Capitolo quindici:

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Il tempo passava, e quasi mi chiedevo come sarebbe stata la mia vita se fossi rimasta lì, a casa mia. Chris, ormai impegnato da tempo con il padre, si faceva sentire poco quanto niente, ma la parte più preoccupante era che, a me non mancava. Come poteva non mancarmi colui che credevo fosse il ragazzo dei miei sogni? Riley stava offuscando tutto, e in una parte remota di me stessa, probabilmente mi piaceva.
Il mio rapporto con Riley stava migliorando, giorno dopo giorno. Avevamo un'intesa pazzesca, e non c'avrei mai giurato. E vedevo con che occhi ci guardava mia madre, quasi il suo sogno si fosse avverato. Sapevo che adorava Riley, insomma, l'aveva visto crescere. E sapevo che aveva sempre sperato che io e Riley, crescendo, fossimo diventati una coppia.


Un giorno, i genitori di Riley avevano portato mamma a fare una passeggiata, dopo che avendo trovato una bermuda di mio padre, aveva avuto un crollo nervoso, era scoppiata in lacrime urlando «Perché mi hai lasciato amore mio, perché!» Una delle scene più brutte che potessi vedere.
Riley mi aveva presa in disparte, e mi aveva chiesto di andare con lui giù al Bar con dei suoi amici.
Mi aveva presentata con tanto di occhi scintillanti, come se fosse così entusiasta di avermi accanto, così ci eravamo seduti, e lui si era messo a giocare a freccette con i suoi amici, mentre io sorseggiavo una Diet Coke con una fetta di limone.

Ad un certo punto della serata, avevo visto Riley allontanarsi con un suo amico, Jakob. Un biondino dall'aria impertinente, che mi ricordava tanto Chris. Poco dopo, ebbi l'urgenza di andare in bagno, così mi avviai verso il corridoio, e sentii le loro voci. «Allora, hai fatto colpo!» diceva Jakob a Riley, lui sghignazzava, gonfiando il petto. Anche al buio i suoi denti bianchi scintillavano, e la sua risata mi riempiva il cuore. Non era cambiata a distanza di anni, ne era solo cambiata l'intensità dovuta alla voce profonda. Ringraziamo Dio per lo sviluppo adolescenziale. Ma poco dopo sentii qualcosa che mi bloccò: «Allora te la sei già scopata la tipetta?» gli chiese Jakob. Riley sbuffò, poi si appoggiò al muro «Pensa ancora al suo ragazzo distante non so quanti chilometri. Piano piano glielo sto togliendo dalla mente, manca poco credo. Poi avrò anche lei.» disse.
«E allora arrivato a quel punto, che farai?» chiese Jakob. «Userò una scusa, dicendo che devo ritornare in facoltà, che mi hanno dato un esame importante e che non posso saltarlo, e sparirò. Insomma, adoro Aria, ma non è il mio tipo sai!» disse concludendo il tutto con una risatina.
Il mio cuore perse un battito, sentivo gli occhi riempirsi di lacrime, così tornai al tavolo, presi le mie cose, lasciai cinque dollari sul tavolo per la Diet Coke, e tornai a casa.

Il Bar distava un bel po' da casa, e il freddo di certo non aiutava. Mi pungevano gli occhi, mentre stringevo le mani nel cappotto, cercando di arrivare il prima possibile a casa.
Riley mi aveva ingannata, tutto ciò che aveva fatto per me, tutto quello che mi aveva fatto provare, tutte le sensazioni, era stato fatto tutto di proposito per portarmi a letto. D'un tratto capii il suo modo di comportarsi, le troppe attenzioni, quei sorrisi da far perdere il fiato, il suo stare costantemente senza maglietta nonostante un freddo glaciale. Capivo ogni atteggiamento.
Arrivai a casa e salii le scale tutto d'un fiato, entrai in camera mia e chiusi a chiave la porta. Dopo un paio di minuti sentii la macchina di Riley parcheggiare nel vialetto, poi sentii la porta sbattere, e Riley che saliva le scale. Si posizionò difronte alla mia porta e incominciò a bussare incessantemente. «Ari, ma che è successo? Ti senti poco bene?» mi disse. La cosa mi mandò in bestia, stava pure cercando di fare il comprensivo e si preoccupava per me. Avrei voluto aprire la porta per poi sbattergliela in faccia, che stronzo. Misi la testa sotto il cuscino e urlai. Poi mi ripresi, asciugai le lacrime, presi la valigia e la buttai sul letto, e incominciai a buttarci cose a casaccio. Maglie, maglioni, felpe, jeans. Poco dopo sentì Riley minacciarmi di aprire la porta, o lui l'avrebbe buttata giù a furia di calci. Così mi schiaffeggiai, ripresi il mio orgoglio femminile, o quello che ne era rimasto e aprì la porta velocemente, tornando di nuovo a fare la valigia «Aria, mi spieghi cosa stai facendo? » mi chiese. Sbuffai gettando altra roba alla rinfusa nella valigia e poi lo guardai. «La valigia, non si vede? » risposi sarcastica. Lui sbuffò e si sedette sul letto, difronte a me. «Mi spieghi ora che diavolo ti prende? » mi chiese grattandosi la testa, come se non riuscisse a capire la situazione. A quel punto, un'idea brillante mi attraversò la mente «Oh no, sai Riley? Mi hanno chiamato dalla facoltà. Devo tornare perché ho un esame importante da sostenere, non posso saltarlo» dissi quasi seriamente dispiaciuta, poi mi voltai e continuai a mettere roba in valigia, non ero sicura neanche che la roba fosse mia. 
Inizialmente non capì l'allusione e abbassò il volto, quasi dispiaciuto anche lui. Poi di scattò lo alzò, gli occhi spalancati «Aria, ti prego.. Dimmi che..» 
Mi voltai di scatto, e giuro, non so quale forza divina mi stava trattenendo dal prenderlo a schiaffoni in pieno volto, così mi aggiustai la maglietta con molta pacatezza, mi posizionai difronte a lui, gli alzai il volto con le dita e dissi, quasi spontaneamente «Che tu fossi una merda, lo si poteva capire da quand'eri ragazzino. E lo eri sia esteticamente che caratterialmente. Sei cresciuto, e Dio lo ammetto, sei davvero migliorato sull'aspetto fisico, ma sai com'è... E' come quando cambi le piastrelle in un bagno, sembra più carino, ma resta sempre un fottuto cesso, e adesso, fuori da camera mia! » Rosso in volto, si alzò e si avviò verso la porta, poi di scatto si girò. «Ma ti senti così tanto grande piccola Aria? Dimmi, tornerai al Campus e che farai? Il tuo amato non si fa sentire da settimane, pure lui è scappato via da te! Quando capirai che nessuno ti vorrà per sempre, oh mia piccola ingenua? Resti sempre la ragazzina cicciottella che tutti evitavano a scuola, non te lo ricordi? Sarai anche cresciuta, diventata più bella, ma resti la stessa ragazzina di tempo fa', quella che si chiudeva in camera e piangeva perché Jimmy Kellegan non aveva accettato il suo invito ad uscire! Guarda me invece, tutte le ragazze che un tempo mi hanno rifiutato, adesso fanno la fila per una sola nottata con me.» 
In quel momento, nella mia mente, passarono le scene più raccapriccianti della mia adolescenza, i peggiori anni della mia vita, la fine delle scuole medie, l'inizio del Liceo. Il mio aumento di peso, e tutti che mi evitavano. Ricordai com'ero, la timidezza, il mio carattere, il non riuscire a rapportarmi con le persone, e persino Jimmy Kellegan. Ripensai a quei giorni, in cui non volevo nemmeno mettere piede fuori di casa, giorni in cui non volevo andare a scuola, mi sarei beccata qualsiasi tipo di malattia piuttosto che mettere piede li dentro. Mi voltai verso Riley, e gli camminai incontro «Hai quasi vent'anni Riley, dannazione! Sei ancora lì a pensare al Liceo. Tu immagina che vita di merda devi avere per prenderti le glorie su ciò che non hai fatto al liceo e che adesso fai. Cresci un po' piccolo stronzo, e incomincia a capire che rimarrai solo. Perché sei bello fuori, ma dentro resti sempre la merda che eri, la merda che sarai sempre. E mi vergogno di me stessa per aver quasi ceduto alle tua avance, Dio, che schifo! Adesso, come ti ho già detto. Fuori da questa fottutissima camera!» dissi, poi gli tirai un calcio all'altezza del sedere, facendolo uscire dalla camera e cadere per terra, e chiusi la porta con un tonfo assordante. 

Stavo ritornando io, la stessa di sempre, mancava solo ritornare al Campus, e riprendermi il mio Chris, in qualsiasi modo possibile.

Ritorno dagli occhi blu. [IN REVISIONE.]Where stories live. Discover now