Sbattei le palpebre e vidi gli occhi di tutti puntati su di me.
«Nick, mi farebbe molto piacere conoscere gli amici di Luke, ma è la mia vita e preferirei giostrarla da sola, senza che nessuno si intrometta» affermai con una punta di acidità, sperando che capisse l'antifona.
Prima di andare, Luke avvertì il padre che sarebbe andato con la sua comitiva al Luna Park, quella sera, e successivamente mi chiese di domandare anche a Sarah e vedere se le avesse fatto piacere trascorrere quella serata con noi.

Parlai con Sarah nel momento in cui il biondino mise in moto, e urlò eccitata all'idea che non riuscii a chiedere informazioni sul luogo dell'incontro.
«Sarah, per favore, respira.»
«Giuro, Ella, sono calma e rilassata, non lo senti?» urlò in preda all'euforia.
Calma e rilassata. Certo, come no.
«Mi spieghi il motivo di questo scompiglio?» le domandai stremata.
Non riuscivo più a differenziare i suoni col timpano destro e non volevo che anche quello sinistro subisse una tortura del genere. Sentirla urlare a rotazione continua mi stava procurando una emicrania.
«Tu non capisci. Passerò una serata insieme ai quattro ragazzi più carini della scuola, ma ti rendi conto?»
«In realtà, no. Non credo di afferrare la causa che ti spinge a sembrare una esaltata indomabile. Prendi un respiro dal naso e poi gettalo via dalla bocca» istruii perentoria.
«Ma come puoi pensare che sia in grado di respirare in un conflitto interiore del genere? Non so bene se tu abbia compreso con chi dovremmo uscire» mi ammonì.
Alzai gli occhi al cielo, inspirai bruscamente e lanciai una breve occhiata a Luke, impegnato sulla strada.
«Poi Calum», aggiunse con aria sognante, «mi piace da quando abbiamo iniziato le scuole superiori.»
«Fammi capire, in quattro anni non ti sei mai fatta avanti?»
Luke mi fissò confuso, e scossi il capo per fargli capire di non preoccuparsi.
«No! Ho sempre pensato che dovesse essere lui a fare il primo passo» borbottò.
«Sarah, l'emancipazione femminile è avvenuta da tempo, ormai. Siamo indipendenti, quindi stasera coinvolgilo, intrattenendolo in qualche conversazione. Non può andare poi tanto male», la rassicurai.
Riuscii a indicarle il luogo di incontro, previsto davanti il parco olimpico, e poi tornai a concentrarmi su Luke il quale aveva già accostato davanti una boutique di tatuaggi e piercing.
L'insegna era a forma ellittica, di colore rosso, sulla quale risaltavano imperiose le lettere T e D.
«Cosa dovrebbero significare? Dura tortura? Tortura e dolore? Dolorosa tortura?»
Luke rise di gusto, portando una mano sulle mie - nel frattempo tremanti in preda ad un'ansia cosmica di proporzione esagerata - e ne accarezzò le nocche col pollice.
Sussultai silenziosamente, soffermandomi a rimuginare su quel contatto.
Era così sbagliato, ma quel tipo di errore che, se visto dal nostro punto di vista, nascondeva la cosa più giusta in cui mi fossi mai scontrata.

Fu faticoso, per me, riuscire a sollevare gli occhi su di lui ignorando l'impulso di arrossire in automatico. Sapevo bene di star assumendo diverse tonalità violacee sulle gote, e per quanto stessi provando a passare del tutto inosservata, notai un angolo della sua bocca sollevato verso l'alto.
Le pupille erano dilatate nell'osservare attentamente le mie.
Non sapevo nemmeno quanto tempo fosse trascorso dal mio blaterare futili ipotesi sulle iniziali dell'insegna.
«Perché sei arrossita?» farfugliò, continuando con quella lenta pressione sulle mie nocche.
Brividi. Ecco ciò che stavo sentendo su per tutto il braccio. Brividi pungenti che solleticavano ogni fibra del mio corpo, arrivando a sfiorare ogni muscolo in tensione. Ero proprio patetica.
Vedendo il mio stato confusionale, ritirò la mano e la ripose sul volante.
Il suo sguardo saettò verso lo sfondo rosso di fronte a noi, e ne indicò le lettere con l'indice.
«La T, sta per Timothy. La D, sta per designer», illustrò.
«È un bravissimo ragazzo. Fa dei tatuaggi da sogno. Nel caso in cui tu ne desiderassi qualcuno», mi fece l'occhiolino.
«Mia madre mi inseguirebbe anche a nuoto se osassi farmi fare un tatuaggio, o peggio, sguinzaglierebbe qualcuno pur di rintracciarmi. Credimi, non voglio mettere a repentaglio la mia vita», ridacchiai.
«Tua madre programma gran parte della tua vita, da quello che ho notato.»
Annuii atterrita.
«Non lo fa con cattiveria, credimi. Vuole solo che cresca come lei immagina debba crescere una ragazza che fin da piccola ha avuto come punto di riferimento solo lei. Non voglio deluderla» scrollai il capo.
Poterlo dire ad alta voce fu una vera liberazione. Una ventata d'aria fresca, che mi permise nuovamente di respirare.
Deludere chi amassi non era mai stato nelle mie intenzioni, quindi mi ero limitata solo ed esclusivamente a eseguire ciò che lei diceva. Senza prendermi la libertà di fiatare.
«Beh, è sbagliato. Non sei tu, questa. E non lo dico come se io fossi un uomo vissuto, ma vedo come ti comporti con me quando siamo solo tu ed io, e noto come sei accondiscendente verso tutto ciò che dice lei. So che è tua madre, che le vuoi bene, ma a volte dovresti dimostrarle di esser cresciuta, e di non essere ancora quella bambina che, senza un suo consenso, non farebbe mai nulla.»

Worst Love [Luke Hemmings]Where stories live. Discover now