella mia gola.
Volevo dirgli che Luke non fosse il mio ragazzo, che l'eventualità sarebbe stata esclusa per via di diversi fattori palesemente avversi, ma in quel momento non volevo in alcun modo sentenziare ciò che fosse ovvio.
Nemmeno Luke si intromise per correggerlo, al contrario la buttò sul ridere.
«A Ella non interessa la mia virilità. Il suo punto di vista ruota sul "notevolmente poco".»

Worst Love [Luke Hemmings]Where stories live. Discover now