"No, niente. Solo... Preparati per domani" gli faccio l'occhiolino e gli lascio un leggerissimo bacio all'angolo della bocca, per poi girarmi ed entrare nello spogliatoio femminile prima di andare a recuperare mio papà in aeroporto.

***

"Papi, finalmente, mi sei mancato un sacco!" Urlo mentre abbraccio mio padre, una volta uscito dalle porte scorrevoli sotto alla scritta "ARRIVALS" dell'aeroporto di Torino Caselle.

"Anche tu, pulce!" Mi abbraccia forte e mi lascia tanti baci sulla nuca, mentre io respiro il suo profumo con la testa nell'incavo del suo collo.

"Allora, come va?" Mi domanda, mentre usciamo dall'aeroporto e ci dirigiamo verso la mia macchina.

"Tutto a posto, sono contentissima di lavorare alla Juve papi, non puoi immaginare che ambiente è, mi trattano benissimo" spiego il mio lavoro a papà, mentre partiamo verso un ristorante in piazza San Carlo per cenare.

"Sono contento tesoro, te lo meriti davvero, e non vedo l'ora di venire allo stadio domani. A proposito, mi presti la maglia di Pjanic? Non penso di starci in quella di Bernardeschi" ridacchia aggiungendo l'ultima frase. Effettivamente, la maglia numero 33 regalatami da Federico è leggermente più abbondante della mia taglia, mio padre dovrebbe trattenere il respiro per 90 minuti se volesse indossarla.

"Va bene papi, saranno felicissimi di vederti" annuisco, quasi più emozionata di lui perché so cosa vuol dire vedere la propria squadra del cuore dal vivo a pochi metri da te.

"E se non vincono se le prendono!" Conclude mio padre, alzando il dito come per accentuare la sua considerazione.

"Se non vincono li faccio andare a Barcellona per l'esordio in Champions di corsa, così imparano" replico, mentre mio padre si gira nella mia direzione aggrottando le sopracciglia. Probabilmente pensa che sia una punizione troppo sadica, ma non ha idea di quanto io sia diventata cazzuta in queste settimane alla Juventus.


Torino, 9 settembre 2017

Sono le 15:00 e sto entrando allo stadio, già in panico per la partita di oggi pomeriggio. In teoria dovrebbe essere una partita semplice, ma sappiamo benissimo che per la Juventus non c'è niente di facile. Siamo in grado di fare partite eroiche, come battere il Barcellona in casa 3-0 ai quarti di finale di Champions League e al contempo perdere con l'ultima in classifica.

Non si può mai stare tranquilli, mai.

Entro negli spogliatoi per guardare da vicino le magliette dei giocatori, i loro armadietti in ordine di numero, tutto esattamente dove deve stare. In questo momento non mi sento il vice allenatore della squadra più forte d'Italia, ma una semplicissima tifosa juventina che realizza il suo sogno.

Una mano mi tocca la spalla e sussulto dallo spavento, dato che ero talmente persa nei miei pensieri da non aver sentito nemmeno la porta aprirsi e chiudersi dietro di me.

"Hola, non ti spaventare Olivia, soy yo" vedo il sorriso sempre perfetto di Paulo e mi tranquillizzo subito, sorridendogli a mia volta.

"Scusami Paulo, non ti ho sentito. Ma che ci fai qui a quest'ora? Non c'è ancora nessuno" puntualizzo.

"Ero nervoso, non riuscivo a stare a casa allora sono venuto prima" spiega l'argentino, dirigendosi al suo posto.

"Stai tranquillo Joya, sii te stesso e andrà tutto bene. Hai fatto 4 gol in due partite, per cosa ti preoccupi?" Mi siedo in fianco a lui sotto al suo armadietto, lui sorride malinconico in risposta alla mia leggera ed amichevole gomitata sul costato. Fissa il pavimento senza realmente guardarlo e dopo aver preso un lungo respiro, allunga una mano per prendere la sua maglietta di gara perfettamente stirata.

Fino alla fine || Federico Bernardeschi || [IN REVISIONE 👩🏼‍💻]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora