Capitolo cinque:

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Aria:

Christopher mi aveva tradito e io non riuscivo a perdonarlo. Mi mancava, ma non riuscivo a fidarmi. Come aveva potuto fare una cosa del genere? Come aveva potuto anche solo credere che io l'avessi perdonato con uno schiocco di dita? Mi torturavo le mani, seduta in un parchetto vicino il campus. La sigaretta fissa fra le labbra, mi sentivo una ciminiera per tutte le sigarette che avevo consumato da quando Alex mi aveva rivelato il segreto che Chris si portava dentro e del quale, non aveva nemmeno accennato a parlarmene.  Anche io ero stata molto lontana, non gli avevo parlato, mi ero tenuta, come si suol dire, a debita distanza. Ma non lo avevo fatto per cattiveria o per farlo soffrire, volevo evitargli tutti i dubbi e le incertezze che mi passavano per la testa. Il dolore era insopportabile, sapere che Christopher mi aveva tradita era stato un duro colpo. Anche se effettivamente io e lui non eravamo una coppia in quel periodo. Era questo che mi rigirava in testa. Avevo per caso sbagliato nel prendermela così tanto per una cosa successa al di fuori della nostra -inesistente- relazione? Continuai a fumare cercando una soluzione, cercando di capire perché stava andando tutto a rotoli. A me Christopher interessava per davvero, ma c'era qualcosa che mi teneva distante anni luce. Presi coraggio e uscì il telefono dalla tasca sinistra. 

"Abbiamo bisogno di parlare." scrissi. Nulla di più. Inviai il messaggio, nella speranza di poter risolvere il gran casino che avevo in testa. Passavano i minuti, ma il messaggio di Christopher non arrivava. Mi avviai verso casa mia e decisi di non pensarci, stare a rimuginare su ciò che avevo da dire a Chris, mi avrebbe solo fatto più male. Mi strinsi nelle spalle e cercai di camminare. 

Arrivata di fronte al portone incominciai a cercare le chiavi nell'enorme borsa regalatami da Kim qualche anno prima. Passarono cinque minuti e ancora niente. Mi sedetti per terra e sbuffai, capovolgendo la borsa. Un'insieme di cose inutili si riversarono per terra. Una matita per gli occhi, un rossetto mai usato, un paio di penne, un blocchetto per gli appunti e finalmente le mie chiavi. Accanto ad esse, un bigliettino spiegazzato. Lo aprii con cura e incominciai a leggere:

"Cara Aria, non sono il genere di persona che scrive questo genere di lettere, ma ci provo. Quando sono tornato a casa, la prima persona ad accogliermi è stata Rosemary. Inizialmente mi sono allontanato il più possibile, dicendole di non avvicinarsi, di lasciarmi stare. Lei continuava a dirmi di non scappare, di stare con lei. Mi ha fatto il lavaggio del cervello facendomi credere che fosse più che giusto fare ciò che lei voleva. Per quanto forte io possa essere, mi sono lasciato andare. Mi sono lasciato ingannare e me ne pento. A te ci tengo per davvero e da adesso so, che in quella casa, non ci metterò più piede. Dammi solo un'altra possibilità. Dammela perché so di poterti rendere felice, perché so di poterti far star bene, perché so di poterti amare come tu meriti. Tuo, Chirstopher." 

Le mani mi tremavano mentre riaccartocciavo il bigliettino e me lo ficcavo in tasca, gli occhi colmi di lacrime. Mi strinsi nelle spalle e ficcai la chiave nella serratura. Incominciai  a salire le scale lentamente, arrivata sul pianerottolo, era tutto spento. «Cristo, è saltata di nuovo la corrente» bisbigliai. Arrivai alla porta e cercai l'ingresso della chiave, dopo svariati tentativi, riuscì ad aprire la porta. Ciò che vidi dopo mi lasciò a bocca aperta. Era tutto spento tranne per delle candele disposte in ogni angolo della cucina, per terra un sacco di petali di rosa, sul tavolo una scritta formata da candele «Mi manchi.» Ormai avevo le guance ricoperte di lacrime e sorridevo come un'idiota. Tutto d'un tratto la porta della mia stanza si aprì. Mi avvicinai e spalancai la porta. Per terra li stessi petali, ma sta volta una scritta diversa. «Perdonami.» Sorrisi e mi asciugai le lacrime. Mi accovacciai giusto in tempo per sentire la porta della camera degli ospiti aprirsi. Mi girai di scatto e mi alzai, camminando lentamente verso l'altra porta. Quando la spalancai, sorrisi. Sul letto c'era una tovaglia da picnic con un sacco di roba da mangiare, per terra gli stessi petali, ma la scritta con le candele era un'altra ancora. «Ti amo.» Il mio corpo si ricoprì di brividi. Sorrisi incessantemente, finché qualcuno non mi abbracciò da dietro le spalle. Mi voltai di scatto e mi persi in quei suoi occhi azzurri, era più bello che mai. Con i suoi capelli biondo cenere scompigliati, il suo ciuffo all'indietro, le labbra carnose, la carnagione ancora più scura.

Lo strinsi a me cercando di non piangere e poggiai la testa sul suo petto. Lui mi accarezzò i capelli, poi mi strinse forte. Incominciò ad accarezzarmi ovunque, lasciando piccoli cerchi con le dita. Mi prese in braccio e mi baciò. Quel bacio fu il bacio più bello che avessi mai ricevuto. Lì, in quella stanza, solo per noi, finalmente eravamo tornati, Aria e Christopher, insieme.

Mi guardò dritta negli occhi e sorrise. Uno dei suoi sorrisi migliori. Poi mi accarezzò i capelli e mi strinse in una morsa. «Aria Stonebridge, vuoi essere la mia ragazza?» mi chiese. Scoppiai a ridere. Lui mi strinse più forte «Certo.» sussurrai al suo orecchio. Mi prese la mano sinistra e mi ficcò un anello all'anulare. Poi mi guardò e sorrise, di nuovo. Stavo per svenire. Mi baciò lentamente e poi avvicinò la sua bocca al mio orecchio. «Questa volta, non ti lascio più andare via. Questa volta sarai mia per sempre.» mi sussurrò all'orecchio. Ed in quel momento, mi resi conto che non avrei voluto essere in nessun altro posto, se non fra le sue braccia. 

Ritorno dagli occhi blu. [IN REVISIONE.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora