Capitolo dieci:

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Okaaay, prima che leggiate il capitolo voglio scusarmi per l'eccessivo ritardo, purtroppo ho voluto soltanto divertirmi quest'estate, ma tanto da oggi in poi aggiornerò più spesso... Che dirvi? Vi amo perché siete così tanti a seguire le mie storie e mi commuovo ogni volta che la vedo salire e vedo i voti e i commenti, non potrò mai ringraziarvi abbastanza, spero vi piaccia il capitolo!

Baci, AlvWrite! <3

Aria:

Era passato del tempo da quando io e Christopher avevamo deciso di far visita al padre. Quasi un mese. Ma non potevamo intrattenerci ancora a lungo, a breve sarebbe ricominciata la scuola, l'ultimo anno per Christopher e il penultimo per me. 

Venni svegliata dalla voce di Christopher che mi avvertiva che di lì a poco saremmo tornati al Campus. Mi stiracchiai alzandomi con malavoglia, e poggiai i piedi sulla soffice moquette beige. Aprì gli occhi e la luce che proveniva dalla finestra mi accecò. Incerta, mi alzai e barcollai un po', poi mi affacciai al davanzale. In piscina c'era la famiglia Ross al completo, in tutto il loro splendore, e dalla piscina proveniva una canzone dal ritmo lento. Li vidi ridere e scambiarsi battute amorevoli, e mi chiesi ancora una volta perché la mia famiglia non poteva essere così. Probabilmente perché ero figlia unica? O perché dalla morte di mio padre, la mia famiglia si era quasi estinta? Provai a non pensarci e incominciai a raccattare tutte le mie cose, cercando di farle rientrare in valigia, quando il mio telefono squillò, e sul display apparve il nome "Mamma". Mi sedetti sul letto e aprì la conversazione: «Mamma, tutto okay?» le chiesi visibilmente preoccupata. Mia madre non era il tipo da chiamate improvvisate. «Oh si tesoro, tutto okay. Volevo chiederti se ti andasse di tornare qui a Boston...» mi chiese con voce speranzosa. «Mamma, è successo qualcosa?» le chiesi. Lei si schiarì la voce, ma qualcuno le rubò il telefono «Ehilà cuginetta, quando ti decidi a tornare? Non ti vediamo da anni!» La voce di Riley risuonava nell'altoparlante del telefono. Riley era mio cugino, se così vogliamo chiamarlo. Era il figlio della migliore amica di mia madre, Wren, che fin da piccola avevo sempre chiamato "Zia Wren". I nostri genitori erano cresciuti insieme, ed io e Riley avevamo fatto lo stesso. Dai campeggi ai cenoni del Ringraziamento, io e Riley eravamo inseparabili. Poi crescendo c'eravamo allontanati. Non perché non ci sopportassimo più, ma semplicemente per il fatto che avevamo cambiato gusti. Lui era diventato più mascolino, gli erano spuntati i primi peli e andava a pescare con mio padre e Zio Logan -suo padre-. Io invece andavo a comprare biancheria intima con mia madre e Zia Wren, così c'eravamo divisi. Verso l'estate dei miei tredici anni, mi ricordo perfettamente di averci litigato a morte. Era entrato in camera mia e aveva ficcanasato tra le mie cose, prendendo in mano uno dei miei primi reggiseni. Appena entrata in camera ero andata su tutte le furie, sbraitando. Lui si era messo a ridere e aveva alzato la mano sventolandola, dicendo che non era importante. Io lo avevo preso a schiaffi e poi l'avevo buttato fuori dalla mia stanza, nel vero senso della parola. Mi ero sentita così a disagio che da quell'estate, preferivo andare in vacanza con Kim e i suoi genitori, piuttosto che stare con Riley. Erano passati sei anni, ma l'orgoglio mi bruciava ancora. «Ciao, Riley.» esordì visibilmente scocciata. Lui sbuffò «Non ti vedo da sei anni Ari, riuniamo la famiglia, dài!» mi chiese pretenzioso. Era l'unico al mondo, a parte Zia Wren, che mi chiamava ancora Ari. Guardai fuori dalla finestra e vidi Chris ridere e scherzare con suo fratello e sua sorella, così sbuffai. «Va bene, ci sarò. Probabilmente arriverò oggi pomeriggio, di a mia madre di non allarmarsi, faccio prima che posso.» detto ciò chiusi la telefonata. Scesi verso la piscina, salutai tutti e chiamai a me Christopher. «Devo tornare a Boston.» dissi senza giri di parole. Lui mi guardò accigliato e poi sbuffò «Perfetto, vengo con te!» esordì. Lo guardai negli occhi e scoppiai a ridere «C'è un raduno di famiglia in casa mia, e non è la casa più grande del mondo. Mi hanno espressamente chiesto di venire, perché non vedo i miei 'Zii' da circa sei anni. Ma da quello che vedo tu stai molto bene qui, e non voglio interrompere il momento magico di famiglia. Rimani pure qui, e io prenderò il primo treno per Boston, devi solo accompagnarmi in stazione!» esordì battendo le mani. Lui piegò leggermente la testa e mi guardo accigliato «Sei sicura?» mi chiese. Io gli sorrisi «Mai stata più sicura! Sta' tranquillo!» gli dissi baciandogli la punta del naso. Lui sorrise e avvertì la famiglia del cambio di programma.

Verso le sei del pomeriggio, arrivai a Boston, scesi dal treno trascinandomi la valigia e mi incamminai verso l'uscita, quando una voce profonda urlò «Ari?» Mi voltai di scatto. In piedi, vicino al cancello c'era Riley, nel suo metro e ottantacinque e troppi muscoli, che mi sorrideva. I denti perfetti, bianchi. Diversi da come li ricordavo, i capelli neri scompigliati, gli occhi ghiaccio che mi squadravano. Dovetti mettere a fuoco più volte per riuscire a collegare la figura mingherlina del piccolo Riley a quella statuaria appoggiata al cancello. Sbuffai e mi avvicinai a lui «Riley.» esordì monotona. Lui mi sorrise. «Aria, sei... Diversa» asserì sorridendo. «Grazie Sherlock, adesso potresti portarmi a casa?» Continuai a trascinarmi la valiglia mentre oltrepassavo il cancello. Riley la afferrò e se la portò sotto il braccio, come se pesasse due chili, poi mi sorrise e mi indicò una Mercedes nera con strisce metallizzate. «Sarà una bella riunione di famiglia!» mi disse, poi mi guardò dritto negli occhi e ammiccò facendomi l'occhiolino. Oh sì, lo sarebbe stata di sicuro!

Ritorno dagli occhi blu. [IN REVISIONE.]Where stories live. Discover now